L’omicidio di “Tano u curtu” e quell’ultimo incontro a Canicattì: i sospetti su Gioacchino Amico
Per gli inquirenti il canicattinese sarebbe coinvolto direttamente nell’omicidio mentre per il gip si tratta di “mera speculazione”
Parla molto agrigentino la maxi inchiesta Hydra, l’indagine della procura di Milano che ipotizza una confederazione tra Cosa nostra, Ndrangheta a Camorra in Lombardia. Un’inchiesta in realtà picconata dal gip Tommaso Perna che, non soltanto ha rigettato oltre 140 richieste di misura cautelare, ma ha smontato l’intero costrutto degli inquirenti su una “super cosa” operante nelle province di Milano e Varese. Tra gli indagati ci sono ben 6 canicattinesi ma soltanto per due si sono aperte le porte del carcere e non per mafia: Gioacchino Amico, 39 anni, e Giuseppe Sorce, 48 anni. Tutti gli altri restano indagati a piede libero. Si tratta di Giovanni Gatto, 43 anni di Canicattì; Maurizio Li Calzi, 51 anni di Canicattì; Maria Marino, 44 anni di Canicattì; Raimondo Orlando, 50 anni di Canicattì.
La procura di Milano, guidata dal procuratore agrigentino Marcello Viola, ha già annunciato ricorso al Riesame. In attesa della decisione del tribunale della Libertà rimangono quasi due anni di indagini e di attività svolte sul campo. Tra le carte dell’inchiesta emerge, ad esempio, un caso di “lupara bianca”: l’omicidio di Gaetano Cantarella, scomparso misteriosamente il 3 febbraio 2020. Per gli inquirenti milanesi nell’omicidio ci sarebbe un “diretto e pregnante coinvolgimento di Gioacchino Amico e Raimondo Orlando. Ma partiamo dall’inizio. Chi è Gaetano Cantarella? Detto “Tano u curtu”, arrestato e poi assolto in una operazione antimafia sul clan dei “carcagnusi” di Catania, è il cugino della moglie del boss Santo Mazzei. Alla base del delitto, secondo la procura, ci sarebbero stati dissidi di natura economica tra Cantarella e Amico. Quest’ultimo, insieme ad Orlando, è una delle ultime persone ad aver visto in vita Tano u curtu. Gli inquirenti avevano cominciato da poco a monitorare i suoi spostamenti. L’1 febbraio 2020 Cantarella tornava a Catania e, il giorno dopo, si accordava per incontrarsi con Amico a Canicattì. Così avviene il 3 febbraio. Il gps installato sulla Fiat Panda di Tano u curtu traccia il suo percorso da Catania a Canicattì dove arriva intorno alle 11 del mattino. Da quel momento in poi non si avranno mai più sue notizie.
Una ricostruzione, quella del caso di lupara bianca, che è stata letteralmente smontata dal gip del tribunale di Milano che definisce l’ipotesi della procura “una mera speculazione priva del sia pur minimo appiglio indiziario. E il giudice motiva: “È inspiegabile che l’omicidio di Gaetano Cantarella, altro membro del medesimo gruppo, sia stato deciso da Gioacchino Amico senza l’avallo di Giancarlo Vestiti (membro del clan Senese). Anzi, a ben vedere quest’ultimo non sapeva nemmeno chi fosse l’autore dell’omicidio, tanto da paventare l’idea di interrogare le altre organizzazioni criminali. Ciò è ancor più anomalo se si segue la tesi secondo cui l’omicidio sia maturato per ragioni endogene al gruppo romano, essendo evidente che, ove così fosse, Giancarlo Vestiti ne doveva certamente essere a conoscenza.”