Giudiziaria

Il femminicidio di Lorena e l’ergastolo al fidanzato: “Nessun pentimento, troppo rilievo allo stress da Covid”

Per i giudici che gli hanno inflitto l'ergastolo "I suoi “non ricordo” senza alcun pentimento non consentono alcuna benevola considerazione”

Pubblicato 19 ore fa

“La Corte non ravvisa nella condotta tenuta dall’imputato prima, durante e dopo il grave fatto omicidiario alcun elemento di carattere positivo in grado di influenzare la determinazione della pena”. Sono state depositate nelle scorse settimane le motivazioni della sentenza di condanna all’ergastolo nei confronti di Antonio De Pace, l’infermiere calabrese che la sera del 31 marzo 2020 ha ucciso Lorena Quaranta. 

La Corte di assise di appello, dopo che la Cassazione aveva annullato la precedente condanna, era chiamata a decidere sull’eventuale concessione delle attenuanti generiche all’imputato e, in particolare, se ed in quale misura lo stress causato dalla pandemia avesse influito sulla sua responsabilità. I giudici, confermando il carcere a vita per De Pace, non soltanto non hanno concesso le attenuanti ma hanno anche demolito il tanto noto costrutto secondo il quale l’imputato avrebbe agito per una presunta paura da contagio. Scrive la Corte: “Ritiene questo Collegio che forse troppo rilievo è stato dato a questo aspetto (alla paura di contagio) a fronte di elementi che depongono in senso contrario, quali l’incontro con l’amico il giorno prima, l’abbraccio con la fidanzata al suo rientro, la cena consumata insieme e finanche il film insieme sotto le coperte. Questi descritti sono tutti comportamenti che ridimensionano la portata dello stress da Covid di cui era portatore l’imputato”

Per i giudici della Corte di assise di appello, inoltre, il comportamento tenuto dal De Pace – prima, durante e dopo l’omicidio della fidanzata – non lascia alcuno spazio ad una positiva considerazione. All’imputato, oltre all’efferatezza del delitto commesso, viene contestato il fatto di non aver mai collaborato del tutto: “Questo comportamento mal si concilia con una resipiscenza mai manifestata quasi a non comprendere appieno il disvalore del fatto in sé aggravato dall’esistenza di un rapporto sentimentale – si legge nella sentenza – Ed in vero il De Pace non ha acconsentito ad alcuna delle persone e dei sanitari con i quali ha avuto colloqui di comprendere quello che è accaduto la notte in cui si è consumato l’omicidio. I suoi “non ricordo”, senza alcun pentimento non consentono alcuna benevola considerazione”.

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