Giudiziaria

Il femminicidio di Lorena Quaranta, la Cassazione: “Valutare le attenuanti generiche”

I giudici dovranno valutare se riconoscere (o meno) all’imputato le attenuanti generiche

Pubblicato 4 mesi fa

La prima sezione della Cassazione ha disposto l’annullamento con rinvio, limitatamente all’eventuale applicabilità delle attenuanti generiche, della sentenza di condanna all’ergastolo nei confronti di Antonio De Pace, l’infermiere calabrese che il 31 marzo 2020 ha ucciso la fidanzata Lorena Quaranta. I giudici ermellini, dunque, hanno disposto un nuovo processo che si celebrerà davanti altra sezione della Corte di Assise di Appello di Messina. I giudici dovranno valutare se riconoscere (o meno) all’imputato le attenuanti generiche.

De Pace è stato condannato in primo e secondo grado all’ergastolo. Il 32enne, che ha confessato l’omicidio di Lorena Quaranta, punta chiaramente alla revoca dell’ergastolo. Uno spiraglio che era stato aperto dalla stessa Procura generale quando, nel giudizio di secondo grado, aveva chiesto l’applicazione delle attenuanti generiche in favore dell’imputato. La difesa dell’imputato aveva sostenuto, tra i motivi del ricorso, anche l’infermità mentale del 32enne e, in particolare, la presenza nel De Pace di Disturbo Psicotico Breve, vale a dire uno scompenso grave che insorge in un breve periodo di tempo in persone con una predisposizione psicopatologica in risposta ad un evento stressante. Una circostanza che però gli stessi giudici di secondo grado hanno escluso, come si legge nelle motivazioni della sentenza: “Correttamente, dunque, il primo giudice ha ritenuto che il contributo tecnico offerto dal perito meritasse integrale condivisione e che sulla scorta di esso si dovesse escludere, oltre ogni ragionevole dubbio, che l’imputato si fosse trovato, al momento della commissione del delitto, per infermità, in uno stato di mente tale da escludere, o scemare grandemente, la sua capacità di intendere e volere”.

Lorena Quaranta, giovane studentessa di Favara, viene uccisa da Antonio De Pace la notte del 31 marzo 2020 in un appartamento di Furci Siculo che i due giovani condividevano. È stato lo stesso infermiere calabrese a chiamare i carabinieri al telefono: “Venite, ho ucciso la mia fidanzata”. Il movente non è mai stato del tutto chiaro. De Pace ha infatti sostenuto, almeno nelle prime fasi delle indagini, di avere ucciso Lorena perché convinto di aver contratto il Covid-19 a causa sua. Una circostanza poco credibile e smentita immediatamente grazie ai successivi esami effettuati. I familiari di Lorena si sono costituiti parte civile rappresentati dall’avvocato Giuseppe Barba così come il centro antiviolenza “Una di Noi” e  “Cedav”, rappresentati dagli avvocati Cettina Masi e Maria Gianquinto. L’imputato è difeso dagli avvocati Salvatore Staiano e Bruno Ganino.

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