Giudiziaria

“Estorsioni mafiose a Licata”, al via udienza preliminare in attesa dell’estradizione di Stracuzzi 

L’imprenditore, arrestato lo scorso agosto ad Hammamet dopo un breve periodo di latitanza, si trova ancora in Tunisia in attesa dell’estradizione

Pubblicato 16 ore fa

Bisognerà attendere ancora un paio di mesi per entrare nel vivo dell’udienza preliminare a carico di Angelo Stracuzzi, l’imprenditore licatese finito al centro di una delicata inchiesta su un giro di estorsioni mafiose compiute tra Agrigento e Licata. L’uomo, arrestato lo scorso agosto ad Hammamet dopo un breve periodo di latitanza, si trova ancora in Tunisia in attesa dell’estradizione. È quanto emerso questa mattina in aula a margine del procedimento che si sta celebrando davanti il gup del tribunale di Palermo, Carmen Salustro. Il giudice ha così rinviato tutto al prossimo 4 dicembre quando, verosimilmente, l’imprenditore sarà nuovamente in Italia e parteciperà all’udienza.

La Direzione Distrettuale Antimafia – con il procuratore aggiunto Sergio Demontis e i sostituti Claudio Camilleri e Francesca Dessì – ha chiesto lo scorso febbraio il rinvio a giudizio di Stracuzzi, della moglie Rita Nogara, 51 anni di Licata (a cui erano state sequestrate tre società ritenute in realtà del marito), e dell’imprenditore favarese Giuseppe Pullara, 76 anni. Stracuzzi è ritenuto il dominus dell’intera inchiesta, ritenuto protagonista di una serie di giravolte finanziarie – con lo scopo di sottrarsi da eventuali provvedimenti di sequestro – nonché di estorsioni e turbata libertà degli incanti al fine di agevolare la Stidda agrigentina. 

All’imprenditore vengono contestate due estorsioni: la prima in concorso con l’imprenditore Pullara nei confronti di una ditta che si occupa di rifiuti; la seconda, questa volta in concorso con lo stiddaro Giuseppe Chiazza, Giuseppe Manazza e Rosario Patti (giudicati separatamente), relativa ad alcuni terreni in contrada Mola Cotugno a Licata. Sempre a Stracuzzi, questa volta in concorso con la moglie Rita Giovanna Nogara, viene poi contestato il reato di trasferimento fraudolento di valori. In particolare, secondo gli inquirenti, avrebbe usato la coniuge come prestanome per evitare (senza successo) di farsi sequestrare beni a lui riconducibili. E, nello specifico, le quote sociali della “Savap tecnologie srl”, della “Ortoplast srl”, della “Giò srl”; della “Madreterra srl”.

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