Giudiziaria

L’incendio alla ditta Omnia, Famà e D’Antona restano in carcere 

Un terzo indagato, invece, lascia i domiciliari e viene sottoposto all’obbligo di dimora e presentazione alla polizia giudiziaria

Pubblicato 2 giorni fa

Due dei tre indagati, arrestati lo scorso 16 ottobre nell’ambito dell’inchiesta sul maxi incendio doloso alla ditta di rifiuti Omnia di Licata, restano in carcere. Il tribunale del Riesame ha confermato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere già emessa dal gip Micaela Raimondo. Si tratta di Cristoforo Famà, 41 anni, e Carmelo D’Antona, 39 anni, di Ravanusa. Un terzo indagato – Mario Antona, 24 anni, di Ravanusa – lascia invece gli arresti domiciliari. Il tribunale della Libertà, accogliendo il ricorso dell’avvocato Calogero Meli, ha sostituito la misura con quella meno afflittiva dell’obbligo di dimora e presentazione alla polizia giudiziaria. 

Cristoforo Famà e Carmelo D’Antona, difesi rispettivamente dagli avvocati Antonino Ragusa e Carmelo Pitrola, sono ritenuti personaggi chiave dell’inchiesta. Il primo, secondo gli inquirenti, sarebbe l’ideatore dell’incendio al deposito di riufiuti; il secondo, invece, avrebbe materialmente innescato il rogo. Ad entrambi viene contestato anche il reato di inquinamento ambientale. D’Antona è accusato anche di altri gravi reati: tentato omicidio, estorsione, furto aggravato. 

Negli scorsi giorni, in seguito ai cosiddetti interrogatori preventivi, sono scattate altre dieci misure cautelari: per quattro indagati si sono aperte le porte del carcere, altri due sono finiti invece ai domiciliari. I carabinieri hanno poi eseguito tre obblighi di dimora e un obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. La vicenda è legata al maxi incendio nel deposito di rifiuti dell’impresa Omnia, avvenuto alle fine dello scorso gennaio nella periferia di Licata. Il rogo, domato soltanto dopo alcune settimane di incessanti operazioni, provocò un grave danno ambientale che impose al sindaco anche l’adozione di misure drastiche come la chiusura delle scuole cittadine. L’inchiesta, durata oltre dieci mesi, ha fatto luce non soltanto sull’incendio alla Omnia ma anche su uno spaccato di criminalità e violenza tra Ravanusa, Licata e Campobello di Licata.

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