Giudiziaria

Processo “Xydi”, l’avv. Scozzari evoca la moglie de El Chapo (mai pentita) e chiede pena equilibrata per Angela Porcello

"La mia assistita, a differenza di Emma Coronel, si è dissociata e collaborato, con la giustizia merita i benefici di legge"

Pubblicato 2 giorni fa

E’ tempo di arringhe difensive nel processo d’appello Xidy che si celebra davanti la seconda sezione della Corte di Appello di Palermo, presieduta dal giudice Antonio Napoli.

Processo di secondo grado scaturito dalla omonima maxi inchiesta antimafia, l’operazione dei carabinieri del Ros che ha fatto luce sul mandamento mafioso di Canicattì e sulla riorganizzazione della Stidda in provincia di Agrigento.

Tredici le persone che siedono sul banco degli imputati (tra parentesi la condanna di primo grado): Giancarlo Buggea (20 anni in primo grado), ritenuto esponente di spicco dell’interno mandamento; Angela Porcello (15 anni e 4 mesi), ex avvocato ritenuta la cassiera; Giuseppe Grassadonio (8 mesi); Calogero Di Caro (20 anni), storico capo del mandamento mafioso di Canicattì; Calogero Paceco (8 anni); Simone Castello (12 anni), ex “postino” di Bernardo Provenzano; Diego Emanuele Cigna (10 anni e 6 mesi); Gregorio Lombardo (17 anni e 4 mesi); Luigi Boncori (20 anni), ritenuto il capo della famiglia mafiosa di Ravanusa; Giuseppe Sicilia (18 anni e 8 mesi), considerato il capo della famiglia mafiosa di Favara; Giuseppe D’Andrea (3 anni e 4 mesi); Annalisa Lentini (1 anno e 8 mesi); Vincenzo Di Caro (1 anno). 

In questo secondo grado di giudizio, i sostituti procuratore generale Giuseppe Fici e Carlo Lenzi, con la loro requisitoria, hanno invocato 12 anni di carcere a carico di Angela Porcello, 3 anni e 4 mesi in meno rispetto al verdetto di primo grado;  proposta una riduzione della condanna anche per Diego Emanuele Cigna, 55 anni, di Canicattì: 8 anni e 5 mesi a fronte dei 10 anni e 6 mesi che gli sono stati inflitti dal Tribunale;  E, concessa la sospensione condizionale della pena confermata di 8 mesi, a favore dell’appuntato della Polizia penitenziaria, Giuseppe Grassadonio, di  Agrigento, imputato di rivelazione di segreto di ufficio aggravata perchè avrebbe “soffiato” all’avvocato Porcello che il presunto mafioso di Campobello di Licata, Giuseppe Puleri, l’indomani sarebbe stato trasferito dal carcere di Agrigento. Poi Fici e Lenzi hanno chiesto la conferma delle altre dieci condanne firmate dal giudice Magro in primo grado.

Particolarmente atteso è stato l’intervento dell’avvocato Giuseppe Scozzari che difende l’ex collega Angela Porcello, il quale da tempo si spende e si è speso per far riconoscere alla sua assistita lo status di collaboratore di giustizia trovando nell’azione dei pubblici ministeri un ostacolo insormontabile che da sempre hanno ritenuto la collaborazione della Porcello non veritiera e finalizzata ad ottenere benefici senza nulla dire delle cose che realmente sa. Oggi Scozzari ha riproposto con veemenza lo specifico argomento affermando che: l’imputata dopo aver ripetutamente e coraggiosamente preso le distanze dal sodalizio mafioso, è stata escussa come testimone assistito innanzi al Tribunale di Agrigento nell’ambito del procedimento “parallelo” in cui sono stati tratti a giudizio gli altri coimputati, nelle udienze del 17.07.2024 e del 05.09.2024. L’esame dell’imputata è stato di estrema importanza e rilevanza perché oltre a dimostrare concretamente la sua opera di collaborazione con la giustizia, le sue ultime dichiarazioni hanno offerto al vaglio del Tribunale di Agrigento un ulteriore e chiaro spaccato del mondo da cui ha pubblicamente e senza dubbio alcuno rescisso ogni legame. Nell’ambito del detto procedimento, chiamata a testimoniare su quanto a sua conoscenza nello stralcio ordinario del processo “Xidy”, l’imputata Porcello ha confermato le sue precedenti dichiarazioni, ha chiarito molti dettagli ed aspetti rilevanti relativi al sodalizio criminoso, ha anche ampliato il quadro investigativo, ha adottato ancora una volta un contegno più che collaborativo, ed ha riferito fatti che riguardano imputati sottoposti al processo odierno. Tale ultima circostanza rende ulteriormente legittima l’acquisizione dibattimentale, sussistendo tutti i presupposti di connessione soggettiva ed oggettiva come si avrà modo di verificare. All’udienza del 17.07.2024 innanzi al Tribunale di Agrigento, rispondendo alle domande poste dal difensore di Falsone Giuseppe, l’imputata Porcello ha fornito una serie di informazioni e dettagli rilevanti relativi ai rapporti intrattenuti con il predetto, ai messaggi criptici dello stesso, all’incarico ricevuto di effettuare una ricognizione dei beni appartenenti alla famiglia Falsane e falsamente intestati ad altri, agli aiuti economici o regalie elargite in favore della stessa famiglia Falsone e, non da ultimo, sulla ascesa dell’ex compagno Buggea ai vertici di Cosa Nostra.

Le dettagliate dichiarazioni rese dalla Porcello innanzi il Tribunale di Agrigento sono il naturale seguito di quanto già riferito alla Dda di Palermo e di Catania nonché innanzi al

Gup di Palermo. Inoltre, dalle ultime testimonianze rilasciate emerge chiaramente ancora una volta che l’imputata si è totalmente dissociata dall’organizzazione denominata “Cosa nostra” iniziando un percorso di collaborazione con lo Stato, su fatti, riferendo fatti, circostanze ed episodi di rilevante gravità criminale. Circostanze che non possono non essere valutate ai fini del riconoscimento dello status di collaboratrice di giustizia dell’imputata Porcello Angela, la quale, proprio per le dette dichiarazioni, si trova già detenuta in regime di “protezione” e ritenuta dall’amministrazione penitenziaria un soggetto “a rischio”, creandosi quell’inaccettabile paradosso in base al quale la Porcello per il mondo criminale, per Cosa nostra, e adesso anche per la Stidda, è un collaboratore  di  giustizia,  gli  articoli  di  stampa  recenti ne sono  una  palese dimostrazione, così come lo è dal punto di vista carcerario, ma non lo è processualmente non potendo beneficiare in alcun modo dei relativi benefici previsti dalla legge, tra cui la diminuzione di pena che deriverebbe dall’applicazione dell’attenuante speciale”.

Nel chiedere alcune modifiche della sentenza di primo grado e la rideterminazione della pena contenendola al minimo edittale con ogni conseguente beneficio di legge, Scozzari tira fuori dal cilindro un articolo del 24 settembre scorso del Corriere della sera firmato da Roberto Saviano dal titolo: “Se la moglie mai pentita del signore dei narcos può sfilare come una diva”, dato che Emma Coronel, moglie 35enne di Joaquim Guzmàn “El chapo”,  boss messicano del traffico internazionale di droga ed a capo del cartello di Sinaloa, aveva sfilato in Italia, a Palazzo Serbelloni durante la “Milano fashion week” con tanto di articoli gravidi di elogi, specie dei giornali americani, che esultavano per aver dato ad Emma una seconda possibilità.

Il valente difensore ha preso la palla al balzo ed ha affermato: “Noi non vogliamo che l’imputata Porcello vada a sfilare o avere una seconda possibilità, ma chiediamo una pena che sia equilibrata considerato che la mia assistita si è dissociata e collaborato, a differenza di Emma Coronel, con la giustizia.

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