L’avv. Porcello cambia avvocato: verso collaborazione leale e totale?
Ha formalizzato la nomina del penalista Giuseppe Scozzari
L’ex avvocato Angela Porcello, arrestata nella maxi inchiesta “Xydi” con l’accusa di essere la “cassiera” e “consigliori” del mandamento di Canicattì che sarebbe stato retto dal compagno mafioso Giancarlo Buggea, dopo il nuovo annuncio di volere collaborare con la giustizia, sceglie il difensore.
Il giorno prima dell’Epifania, dall’ufficio matricole del carcere dove è detenuta da undici mesi, ha formalizzato la nomina del penalista Giuseppe Scozzari che dunque l’assisterà lunedì prossimo a Palermo nel processo che la vede imputata. La nomina arriva a pochi giorni dalla ripresa dell’udienza preliminare, fissata per lunedì, che era stata rinviata il 27 dicembre proprio in seguito alla sua rinnovata decisione di collaborare con la giustizia.
Nei mesi scorsi aveva provato a collaborare facendo nomi e cognomi e raccontando pure di un omicidio irrisolto venendo, però, “bocciata” dai pm per la scarsa consistenza delle sue rivelazioni. All’udienza preliminare, collegata con l’aula del carcere palermitano Ucciardone, ci aveva riprovato revocando in aula tutti i suoi difensori.
Lunedì, dunque, riprenderà l’udienza preliminare del processo “Xydi” scaturita dall’omonima operazione antimafia dei carabinieri del Ros di Palermo che ha decimato la cosca mafiosa di Canicattì ed individuato i contatti con numerosi mafiosi di altre province con in testa il latitante Matteo Messina Denaro, ieri mattina ha fatto registrare un clamoroso colpo di scena.
L’avvocato Angela Porcello, 50 anni, radiata dall’albo, in carcere dal 2 febbraio scorso ha pubblicamente annunciato di voler collaborare con la giustizia. Collegata in video conferenza dal carcere dove è detenuta, ha comunicato al Gup del Tribunale di Palermo, Paolo Magro, ed al pubblico ministero presente nell’aula bunker, Geri Ferrara, la sua volontà di collaborare pienamente con la giustizia revocando nel tempo stesso l’incarico ai suoi legali di fiducia.
L’avvocato Porcello, compagno del boss Giancarlo Buggea finito in carcere nella stessa operazione, ha rotto ogni tentennamento e ha messo nero su bianco le sue reali intenzioni anche con una lettera vergata a mano datata 23 dicembre 2021.
La professionista, visibilmente provata, capelli ingrigiti, vestita di nero, ha pronunciato pochissime parole che hanno, di fatto, bloccato il processo per consentire al Pm ed al Gup di valutare questa nuova posizione. Nel documento firmato dalla Porcello e depositato dal pubblico ministero a fine udienza, riassumendo, c’è scritto che: “Voglio pentirmi e mi assumo la responsabilità di tale decisione. Sono affiliata a Cosa nostra per volontà del mio compagno. Per scelta sentimentale prima. Poi per il tramite della mia professione, ero avvocato e mafioso. Affiliazione conquistata sul campo. Prima dell’udienza voglio parlare con il pubblico ministero e con il Gup. So molte cose e soprattutto so cose inedite su Catania”.
Nessun commento è stato fatto dal sostituto procuratore Ferrara che, in precedenza, insieme ai suoi colleghi della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, aveva valutato negativamente le dichiarazioni dell’avvocato Porcello, ancora non professatasi pentita, rese in cinque verbali, l’ultimo datato 22 ottobre 2021 nel corpo del quale sconfessava alcune dichiarazioni sottoscritte nell’estate scorsa.
La decisione ultima di pentirsi è maturata nel corso di questi ultimi mesi dopo che l’avvocato aveva aperto una fase collaborativa sottoscrivendo alcuni verbali quasi tutti già noti. Tuttavia, i pubblici ministeri non hanno ritenuto piena e decisiva la volontà collaborativa dell’indagata e non hanno lesinato certamente critiche e giudizi negativi sul suo atteggiamento definito privo di concreto aiuto per l’autorità giudiziaria. Adesso, come detto la nuova svolta. Ed il Gup ha stralciato la posizione del legale nonostante la ferma opposizione dei difensori dell’ex compagno, Giancarlo Buggea.
Il processo è stato rinviato al prossimo10 gennaio con apposita ordinanza e non vedrà tra gli imputati anche il latitante da lustri Matteo Messina Denaro che essendo irreperibile ha costretto il Gup a disporre, non essendo verificate le condizioni della sospensione procedimento, l’apertura di un autonomo fascicolo. Udienza prevista per 11.1.2022.
Nel processo sono stati ammessi come parte civile il Comune di Canicattì, l’Associazione Amici giudice Rosario Livatino onlus, Centro studi Pio La Torre, Sos Impresa, Associazione Antonio Caponnetto; Solidaria Scs onlus.
Dunque, c’è una “pista catanese” preannunciata dall’avvocato Angela Porcello, arrestata nell’ambito dell’inchiesta antimafia “Xydi”, l’altro ieri in udienza con la sua dichiarazione di intenti volta a collaborare pienamente e lealmente con la giustizia c’è e non è una novità per i pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia di Palermo.
Tracce copiose dei legami ed interessi tra mafia canicattinese, capeggiata dall’ex compagno della donna, Giancarlo Buggea, e cosche mafiose etnee ce ne sono già nel provvedimento di fermo eseguito il 2 febbraio scorso dai carabinieri del Ros di Palermo, seppur costellati da omissis che rendono difficoltosa la cognizione delle vicende e l’identità delle persone chiamate in causa.
Peraltro, altre inchieste giudiziarie, ad esempio le recenti “Halicon” e “Assedio” e la più datata “Ghost Saraceno” del 2006 che portò alla cattura di Buggea e del “professore” Giovanni Lauria, boss e “consigliori” di Licata, fecero emergere i collegamenti diretti con le cosche catanesi, soprattutto con quella calatina ai quei tempi comandata da Ciccio La Rocca.
Non a caso l’inchiesta “Xydi” nasce da una costola di altra indagine svolta dall’Autorità giudiziaria di Catania riguardante le famiglie di Cosa nostra di Catania, Caltagirone e Lentini (clan Nardo), quando veniva documentata, nei primi mesi del 2016, “una rilevante sequenza di riunioni e colloqui intercorsi tra Turi Seminara – già condannato in via definitiva per partecipazione ad associazione mafiosa e ritenuto il reggente della famiglia di Caltagirone, il suo più fidato sodale Cosimo Ferlito e taluni soggetti licatesi, tra i quali spiccava in particolare Giovanni Lauria. Le qualificate dinamiche relazionali extra provinciali che emergevano nel contesto di tali investigazioni, attualizzavano i solidi e risalenti legami esistenti tra Cosa nostra agrigentina e quella catanese”.
Adesso, come è noto, si inserisce, perentoria, la volontà collaborativa dell’avv. Porcello che mette in chiaro, con uno scritto depositato l’altro ieri in udienza, che su vicende catanesi sa molte cose inedite e mai indagate. Con riferimento alla pista catanese, già in passato l’aspirante collaboratrice aveva affermato di poter rivelare una trentina di nomi assolutamente sconosciuti ai pm antimafia catturando così l’attenzione degli inquirenti che, tuttavia, al momento non ritengono Angela Porcello degna di attenzione avendo sinora rivelato fatti e nomi già noti ed emersi nel corso delle investigazioni.
L’altro ieri l’avvocato Porcello, collegata in video conferenza dal nuovo carcere che la ospita (è stata trasferita recentemente dal carcere di Latina sembra per alcuni problemi riscontrati dalla detenuta ed ancora non chiariti), ha voluto manifestare apertamente questo suo nuovo corso ad inizio dell’Udienza preliminare del processo “Xydi” chiedendo di poter parlare sia con il Gup del Tribunale di Palermo, Paolo Magro che con il pubblico ministero presente nell’aula bunker, Geri Ferrara. Emerge chiaramente una circostanza non indifferente: Angela Porcello sa che non può più barare. E sa che il suo futuro dipende da lei.
Intanto, c’è da mettere meglio a fuoco la necessità paventata da Buggea e Simone Castello (un fedelissimo di Riina e Bagarella) di poter “controllare il porto di Catania” per dare corso con emissari americani della famiglia Gambino di New York l’attivazione di una lucrosa ed articolata sinergia criminale transnazionale.
Buggea intercettato, spiegava a Castello che “l’emissario americano gli aveva paventato la possibilità di fare “altri discorsi” (e cioè evidentemente operazioni illecite) per i quali servivano delle “zone portuali” infiltrate o controllate da Cosa nostra siciliana, precisando di essere interessato al porto di Catania in quanto a Palermo già queste non meglio precisate attività illecite erano in corso e che una eventuale cointeressenza della locale famiglia mafiosa avrebbe fruttato per questa una percentuale del 20% dell’affare illecito”.
E poi, si dovrà chiarire meglio il senso di due incontri, intercettati e filmati a Catania nel gennaio 2020 al Bar Europa e al “bar che c’è l’aereo” (riferito al Caffè Parisi, sito nei pressi dell’aeroporto di Catania) degli stessi Buggea e Castello con l’imprenditore catanese Giuseppe La Spina, che per gli inquirenti “risultava essere in stretti rapporti con gli uomini d’onore catanesi omissis. Inoltre “il legame tra Giuseppe La Spina e Alfio Aiello si è nel tempo ulteriormente rafforzato per via del fatto che il figlio di Aiello convive con la figlia di La Spina”.
Di rilievo e da mettere a fuoco compiutamente, una vicenda estortiva che chiama in causa direttamente il gruppo imprenditoriale “Rocchetta”. Lauria e Buggea avrebbero dovuto imporre, su richiesta di due imprenditori di Ramacca, una fornitura di uova al gruppo Rocchetta da vendere nei loro grandi magazzini. La richiesta proveniva dalla figlia (come la chiama Buggea) “dello zu Cicio Taibi” (per i carabinieri è l’uomo d’onore catanese Vincenzo Taibi inteso Cecio).