Apertura

Tangenti all’Irfis? A 10 anni dai fatti udienza “ferma” ancora alle questioni preliminari 

L’inchiesta rappresenta la “costola palermitana” della nota operazione Giano Bifronte, eseguita nel 2017 dalla Guardia di Finanza di Agrigento

Pubblicato 1 giorno fa

A dieci anni di distanza dai fatti contestati, e a due dalla richiesta di rinvio a giudizio, l’udienza è ferma ancora a questioni preliminari legate all’utilizzo (o meno) delle intercettazioni. Bisognerà attendere almeno un altro mese per uscire dall’impasse in cui è finito il procedimento a carico di un funzionario dell’Irfis, un consulente del lavoro di Favara e quattro imprenditori agrigentini. Per tutti la procura di Palermo, con il procuratore aggiunto Annamaria Picozzi e il sostituto procuratore Claudia Ferrari, ha chiesto il rinvio a giudizio.

L’inchiesta rappresenta la “costola palermitana” della nota operazione Giano Bifronte, eseguita nel 2017 dalla Guardia di Finanza di Agrigento. L’accusa ipotizza un giro di tangenti all’Irfis, la società che si occupa di finanziare le piccole e medio imprese il cui azionista unico è la Regione Siciliana, mascherate da presunte consulenze professionali al fine di ottenere finanziamenti pubblici per le proprie aziende. Il reato contestato è corruzione aggravata in concorso e i fatti risalgono al biennio 2014-15. A rischiare il processo sono in sei: Paolo Minafò, 59 anni, funzionario dell’Irfis; Antonio Vetro, 56 anni, consulente del lavoro di Favara; Giovanni Chianetta, 52 anni, amministratore dell’omonima società; Francesco Iacolino, 64 anni, amministratore della Soitek Srl; Angelo Incorvaia, 63 anni e Valerio Peritore, 58 anni, amministratori della Omnia Srl. Al centro dell’udienza di questa mattina ci sono state le intercettazioni molte delle quali, secondo la difesa, non sarebbero utilizzabili. Il gip Antonella Consiglio si è riservata sul punto e deciderà il prossimo 12 maggio.

I personaggi chiave dell’inchiesta sono il funzionario dell’Irfis Paolo Minafò e il consulente del lavoro Antonio Vetro. Secondo la procura di Palermo sarebbero gli ideatori di un sistema di corruzione che permetteva di incassare tangenti per “sistemare” le pratiche mediante l’uso di una società di consulenze – la Intersystem srl – di cui Vetro era l’amministratore di fatto e Minafò il socio occulto. Gli imprenditori agrigentini, al fine di ottenere i finanziamenti, avrebbero dunque pagato somme di denaro – circa 78 mila euro complessivi – che venivano corrisposte alla società di consulenza. Per la procura di Palermo, quelle elargizioni, non erano consulenze ma tangenti. Nel collegio difensivo gli avvocati Salvatore Cusumano, Gioacchino Genchi, Antonino Gaziano, Francesco Gibilaro e Rocco Gullo. 

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *