Mafia, 46 anni fa l’omicidio del giornalista Mario Francese
Il cronista di giudiziaria del Giornale di Sicilia assassinato 46 anni fa dalla mafia a colpi di pistola mentre stava tornando a casa
In prima fila i ragazzi delle scuole, quindi i giornalisti e accanto il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, a rappresentare la città. Stamani in viale Campania, nel luogo in cui venne ucciso e in cui una lapide lo ricorda, si è svolta la cerimonia in memoria di Mario Francese, il cronista di giudiziaria del Giornale di Sicilia assassinato 46 anni fa dalla mafia a colpi di pistola mentre stava tornando a casa. Erano presenti, tra gli altri, il questore Vito Calvino; il presidente dell’Anm di Palermo Giuseppe Tango; il vice prefetto Orietta Mongiovì; il comandante della Legione carabinieri Sicilia, generale Giuseppe Spina; il comandante dei carabinieri di Palermo, generale Luciano Magrini; il comandante della Guardia di finanza di Palermo, generale Domenico Napolitano; e il comandante della Polizia municipale di Palermo, Angelo Colucciello.
Alla manifestazione, organizzata da Assostampa Sicilia, hanno partecipato Giuseppe Rizzuto, segretario regionale, Giusi Spica del direttivo provinciale di Palermo, il presidente dell’OdG di Sicilia Roberto Gueli, il consigliere nazionale dell’OdG Riccardo Arena, il consigliere dell’OdG Franco Nicastro e Salvo Messina componente del collegio dei revisori dell’OdG e i figli di Mario Francese, Giulio e Massimo. Per Assostampa, anche la presidente del gruppo Cronisti siciliani Claudia Brunetto e la presidente del Gruppo Pensionati Claudia Mirto. Ma soprattutto erano presenti i giovani, gli studenti di due scuole, l’Istituto Luigi Einaudi Wilfredo Pareto e l’Istituto Marconi. Dopo il minuto di silenzio davanti alla lapide, l’importanza della lezione professionale di Mario Francese è stata tratteggiata da Giuseppe Rizzuto, che ha ricordato quanto siano state importanti le sue inchieste giornalistiche, in cui per la prima volta veniva raccontata la presenza dei Corleonesi all’assalto della gerarchia di Cosa nostra nella stagione che portò alla strategia del terrore degli anni ’80 e che iniziò proprio quel 26 gennaio del 1979 con l’assassinio del giornalista.
Quindi Giusi Spica ha ricordato l’importanza del lavoro sulla memoria svolto con i giovani grazie al concorso organizzato dalla Prefettura sul tema ‘Cultura della legalità e informazione’ che quest’anno è giunto alla quarta edizione. Subito dopo gli interventi del presidente Gueli e del direttore del Giornale di Sicilia Marco Romano. “I giornalisti che fanno bene il loro lavoro vengono minacciati da quella mafia che oggi non sembra più tanto visibile, ma che in realtà è presente”, ha detto Francese. Tra gli interventi anche quello di Salvo Palazzolo, il cronista di Repubblica che in questi giorni ha ricevuto nuove minacce e al quale la Questura ha deciso di rafforzare la vigilanza. Palazzolo ha lanciato un appello affinché le inchieste sulla mafia non siano più solo appannaggio dei giornalisti e il lavoro di contrasto non sia affidato solo alle forze di polizia e alla magistratura. “Ci serve una grande partecipazione per far sì che quello che è successo negli anni ’80 non accada più – ha detto Palazzolo -. I boss scarcerati e gli ergastolani in permesso premio pensano di trovare una città che cerca nuovi contatti con la criminalità. Dovranno trovare i portoni chiusi”.
Lo stesso concetto è stato ribadito dal sindaco Roberto Lagalla che ha chiuso la cerimonia. “Questa è una città sicuramente diversa rispetto a quella degli anni ’80 e, per far sì che questo sia un fatto evidente e comprensibile da tutti, dobbiamo impegnarci col nostro esempio di ogni giorno nel condurre con la massima trasparenza tutti gli atti che compiamo – ha detto -. Anche la politica deve fare la sua parte. Palermo ha compiuto un lungo percorso e adesso possiamo dire che effettivamente è una città diversa, ma non basta. L’Amministrazione comunale è in prima linea per far sì che non si ripetono situazioni come quelle che abbiamo vissuto nella stagione più tragica di questa città”.