Giudiziaria

Spiava magistrati e si intrufolava nei sistemi di procure e forze dell’ordine: arrestato agrigentino 

Non ha neppure 24 anni l’informatico agrigentino arrestato ieri dalla polizia postale: i dettagli

Pubblicato 17 ore fa

Per almeno due anni avrebbe “bucato” i sistemi informatici di alcune procure italiane, sottratto documenti coperti da segreto, tentato di acquisire atti relativi a indagini di mafia e terrorismo e costretto gli inquirenti a non utilizzare più mail e whatsapp nel timore di essere intercettati. Non ha neanche 24 anni l’informatico arrestato ieri dalla polizia postale a margine di una delicata inchiesta coordinata dalla procura di Napoli guidata da Nicola Gratteri. Carmelo Miano (difeso dall’avv. Gioacchino Genchi), formalmente impiegato di una società, è originario di Sciacca ma per lavoro si spostava tra Gela e Roma. Ed è proprio nella Capitale che è stato catturato. Gli investigatori hanno atteso che l’hacker fosse materialmente con le mani sulla tastiera per intervenire. Adesso è accusato di accesso abusivo aggravato alle strutture e di diffusione di malware e software in concorso. Nell’inchiesta ci sarebbero altri tre indagati.

Il vero quesito che si pongono gli inquirenti è a chi fosse destinata questa enorme mole di dati sensibili sottratti. L’agrigentino non si sarebbe soltanto limitato ad accedere abusivamente ai sistemi informatici sottraendo, copiando e cambiando password e user. Ma c’è di più. Ad esempio, era riuscito a violare e consultare quotidianamente la casella postale della procura di Gela riuscendo a impossessarsi di una informativa della Guardia di Finanza. Avrebbe poi cercato di attaccare proprio il portale delle Fiamme Gialle, introducendosi addirittura nel sistema sanitario e visionando cartelle relative alle posizioni di singoli appartenenti della finanza.

Tra gli uffici inquirenti “violati” dal 24enne, oltre Gela, anche la procura di Caltanissetta, Milano, Napoli, Palermo e Agrigento.

E ancora, un accesso abusivo al commissariato di Porta Nuova a Palermo e un attacco hacker ad alcune postazioni di impiegati del Ministero di Giustizia con lo scopo, attraverso un malware, di catturare dati sensibili. Infine, l’ultimo ambizioso tentativo bloccato in tempo: accedere nelle mail personali di alcuni magistrati italiani.

“Il sistema giustizia era rischio – ha spiegato il procuratore Nicola Gratteri – potevano sparire dati importanti su mafia e terrorismo. L’hacker è anche entrato nel sistema della Tim. È riduttivo pensare che fosse soltanto un informatico, ci ha fatto girare la testa.”

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