Sequestrate anfore romane a trafficante “vicino” al boss Messina Denaro
Un trafficante internazionale di opere d'arte, ritenuto dagli inquirenti "collegato al boss Matteo Messina Denaro"
Beni archeologici, tutelati da interesse storico, artistico e archeologico, sono stati sequestrati dalla Direzione Investigativa Antimafia di Trapani a un trafficante internazionale di opere d’arte, ritenuto dagli inquirenti “collegato al boss Matteo Messina Denaro”. In particolare, si tratta di svariate anfore di epoca tardo romana ed un basamento di marmo riproducente scene mitologiche scolpite su tutti i lati, di età ellenistico-romana, tutti ritenuti di ingente valore, appartenenti, secondo la Dia, ad un trafficante internazionale di opere d’arte, già gravato da provvedimento di confisca per numerosi beni nella sua disponibilità, in quanto soggetto indiziato di appartenenza a cosa nostra e in affari anche con la famiglia mafiosa di Castelvetrano.
Il trafficante internazionale di opere d’arte a cui la Dia ha sequestrato reperti archeologici è Giovanni Franco Becchina, 85 anni, di Castelvetrano. Becchina entra e esce da vicende giudiziarie legate a Matteo Messina Denaro ormai da anni. Indagato- inchiesta poi archiviata – per un progetto di furto del Satiro Danzante, ora custodito a Mazara del Vallo, che lo vedeva come mandante, è stato poi accusato di aver finanziato la latitanza del capomafia suo compaesano: entrambi sono nati a Castelvetrano. “Perchè Gianfranco Becchina doveva dare queste cose e quindi dovevano andare a finire a Panicola per poi arrivare a chiddu, a Matteo Messina Denaro”, raccontò agli investigatori il dichiarante Grigoli, altro finanziatore del boss. Nel 2017 a Becchina furono sequestrati beni per milioni di euro. “Pur non riportando ad oggi condanne definitive per il reato di associazione mafiosa, le sue frequentazioni, i suoi ‘traffici’ e i rapporti diretti con gli ambienti della criminalità organizzata di tipo mafioso castelvetranese rendono infatti, attuale e rilevante il suo grado di pericolosità ‘qualificata’”, si leggeva nel provvedimento di sequestro del 2017.
A carico del destinatario del provvedimento “emergono numerosi indizi riguardo alla sua pericolosità, caratterizzata dall’essere un soggetto che trae il proprio sostentamento, dalla propria attività delittuosa e lucrogenetica, di trafficante internazionale di reperti archeologici”, dice la Dia. Nel corso degli anni il trafficante di opere d’arte era stato già accusato di aver fornito plurimi contributi al funzionamento ed al rafforzamento del sodalizio mafioso e, in merito, erano intervenute le dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia.
“La misura ablativa, emessa a fronte di una proposta a firma congiunta del Direttore della DIA e del Procuratore della Repubblica di Palermo, ricalca il solco tracciato dai precedenti analoghi provvedimenti scaturiti grazie alle articolate indagini patrimoniali svolte dalla Sezione Operativa della Direzione Investigativa Antimafia di Trapani, la quale ha dimostrato la sproporzione tra le fonti di reddito e gli impieghi del nucleo familiari del destinatario della misura”, dicono gli inquirenti. Le opere d’arte saranno affidate per la custodia alla Soprintendenza dei Beni Culturali ed Ambientali al fine di renderle nuovamente fruibili alla collettività.