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L’omicidio dell’imprenditore Passafiume, ergastolo confermato al boss Filippo Sciara 

Ergastolo allo storico esponente di Cosa nostra di Siculiana per l'omicidio dell'imprenditore Passafiune, ucciso nel 1993 a Cianciana davanti a moglie, cognata, suocera e nipoti

Pubblicato 7 ore fa

Carcere a vita. La Corte di assise di Palermo ha confermato la condanna all’ergastolo nei confronti di Filippo Sciara, storico esponente di Cosa nostra di Siculiana, per l’omicidio dell’imprenditore Diego Passafiume, ucciso a Cianciana il 22 agosto 1993 davanti a moglie, cognata, suocera e nipoti. La Corte, presieduta dal giudice Angelo Pellino, ha così confermato la sentenza emessa dalla Corte di assise di Agrigento lo scorso anno così come richiesto dal sostituto procuratore generale Giuseppina Motisi. I familiari della vittima – così come il comune di Cianciana – si sono costituiti parte civile, rappresentati dagli avvocati Danilo Giracello e Daniela La Novara.

DIEGO PASSAFIUME, UCCISO PERCHÈ NON SI PIEGAVA A COSA NOSTRA

Si chiude, dunque, anche il secondo capitolo giudiziario di una vicenda tanto dolorosa quanto complicata. Un delitto che per venticinque anni è rimasto un vero e proprio cold case sebbene almeno due dei testimoni oculari avessero fornito già all’epoca dei fatti precise descrizioni sul killer. Una rarità negli omicidi di mafia. Diego Passafiume, piccolo e onesto imprenditore del movimento terra, era ritenuto scomodo. Non si era piegato alle regole e alla prepotenza di Cosa nostra. Un appalto che faceva gola a molti, come tanti in quel periodo nella bassa Quisquina, avrebbe poi innescato la micidiale reazione. Era il 22 agosto 1993. Passafiume venne ucciso in contrada “Ponte padre Vincenzo” a Cianciana mentre si trovava in auto con moglie, suocera e nipoti. Tutti si stavano recando a casa di un parente per festeggiare il diciannovesimo anniversario di matrimonio.

I TESTIMONI OCULARI E IL COLLABORATORE DI GIUSTIZIA

L’impianto accusatorio, accolto interamente anche in Appello, si fonda sostanzialmente su due colonne portanti: il riconoscimento dei familiari presenti durante l’agguato e le dichiarazioni del già collaboratore di giustizia Pasquale Salemi che definì il contesto e indicò il boss Giovanni Pollari, storico capomafia di Cianciana deceduto mentre stava scontando l’ergastolo, il mandante del delitto. Moglie e nipote della vittima, già nell’immediatezza dell’omicidio, fornirono importanti elementi utili ma la svolta avviene nel 2016. Alla donna viene mostrato un album fotografico relativo al processo Akragas, la prima maxi inchiesta sulla mafia agrigentina. La signora riconosce la foto numero 66, l’assassino del marito: è Filippo Sciara: “Si, per la seconda volta dopo l’omicidio che ha fatto..l’ho visto per la seconda volta nella foto del mio avvocato”. Un secondo riconoscimento avviene circa un anno più tardi, questa volta nella sede del Reparto operativo dei Carabinieri di Agrigento. L’ultimo e decisivo riconoscimento, infine, durante il processo: “Ha sparato a mio marito.. al mille per mille..”.

CHI È FILIPPO SCIARA

Filippo Sciara è un nome noto nel panorama mafioso agrigentino. Elemento di spicco della famiglia mafiosa di Siculiana, ergastolano, indicato come uno dei carcerieri del piccolo Giuseppe Di Matteo durante la prigionia trascorsa in almeno quattro covi nella provincia di Agrigento. La svolta arriva il 7 settembre 2018 a distanza di venticinque anni dall’omicidio e dopo ben due archiviazioni: i carabinieri, in una indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, arrestano Sciara.

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