La faida di Palma di Montechiaro, gli omicidi Rallo e Azzarello sono collegati: ecco perché
Nelle scorse settimane sono state depositate le motivazioni del provvedimento
Nove condanne, un’assoluzione, una posizione definita con il patteggiamento e un imputato ucciso nel corso del processo. Si è concluso in questo modo il primo capitolo giudiziario relativo all’inchiesta “Switch off”, l’indagine che ha fatto luce sulla faida di Palma di Montechiaro. I giudici della Corte di Assise di Agrigento, presieduta da Giuseppe Miceli, hanno pronunciato la sentenza il 18 luglio. Nelle scorse settimane sono state depositate le motivazioni del provvedimento. In oltre trecento pagine di dispositivo sono racchiuse, non soltanto le motivazioni alla base della nove condanne disposte dalla Corte di Assise di Agrigento, ma soprattutto la ricostruzione dei due fatti di sangue maturati in un contesto di assoluta omertà.
Scrivono i giudici: “Ovviamente non è questa la sede processuale in cui si deve accertare con efficacia di giudicato penale e relativa inflizione di pena chi sia stato l’effettivo autore o gli autori del ferimento mortale occorso ad Enrico Rallo la sera del 9 ottobre 2015. Dagli elementi di cui si dirà da qui a poco, però, ad ogni modo, è evidente che non poche persone possano aver, di fatto, creduto che Salvatore Azzarello non sia stato del tutto estraneo a tale grave evento delittuoso, a cominciare, peraltro, dai suoi più prossimi congiunti. Certo è che ciò che rileva effettivamente in questa sede, a ben vedere, non è tanto accertare ed affermare in maniera univoca chi sia stato in effetti ad uccidere Enrico Rallo quanto e soprattutto verificare se Ignazio Rallo abbia o meno fermamente creduto che a fare ciò sia stato proprio l’Azzarello ed abbia, quindi, così maturato nei suoi confronti i propositi di vendetta consacratisi nell’agguato del 22 agosto 2017: ed almeno su questo punto specifico (cioè di aver maturato propositi di vendetta personale da realizzare con l’uso di violenza fisica) ritiene questa Corte che al processo sia stata acquisita ampia prova in tal senso se non addirittura una vera e propria confessione da parte dello stesso imputati che, si ricordi, all’udienza del 15 dicembre 2022 ha reso il proprio esame e su domanda del difensore riferiva, tra l’altro, quanto segue: “Dopo un anno e mezzo circa (dalle prime indagini dell’omicidio del fratello) lo rivedo (al Castronovo) a Palma di Montechiaro che scendevo da Canicattì, Camastra, ci siamo messi a parlare e siamo andati al bar, dal bar gli ho fatto la domanda: “Ma non hai sentito più parlare di quella discussione?” “No, dice” “Rosario più la cosa va avanti più fanno silenzio” “Vabbè” ho detto “Però non meritava di morire cosi mio fratello”, mi sono alzato e gli ho detto queste parole “Se lo becca la polizia prima di me chi ha sparato a mio fratello buon per lui ma se lo becco prima io lo metto na seggia a rotelle” una parole del genere e me ne sono andato.” Ma procediamo con ordine. Enrico Rallo era uno dei diversi fratelli Rallo (tra cui Gaspare, Ignazio detto Rosario, Fabio, Giuseppina e Angela), alcuni dei quali, appunto, già noti alle forze dell’ordine per pregressi reati incentrati prevalentemente nell’ambito di quelli contro il patrimonio. Lo stesso, come si è già anticipato, subiva un feroce agguato nella notte tra il 9 ed il 10 ottobre 2015 nei pressi del bar Mazza a Palma di Montechiaro, occasione in cui veniva colpito da plurimi colpi di arma da fuoco calibro 6.35 ed a causa degli stessi, purtroppo, decedeva presso la struttura sanitaria dell’Ismett di Palermo in data 1 dicembre 2015. La iniziale ricostruzione del predetto agguato è stata effettuata in questo processo attraverso le dichiarazioni rese dai carabinieri del Nucleo Operativo Radiomobile della Compagnia di Licata. In particolare i carabinieri riferivano che Enrico Rallo e l’odierno imputato Giuseppe Rallo (omonimo o forse anche parente alla lontana dei predetti fratelli Rallo ma, comunque, molto vicino tanto da essere chiamato nipote da Enrico e cugino da Ignazio) il promeriggio del 9 novembre 2015 si erano recati a Palma di Montechiaro ove avevano un appuntamento con Angelo Castronovo al fine di trattare la vendita di un camion. Tale circostanza, assolutamente rilevante, era stata riferita alla polizia giudiziaria con estrema difficoltà e senza ulteriori riferimenti precisi dal “nipote” Giuseppe Rallo, presente ai fatti e per tutto il pomeriggio insieme ad Enrico e, quindi, certamente testimone oculare di cosa era successo il pomeriggio e la sera del 9 ottobre 2015. Ad ogni modo, grazie a diverse deposizione e dei verbali di sit rese da Giovanni e Giuseppe Mazza il 12 dicembre 2015 e 15 gennaio 2016 si è in qualche modo ricostruito il pomeriggio e la sera del suddetto 9 ottobre 2015. In sostanza i due Rallo si recavano da Licata a Palma di Montechiaro ove si incontravano con Angelo Castronovo (di cui, si noti bene, Giuseppe Rallo ometteva di riferire la presenza nel primo verbale e, addirittura, anche il nome nel secondo pur conoscendolo in foto) per la compravendita di un camion in sua proprietà ma intestato ad un terzo. Si recavano dal titolare che gestisce una agenzia di disbrigo pratiche a Palma di Montechiaro e li emergeva il problema dell’intestazione a terzi del camion. Quindi i due Rallo a quel punto si spostavano al bar Mazza ove in particolare Enrico iniziava a bere birre in attesa di un nuovo incontro con Angelo Castronovo che medio-tempore avrebbe dovuto risolvere il problema che era sorto per la cessione del camion. Il Castronovo però non solo non veniva più ma non si faceva sentire in alcun modo ed alla fine della sera, quando il bar chiudeva ed Enrico Rallo era già abbastanza ubriaco insieme a Giuseppe Virone, incontrato al bar, si stava recando a prendere la sua auto mentre Giuseppe Rallo, pare, lo attendesse dinanzi al bar allorché il primo veniva attinto da diversi colpi di arma da fuoco calibro 6.35. Il Virone riferiva di non aver visto chi avesse sparato e che lo stesso Enrico Rallo, ancora lucido e vigile benché ferito, si fosse allontanato dal luogo dell’attentato insieme a Giuseppe Rallo che prontamente recuperata l’auto dell’amico e lo accompagnava presso il pronto soccorso dell’ospedale di Licata ove lo stesso arriva ancora lucido e vigile ed ove veniva anche sentito nelle immediatezze dal maresciallo Gianfranco Antonuccio, inviato sul posto dalla sede centrale operativa, poco prima di essere trasferito a Palermo nella struttura sanitaria dell’Ismett ove doveva essere operato, intervento dal quale, però, non si riprendeva mai ed in esito al quale, infine, decedeva in data 1 dicembre 2015. A questo punto deve ribadirsi che Enrico Rallo è certamente giunto ancora cosciente all’ospedale di Licata posto che prima di essere trasferito a Palermo per essere condotto in sala operatoria ha interloquito con il maresciallo Antonuccio in ordine a chi fosse il responsabile dei colpi sparatogli e sul punto il maresciallo riferiva all’udienza del 5 maggio: “Andai al pronto soccorso e quando arrivai vista anche l’autorizzazione dei medici presenti e dei paramedici riuscivo a scambiare qualche parola con Enrico Rallo prima che fosse trasferito a Palermo e in tale contesto quello che disse in particolare fu che, alla mia richiesta chi fosse stato a sparargli, egli rispose parlate con mio nipote. Dopodiché sono stato bloccato dai sanitari e quindi..” E dato che l’unico parente presente al fatto e che ha avuto occasione di parlare con Enrico Rallo durante il suo trasporto in ospedale a Licata era proprio e solo Giuseppe Rallo appare evidente che l’indicazione offerta dal primo non poteva che riferirsi al secondo. Ciò premesso deve rilevarsi che, nonostante la sua presenza sui luoghi dei fatti, Giuseppe Rallo non ha mai fornito alcuna informazione utile e rilevante nè su quanto accaduto effettivamente al momento della sparatoria nè, soprattutto, su quanto rivelatogli da Enrico Rallo durante le fasi della corsa in auto e del ricovero presso l’ospedale di Licata. Nè il suddetto riferimento fatto da Enrico Rallo può essere ricondotto a Roberto Onolfo, il quale subito dopo il trasporto del primo all’ospedale di Licata si reca subito presso il predetto ospedale ed incontrava Rallo posto che il colloquio tra i due risulta essere avvenuto solo alla presenza degli stessi carabinieri tanto è vero che appena Enrico Rallo voleva fare qualche confidenza all’Onolfo lo stesso immediatamente lo interrompeva dicendogli, appunto, che c’erano i carabinieri. In effetti, deve rilevarsi che, a parere di questa Corte (e contrariamente a quanto sostenuto dal pm), non risulta acquisita agli atti una prova unica in ordine al fatto che Enrico Rallo abbia riconosciuto il soggetto che gli ha sparato la sera del 9 ottobre 2015 ed abbia, quindi, riferito il nome a Giuseppe Rallo o ad altri. Certo è però che lo stesso Enrico Rallo, qualcosa di rilevante da dire sul punto doveva certamente averla e ne ha comunque parlato con il nipote posto che in caso contrario era certamente più semplice riferire ai carabinieri di non aver visto nulla invece che invitarli a parlare con il nipote posto che in quelle condizioni è certo che nessuno avrebbe potuto sottoporlo ad interrogatorio. Quindi è assolutamente verosimile che qualche elemento sull’agguato subito Enrico Rallo lo abbia effettivamente fornito a Giuseppe Rallo. Ad ogni modo, si ribadisce, in questa sede non rileva chi abbia effettivamente sparato ad Enrico Rallo quanto piuttosto su chi siano caduti i sospetti in materia da parte dei familiari del Rallo. E sul punto deve ribadirsi che sono stati gli stessi familiari di Salvatore Azzarello a ritenere che l’autore della condotta sopra riferita era stato il loro suddetto congiunto, circostanza questa emersa nel corso delle conversazioni intercettate nell’ambito del procedimento dopo l’omicidio del suddetto Azzarello. Peraltro, proprio con riferimento ad entrambi gli omicidi di cui si tratta emergeva anche la figura di Angelo Castronovo in ordine al quale sia i membri della famiglia Rallo che quelli della famiglia Azzarello nel corso delle diverse conversazioni intercettate manifestavano evidenti segni di risentimento, additandolo spesso come colui che aveva tratto entrambe le vittime. E tali sospetti nascevano dal fatto che, quanto al primo omicidio, quello di Enrico Rallo, si ricordi, proprio Castronovo era stato il soggetto che aveva dato appuntamento alla vittima prima a Licata e poi, dopo la sosta nell’agenzia disbrigo pratiche, presso il bar Mazza, luogo ove poi si verificava la sparatoria: ed è lecito chiedersi, infatti, come abbia mai fatto l’ignoto autore di tale ferimento mortale a sapere che Rallo quel pomeriggio si trovava a Palma di Montechiaro (luogo di residenza di Azzarello) e non Licata e, peraltro, che nelle ore serali era fermo al bar Mazza ove aspettava inutilmente il Castronovo. Come si dirà, lo stesso Castronovo, peraltro, che durante una intercettazione metteva in evidenza come il fatto che l’omicidio del Rallo sia avvenuto proprio in quelle circostanze è certamente un fatto che faceva nascere grandi sospetti nei suoi confronti e che qualcuno potesse anche non averlo rispettato così facendo. In riferimento, invece, all’omicidio di Salvatore Azzarello, si vedrà come lo stesso Castronovo riferiva alla polizia giudiziaria che il giorno prima del 22 agosto 2017 lui aveva incontrato Salvatore Azzarello ed aveva saputo del lavoro che doveva svolgere l’indomani. Per cui, francamente, appare di certo non del tutto immotivato il sospetto dei familiari dell’Azzarello secondo cui il Castronovo, verosimilmente per sgravarsi delle precedenti accuse mosse dai familiari di Enrico Rallo in ordina al suo ruolo per la sparatoria di quest’ultimo, possa aver fornito proprio a Ignazio Rallo eventuali indicazioni sulla posizione della vittima designata il giorno dei fatti. Certo è che l’acredine dell’intera famiglia Azzarello nei confronti del Castronovo per il suo ambiguo ruolo emerge ampiamente nelle conversazioni intercettate. Peraltro, i familiari dell’Azzarello manifestano anche una pregressa disistima nei confronti del Castronovo che lo stesso Salvatore Azzarello frequentava nonostante l’avversità dei parenti. ciò emerge chiaramente in primo luogo dall’intercettazione ambientale captata sull’autovettura in uso a Giuseppe Azzarello il 24 ottobre 2017. In detta occasione i dialoganti sono stati individuati dalla polizia giudiziaria negli odierni imputati Giuseppe Azzarello, figlio di Salvatore, e Carmelo Pace, anche lui molto amico del padre, i quali, appunto, si lamentavano del fatto che Salvatore Azzarello non avesse mai dato loro retta continuando a frequentare Angelo Castronovo. Nel medesimo contesto, Pace esprimeva, in particolare, il suo rammarico per non essere riuscito ad evitare qualcosa che, in qualche modo, ha poi influito sul decesso dell’Azzarello che si sarebbe evitato se c’era lui: “Basta più io mi dovevano ammazzare quando mi è capitata questa cosa che.. non ci arrivavano li con me. Pace, quindi, lasciava intendere di non conoscere il motivo preciso per cui era stato ucciso Salvatore Azzarello, ma di essere comunque convinto che fosse maturato per qualcosa che aveva a che fare con il camion e, comunque, con Angelo Castronovo in relazione al quale esortava il giovane Azzarello a non avere alcun rapporto con quest’ultimo: “Ogni tanto vado a sparare che minchia ne so, bravo, questo disgraziato.. visto che so ca tu non mi tradisci.. questo disgraziato pure.. che non ci voglio avere a che fare.. stagli lontano.. tu questa è stata la scintilla che tu non ci devi avvicinare più lì.. né per camion né per niente, perché lo so che non mi tradisce..”. Ad ogni modo, la diffidenza della famiglia Azzarello nei confronti di Angelo Castronovo quale possibile traditore del loro congiunto si acuiva di giorno in giorni in particolare in capo a Giuseppe Azzarello, padre di Salvatore, così come emerge dalla seguente intercettazione. Deve premettersi che il 31 ottobre 2017 Angelo Castronovo veniva invitato presso gli uffici del Nucleo Operativo dei Carabinieri di Licata, questa volta unitamente proprio a Giuseppe Azzarello (padre del defunto) e Carmelo Pace. Proprio il Pace e Giuseppe Azzarello (cl.98), nipote del primo, conducevano l’anziano congiunto presso tali uffici ed appena entrato in auto il nonno, gli altri due tentavano di istruire lo stesso su cosa doveva dire durante il suo esame invitandolo a limitarsi quanto più possibile nel parlare con gli investigatori. A tale richiesta, Giuseppe Azzarello opponeva tutta la sua resistenza, affermando che certe cose non le poteva più tenere dentro lo stomaco, esternando al sua condizione sul coinvolgimento di Angelo Castronovo nell’omicidio dei figlio. Giuseppe Azzarello (cl.98) invitava tutti a riferire agli investigatori di conoscere il Castronovo solo in quanto loro vicino di casa, tuttavia, il nonno Giuseppe continuava a parlare di Castronovo come di persona da tenere lontano, facendo intuire che tale consiglio lo aveva rivolto anche al figlio defunto, che non lo aveva ascoltato. A riprova delle sue asserzioni il nonno Giuseppe Azzarello raccontava ai presenti che nel corso della strage di mafia verificatasi a Palma di Montechiaro al bar 2000 (il 31 dicembre 1991) tra gli obiettivi dei killers che agirono vi era anche Angelo Castronovo, il quale se la cavò rimanendo solo ferito. Parlando, quindi, dell’omicidio del figlio, l’Azzarello faceva un parallelismo con la citata strage, in cui gli assassini sarebbero stati guidati da qualcuno: poiché la presenza di Salvatore Azzarello nella località in cui veniva ucciso era occasionale e nota solo a poche persone, in questa occasione, gli assassini sarebbero stati guidati da Angelo Castronovo, così, secondo il padre, “se lo è tolto di mezzo”. Giova a questo punto rilevare che la conferma della causa scatenante dei due omicidi in questione veniva, in qualche modo, confermata dallo stesso Angelo Castronovo nel verbale di sit rese in data 31 ottobre 2017. Angelo Castronovo, sentito a sommarie informazioni dai carabinieri di Licata sull’omicidio Azzarello, faceva lui stesso un collegamento diretto tra tale vicenda e quella relativa al ferimento mortale di Enrico Rallo. Senza che gli venisse chiesto nulla al riguardo, infatti, Angelo Castgronovo raccontava una sua versione di quel furto verificatosi anni addietro ai danni di Salvatore Azzarello che lui stesso attribuiva, in sostanza, ai fratello Rallo ribadendo ovviamente la propria estraneità sia all’omicidio di Enrico Rallo, fornendo peraltro una versione differente rispetto a quella già fornita in precedenza, che di Salvatore Azzarello di cui si dichiarava amico, confermando, peraltro, di averlo incontrato la sera prima del 22 agosto e di essersi lasciato con l’impegnò di rivedersi l’indomani quando questi avesse fatto ritorno dal lavoro pur se negava di sapere in quale luogo lo stesso doveva andare a lavorare. Castronovo veniva risentito il 14 dicembre 2017 ed in tale occasione forniva, tra l’altro, alcune precisazioni assolutamente rilevanti in relazione al delitto Azzarello. In primo luogo riferiva che la sera prima dell’omicidio quando aveva incontrato l’Azzarello al bar lo stesso gli aveva espressamente riferito che l’indomani doveva andare a fare un lavoro in contrada Burrainito tra Agrigento e Naro e, peraltro, aveva anche parlato del fatto che il proprietario del fondo era un favarese e non un palmese e che il lavoro l’Azzarello lo aveva avuto tramite terzi. Quindi è certo per sua stessa ammissione che il Castronovo sapeva già la sera prima dove doveva andare a lavorare la mattina del 22 agosto l’amico Azzarello. Inoltre, il Castronovo riferiva una ulteriore circostanza di assoluto rilievo quanto all’imputato Ignazio Rallo, confermando, in primo luogo, che con lo stesso aveva avuto più incontri sia prima che dopo l’omicidio Azzarello. Aggiungeva poi, che solo dopo l’omicidio avrebbe ricevuto una confidenza da Giuseppe Azzarello, figlio di Salvatore, secondo cui “quest’ultimo ultimamente era cauto e diffidente perché temeva per la sua vita”. Rilevante appare pure anche l’episodio dell’avvistamento, nei pressi della sua tenuta, di una Jeep che sostava per circa dieci minuti, che secondo Castronovo poteva essere proprio quella data alle fiamme il giorno dell’omicidio di Salvatore Azzarello. Incontro e dialogo questo con Ignazio Rallo che lo stesso imputato ha sostanzialmente, di fatto, pienamente confermato nel corso del suo esame all’udienza del 15 dicembre 2022. Singolare è la stessa datazione dell’incontro effettuata dal Rallo (dopo un anno e mezzo circo dal decesso del fratello) che coincide, quasi, perfettamente, con i quindici giorni prima dell’omicidio Azzarello riferiti dal Castronovo: per cui appare, francamente assolutamente certo, che Ignazio Rallo anche a distanza di ben venti mesi dalla morte del fratello ancora nutriva evidenti malsani propositi di vendetta verso il suo feritore tanto è vero che “Se lo becca la polizia prima di me chi ha sparato a mio fratello buon per lui ma se lo becco prima io lo metto na seggia a rotelle”. E singolare appare anche che tratti di questo argomento proprio con il Castronovo, quasi a imporgli una sua collaborazione nei propri propositi di vendetta, atteso che verso il Castronovo non sembrano del tutto infondati i sospetti in ordine ad un suo possibile coinvolgimento nella stessa preparazione dell’omicidio di Enrico Rallo che, si ricordi, proprio quella sera si era recato a Palma di Montechiaro per incontrare, guarda caso, proprio Angelo Castronovo con cui aveva un preciso appuntamento e che poi, nella seconda parte della serata, scomparsa senza farsi più trovare al telefono dal predetto Rallo.“