Cosa nostra e Stidda nell’agrigentino, chieste 9 condanne nel processo Xidy
Le pene più alte sono state chieste per il boss ergastolano Giuseppe Falsone e per il capo della Stidda Antonino Chiazza
Nove richieste di condanna per un totale di oltre un secolo di carcere. È quanto avanzato dal sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, Claudio Camilleri, nei confronti di tutti gli imputati coinvolti nel processo (stralcio ordinario) scaturito dalla maxi inchiesta Xidy, l’operazione che ha smantellato il mandamento mafioso di Canicattì e fatto luce sulla riorganizzazione della Stidda in provincia di Agrigento.
IL CAPO DI COSA NOSTRA E IL BOSS DELLA STIDDA
Le richieste di condanna più alte sono state avanzate nei confronti di Giuseppe Falsone (24 anni) e Antonino Chiazza (30 anni). Il primo è ritenuto ancora il capo indiscusso di Cosa nostra agrigentina nonostante si trovi in carcere al 41bis dopo essere stato catturato in Francia dopo una latitanza lunga oltre dieci anni. Il secondo, invece, è considerato il boss della “nuova” Stidda, organizzazione che dopo essersi scontrata militarmente con Cosa nostra, sarebbe tornata in auge facendo affari con la stessa.
LE ALTRE RICHIESTE DI CONDANNA
Sul banco degli imputati siedono altre sette persone. Ecco le richieste di condanna nei loro confronti: Pietro Fazio, 52 anni, di Canicattì (24 anni di reclusione); Santo Gioacchino Rinallo, 65 anni di Canicattì (25 anni di reclusione) ; Antonio Gallea, 68 anni di Canicattì (20 anni di reclusione); Filippo Pitruzzella, 64 anni, ispettore della polizia in pensione (11 anni di reclusione); Quattro anni di reclusione è la pena proposta per: Stefano Saccomando, 48 anni di Palma di Montechiaro; Calogero Valenti, 60 anni, residente a Canicattì; 2 anni e 4 mesi la condanna chiesta per Calogero Lo Giudice, 51 anni di Canicattì;
IL RITO ABBREVIATO E IL PROCESSO DI APPELLO
Nello stralcio processuale che segue il rito abbreviato, arrivato già al secondo grado di giudizio, sono 13 gli imputati. Nelle scorse settimane la procura generale ha chiesto la condanna per tutti: Giancarlo Buggea (20 anni), ritenuto esponente di spicco dell’interno mandamento; Angela Porcello (15 anni e 4 mesi), ex avvocato ritenuta la cassiera; Giuseppe Grassadonio (8 mesi); Calogero Di Caro (20 anni), storico capo del mandamento mafioso di Canicattì; Calogero Paceco (8 anni); Simone Castello (12 anni), ex “postino” di Bernardo Provenzano; Diego Emanuele Cigna (10 anni e 6 mesi); Gregorio Lombardo (17 anni e 4 mesi); Luigi Boncori (20 anni), ritenuto il capo della famiglia mafiosa di Ravanusa; Giuseppe Sicilia (18 anni e 8 mesi), considerato il capo della famiglia mafiosa di Favara; Giuseppe D’Andrea (3 anni e 4 mesi); Annalisa Lentini (1 anno e 8 mesi); Vincenzo Di Caro (1 anno).
L’OPERAZIONE XIDY
L’operazione – coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo ed eseguita dai carabinieri del Ros – scattò nel febbraio di tre anni fa. In quell’occasione furono arrestati i vertici dell’intero mandamento, poliziotti e anche l’avvocato Angela Porcello, ex compagna di Buggea, condannata in primo grado a 15 anni e 4 mesi poiché ritenuta cassiera del mandamento. La penalista, nel frattempo radiata dall’albo, ha anche tentato di avviare un percorso di collaborazione con la giustizia. Uno status che non le è mai stato riconosciuto. L’indagine coordinata dai magistrati della Dda di Palermo Paolo Guido, Claudio Camilleri, Gianluca De Leo e Francesca Dessì, oltre ad aver fatto luce sulle dinamiche interne al mandamento mafioso di Canicattì, ha anche puntato un faro sui componenti della nuova Stidda che si sarebbe contrapposta alla famiglia di Cosa Nostra. Ipotizzate anche una serie di estorsioni, in particolare nel settore delle mediazioni agricole.