Il debito e le tensioni tra le famiglie mafiose: “Villaseta e Porta Nuova sono una cosa sola”
Storie di mafia e mandamenti. Storie di droga ed equilibri. Storie di nomi e soprannomi
Storie di mafia e mandamenti. Storie di droga ed equilibri. Storie di nomi e soprannomi: “U pacchiuni”, il “ragno”, “iachinu”, “papà”. La maxi operazione scattata ieri all’alba, che ha portato all’arresto di 181 persone e all’azzeramento di quattro mandamenti palermitani, ci consegna due dati di assoluto rilievo anche nelle dinamiche di Cosa nostra agrigentina. (TUTTI I NOMI DEGLI ARRESTATI)
La cosca di Villaseta, il narcotraffico e i rapporti con i mandamenti palermitani
Il primo è il ruolo da protagonista che la famiglia mafiosa di Villaseta si è ritagliato nelle rotte del narcotraffico siciliano, diventando almeno negli ultimi due anni il principale fornitore di stupefacenti di molte delle storiche cosche palermitane. Una circostanza singolare, per certi versi anomala. La droga da Agrigento arrivava nel cuore del capoluogo siciliano e non viceversa come spesso accaduto in passato. Uno scambio di ruoli che – evidentemente – ha portato il clan agrigentino guidato dal boss Pietro Capraro a giocare un ruolo di primo piano nelle dinamiche mafiose siciliane. Il secondo elemento che emerge è di altrettanto rilievo e riguarda i rapporti che la cosca di Villaseta era riuscita a tessere con esponenti di primissimo piano di Cosa nostra palermitana. Entrambe le circostanze emergono con forza nell’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo che ha portato al fermo – tra gli altri – proprio del boss Pietro Capraro, del suo luogotenente Gaetano Licata e di Gabriele Minio. Il clan di Villaseta, dunque, era diventato il principale rifornitore di stupefacente nel capoluogo siciliano. Un vorticoso giro di affari con una triangolazione Agrigento–Calabria–Palermo. La cosca agrigentina vendeva la droga agli storici mandamenti palermitani: Brancaccio, Porta Nuova e, soprattutto, Tommaso Natale/San Lorenzo.
Le tensioni con il clan di Tommaso Natale e l’intervento del mandamento di Porta Nuova
Proprio con quest’ultima articolazione mafiosa, un tempo feudo del potentissimo boss Salvatore Lo Piccolo oggi guidato dai fratelli Nunzio e Domenico Serio, si era creato un asse privilegiato con la vendita di stupefacente per quasi mezzo milione di euro. Il rapporto tra le due cosche si irrigidisce però quando i palermitani non saldano la rimanenza di un debito per una partita di stupefacente di oltre 380 mila euro. “Ballano” quattromila euro e la somma, nonostante diversi incontri, non viene pagata. Così Capraro decide di interrompere la fornitura. Il colpo viene accusato dal mandamento “Tommaso Natale” che subisce un forte rallentamento degli affari. Una situazione che non piace al capomandamento Nunzio Serio, alias “Iachinu”, fedelissimo del boss Lo Piccolo: “fratello Nunzio non era rimasto tanto contento di “ragno” (l’alias di Pietro Capraro) e lui stesso … perchè praticamente … una volta che stavano recuperando … recuperando nel conto … lui non mandò più niente … … e lo bloccò totalmente”. Così il clan di Villaseta, per cercare di recuperare il debito, chiama in causa esponenti di rilievo del mandamento di Porta Nuova. Uno di loro – Stefano Comandè – interviene per conto del boss Tommaso Lo Presti, alias “u pacchiuni”. Lo Presti è un pezzo da novanta della mafia palermitana, tornato in libertà da poco, passato di recente alle cronache per aver festeggiato le nozze d’argento nella chiesa che ospita i resti del giudice Giovanni Falcone. Lo Presti è il “papà”, “colui che ha in mano le chiavi”. La situazione si deve sistemare e Comandè invita uno dei sodali di Tommaso Natale a saldare il debito: “ quando mi dici tu io intervengo … mi dice … eventualmente ci dobbiamo incontrare tutti, sicuramente e si mette un punto, un punto … anche un impegno minimo Ma’… mille euro al mese e si leva …” Un dato che per gli inquirenti testimonia il solido rapporto tra la cosca di Villaseta e quella di Porta Nuova. Comandè, intercettato, riporta le parole che si era scambiato con Capraro: “noi siamo una cosa sola, “papà” gli mostra anche … che “papà” …. gli mostra anche affetti di riflesso tramite noi e questo è tutto fratello. Tipo lui gli mostra affetto tramite noi … lui … lui dice: che giunge a noi … questo è tutto frate’… che giunge a noi … dimmi … dammi due, tre minuti … aspetto a te tranquillo. Gli ho detto io frate’. Secondo la Dda di Palermo, dunque, il Capraro aveva rimarcato che “loro”, ovvero la componente mafiosa agrigentina e quella di Porta Nuova fossero “una cosa sola” e legati da un reciproco affetto con quello che il Comandè indicava con il termine “papà” ovvero un soggetto a lui stesso sovraordinato che altro non può che essere che Tommaso Lo Presti. La situazione si risolverà con l’impegno dell’esponente del mandamento di Tommaso Natale a saldare il debito. L’uomo, però, aggiungeva il disappunto per l’intervento dei mafiosi di Porta Nuova che stavano prendendo le parti degli agrigentini: “no … e qua stiamo facendo e … e … e … e stiamo prendendo le difese a quelli di fuori che mi fa pure l’usura …”