Un’offesa politica e morale all’on. Giusi Savarino
Diego Romeo e Paolo Cilona conversano nella “Sicilia agrigentina”
Nella nostra provincia è diventata uno stillicidio l’intimidazione, oggi più manifesta contro uliveti e vigneti distrutti e per ultimo contro un giornalista. Fragilità e ferocia della mala si intersecano e allontanano l’Agrigento illusoria capitale della cultura.
“Purtroppo è così. Malgrado la forte attività da parte delle forze di polizia, il nostro territorio è al centro delle estorsioni, della violenza e delle intimidazioni. La gente deve uscire dalla paura denunciando ogni cosa alla polizia per individuare la malacarne, ovvero coloro che dietro gli atti di evidente danneggiamento pretendono la sottomissione e il pagamento del pizzo. Intanto al giornalista senza nome esprimiamo forte vicinanza e tanta attenzione. Speriamo che vengano individuati e condannati gli autori delle tentate estorsioni”.
Il caso Savarino è da manuale. Una deputata eletta dal popolo costretta a rinunciare dopo aver controfirmato l’accettazione dell’assessorato. Con quale stile e quali promesse è stata “avvicinata”?
“È un caso che non fa onore alla politica e ai partiti. La Sicilia ha bisogno di gesti di elevato rispetto delle regole politiche ed umane. Una persona eletta democraticamente dal popolo e scelta per meriti e di appartenenza politica di maggioranza al governo della Regione è stata per miseri giuochi di vertice del suo partito estromessa dalla Giunta. Un atto irrispettoso e psicologicamente violento nei confronti dell’on. Savarino, la quale dopo un fermo rifiuto è stata costretta poi ad ingoiare il rospo. A mio modo di pensare l’interessata aveva tutto il diritto di tutelare la sua storia personale e politica a prescindere dalle “saette romane”. Il presidente Schifani si è comportato come Pilato lavandosi le mani, dopo avere detto al Paese di voler costituire una Giunta composta solo di parlamentari. Di questa brutta vicenda escono male la Savarino che aveva dalla sua parte mille ragioni per fare esplodere un caso nazionale sul malcostume politico e il presidente Schifani che non ha difeso sino in fondo il suo intendimento politico di formare una giunta di parlamentari sino in fondo, pronto ad aprire una crisi. Nessuno dei due, purtroppo, ha attraversato il Rubicone”.
In fatto di contraddizioni siamo unici. Mentre a Palermo Salvatore Borsellino dice che Schifani e Lagalla non sono graditi in via d’Amelio, ad Agrigento viene consegnato a Lagalla un premio in memoria di Paolo Borsellino. Qui la verità diventa un triplo salto mortale senza rete di protezione.
“Ognuno è padrone di dire e di agire secondo una propria convinzione. Il fratello del giudice Borsellino avrà le buone ragioni per dire in modo non gradevole, valutazioni su persone ed istituzioni. Su di loro, personaggi assai noti, probabilmente avrà qualcosa da dire in riferimento alla figura del fratello. Un modo di esplicitare al pari degli antichi romani il pollice su o giù. Il contrario dell’Accademia del Mediterraneo che su alcuni personaggi con il pollice in giù da parte del fratello di Borsellino innalza il pollice in su. Dove sta la questione? In una società complessa ed articolata ogni pensatore è responsabile delle proprie convinzioni. La libertà di opinione appartiene a tutte le persone, volente o nolente. Le buone ragioni vanno sempre difese a prescindere da colpe e pregiudizi. È la vita”.
Installate altre quattro lapidi nell’area cimiteriale del Giardino dei giusti all’interno del Parco archeologico. L’inopportuna iniziativa col tempo appare disdicevole mentre altre location come la piana San Gregorio, luogo degli anatemi papali, sarebbe stata più accettabile.
“È un vecchio problema da noi sollevato in altre occasioni. Purtroppo le nostre riflessioni non vengono accolte per ovvi motivi. Noi in passato abbiamo indicato l’area su cui sorge la croce di ferro che simboleggia la visita del Papa Wojtila nel mese di maggio del 1993. Invece si insiste a collocare lapidi lungo la strada che collega il tempio della Concordia con il tempio di Giunone. A questo punto nasce spontanea la domanda: “Chi sovraintende l’area del cosiddetto Giardino dei giusti, l’Accademia del Mediterraneo o l’Ente Parco? A chi appartiene la competenza e la decisione di individuare e di stabilire il personaggio da collocare nel cimitero dei giusti? La città, gli enti, gli operatori culturali, i cittadini possono inoltrare elenchi di persone meritevoli di entrare nel Giardino dei giusti? Domande che potrebbe fare la gente comune per affrontare in modo garbato ma incisivo, i problemi attinenti al nostro territorio”.