36 anni dopo la morte del magistrato Chinnici, la figlia Caterina: “Mio padre lasciato solo”
A Palermo questa mattina in via Pipitone Federico e’ stata deposta una corona d’alloro a 36 anni dalla strage in cui con un’autobomba vennero uccisi il giudice Rocco Chinnici, i carabinieri di scorta, maresciallo Mario Trapassi e l’appuntato Salvatore Bartolotta, e il portiere dello stabile Stefano Li Sacchi. Alla cerimonia hanno preso parte, tra gli […]
A Palermo questa mattina in via Pipitone Federico e’ stata deposta una corona d’alloro a 36 anni dalla strage in cui con un’autobomba vennero uccisi il giudice Rocco Chinnici, i carabinieri di scorta, maresciallo Mario Trapassi e l’appuntato Salvatore Bartolotta, e il portiere dello stabile Stefano Li Sacchi.
Alla cerimonia hanno preso parte, tra gli altri, il comandante interregionale dei carabinieri Culqualber, generale di corpo d’armata Luigi Robusto, il comandante della legione carabinieri Sicilia, generale di divisione Giovanni Cataldo, l’assessore regionale all’Istruzione, Roberto Lagalla, il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, la figlia del giudice, Caterina Chinnici e familiari delle altre vittime tra cui Vincenzo, il padre del poliziotto Nino Agostino, il prefetto Antonella De Miro, il questore, Renato Cortese, e i ragazzi di Libera.
“Per noi familiari ogni anniversario ha un significato particolare”. Lo ha detto Caterina Chinnici, figlia di Rocco, magistrato ucciso dalla mafia 36 anni fa. “Quello che segna di piu’ questo anniversario viene dalla audizione di Paolo Borsellino che e’ stata pubblicata dalla commissione nazionale antimafia: Borsellino sottolineava la solitudine nella quale quei magistrati hanno lavorato, le istituzioni erano lontane – ha aggiunto a margine della celebrazione della strage di via Pipitone Federico, a Palermo -. Non comprendevano la difficolta’ di quel lavoro, la gravita’ di quei fatti di mafia. Se Borsellino alla fine degli anni 80 parla di quella solitudine, oggi e’ possibile comprendere meglio la solitudine di mio padre che lavorava ai fatti di mafia quando ancora di mafia non si parlava neanche negli ambienti giudiziari e quando ancora non vi era quella sollecitazione delle coscienze di cui tanto parlava mio padre e per la quale andava soprattutto nelle scuole, ma che si e’ avviata dopo la scomparsa di Falcone e Borsellino. Quindi oggi quel sacrificio adesso appare come un segnale” –
“La comunità siciliana ha il dovere di conservare la memoria e di essere grata e riconoscente a un valoroso uomo delle Istituzioni quale Rocco Chinnici e’ stato. Antesignano della lotta alla mafia, seppe intuire le capacità eccezionali di due giovani colleghi, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, chiamandoli accanto a sé. Oltre a comprendere che era necessario un lavoro di squadra. E fu proprio grazie al suo intuito che é stata scritta una pagina indelebile nella storia del contrasto alla criminalità, con la creazione del primo pool antimafia”. Lo dice il presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci. “Quel sistema virtuoso di investigazioni – prosegue il governatore – ha, infatti, consentito allo Stato di avere una conoscenza approfondita del fenomeno mafioso, primo passo fondamentale per un’opera di contrasto e repressione efficace. Anche se spesso isolato e deriso, dai suoi stessi colleghi, Chinnici credeva fino in fondo nella legalità e nella giustizia e ha sacrificato la propria vita per difenderle. Ecco perché, al di là della ricorrenza odierna, abbiamo il dovere di non dimenticarlo”.