Mafia

Mafia, 19 condanne nel processo al clan Borgata

I carabinieri scoprirono che il gruppo, servendosi di droni, pilotati da remoto, avrebbe provato a far entrare droga e telefonini, nascosti in alimenti sottovuoto, nel carcere

Pubblicato 3 giorni fa

Il Gup del Tribunale di Catania ha emesso le condanne nei confronti di 19 persone finite sotto processonell’ambito dell’inchiesta della Dda di Catania e dei carabinieri di Siracusa sul clan Borgata concluso nel novembre del 2023 con l’emissione di 19 misure cautelari.

Gli imputati: Gianclaudio Assenza, 20 anni; Claudio Barone, un anno quattro mesi e 5.000 euro di multa ; Salvatore Barresi, 16 anni; Luca Costanzo tre anni e otto mesi; Francesco Fiorentino, 8 anni; Francesco Giliberto, dieci anni; Simone Glietti, dieci anni; Danilo Greco, 18 anni e otto mesi; Robert Iacono, 11 anni e quattro mesi; Massimo Mancino, dieci anni; Giuseppe Messina otto anni e otto mesi; Michael Motta, cinque anni; Johnny Pezzinga, 14 anni; Davide Pincio, 16 anni; Salvatore Polini, sei anni e otto mesi e 30.000 euro di multa; Andrea Raitano, otto anni e otto mesi; Ivana Rizza quattro anni e otto mesi e 20.000 euro di multa; Cristian Toromosca, due anni e otto mesi; Morena Zagarella sette anni e quattro mesi. Nel corso delle indagini, i carabinieri scoprirono che il gruppo, servendosi di droni, pilotati da remoto, avrebbe provato a far entrare droga e telefonini, nascosti in alimenti sottovuoto, nel carcere di Siracusa.

Il drone, in particolare, venne sequestrato dai carabinieri intervenuti nel momento in cui due degli indagati, mentre sostavano a 270 metri dalla casa circondariale “Cavadonna” di Siracusa, avevano appena legato all’apparecchio un involucro contenente 3 telefoni cellulari di piccolissime dimensioni col chiaro intento di recapitarli oltre le mura dell’istituto. Dagli accertamenti vennero fuori anche episodi di violenza, tra cui pestaggi ai danni di chi non pagava l’acquisto degli stupefacenti, incendi di auto o attentati a colpi di fucile, come nel caso di un commerciante. Capitava che i tossicodipendenti consegnassero agli spacciatori la propria carta prepagata sulla quale mensilmente era accreditato il reddito di cittadinanza fornendone anche il codice pin a garanzia della copertura del credito penitenziario.

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