Apertura

Mafia, Il paracco di Palma di Montechiaro: in 23 al rito abbreviato

L'Unicredit si è costituita parte civile nel processo che vede imputato anche l'ex consigliere comunale considerato capo decina del clan

Pubblicato 3 anni fa

Sono 23 gli imputati della maxi inchiesta “Oro Bianco”,  che ha fatto luce sul “paracco” di Palma di Montechiaro guidato dalla famiglia Pace, che hanno scelto la via del rito abbreviato. Altri nove, invece, sono stati rinviati a giudizio con il processo che partirà il prossimo 5 aprile: si tratta di Sarino Lo Vasco, 53 anni di Palma di Montechiaro; Vincenzo Curto, 40 anni di Canicattì; Vincenzo Fallea, 42 anni di Favara;Giuseppe Farini, 53 anni di Canicattì; Calogero “U russu” Monterosso, 37 anni di Palma di Montechiaro e Tommaso Vitanza, di Palma di Montechiaro. 

Altre due posizioni, invece, sono state stralciate e verranno giudicate a parte per un difetto di notifica sull’avviso di conclusione indagini che ha di fatto invalidato la richiesta di rinvio a giudizio: si tratta di Giuseppe Amato, 53 anni di Agrigento, e Angelo Vaccaro, 40 anni di Agrigento. Il gup del tribunale di Palermo, Stefania Brambille, ha accolto la richiesta di costituzione di parte civile dell’Unicredit, istituto bancario presso il quale lavorava il consigliere comunale Salvatore Montalto, considerato dagli inquirenti uno dei capo decina del clan.

L’inchiesta, coordinata dai magistrati della Dda di Palermo Claudio Camilleri, Pierangelo Padova e Gianluca De Leo,  muove i primi passi nel palermitano ma ben presto si sviluppano i collegamenti con la provincia di Agrigento.Collegamenti che sono stati tracciati anche dal collaboratore di giustizia Giuseppe Quaranta. Dalla figura di Salvatore Troia, uomo d’onore di Villabate, si è giunti a Favara dove era in contatto con Giuseppe Blando, arrestato (e assolto in primo grado) nell’operazione Montagna. Blando è il fratello del più noto Domenico, favoreggiatore della latitanza di Giovanni Brusca a Cannatello. Quest’ultimo tornato in libertà dopo 25 anni di detenzione per fine pena. 

L’accusa per gli indagati e’ di essersi avvalsi della forza di intimidazione del vincolo associativo e delle condizioni di assoggettamento ed omerta’ che ne derivano per commettere gravi delitti, acquisire la gestione o il controllo di attivita’ economiche, di concessioni, di autorizzazioni, di appalti e servizi pubblici e procurare voti eleggendo propri rappresentanti in occasione delle consultazioni elettorali. Tra i tentativi di estorsione svelati dall’indagine ci sarebbe quello ai danni del gruppo di imprese che si è aggiudicato un appalto da due milioni e tre cento mila euro nell’ambito del “Contratto di quartiere”.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *