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Satira e umorismo nella città di Pirandello: la libertà di Fofò

Intervista di Diego Romeo al creatore di "Satira Agrigentina" Alfonso Cartannilica

Pubblicato 2 anni fa

Cosa più  ti affligge di questa nostra città?

“Mi affligge il fatto che, ancora nel 2022, sono costretto a ripetere che la libertà di satira è sacra, che è garantita dalla Costituzione Italiana e che è un valore aggiunto per una comunità. Mi affligge anche la rassegnazione di tanti agrigentini verso i gravi problemi irrisolti della nostra città, ormai abbiamo alzato così tanto l’asticella di sopportazione che accettiamo ogni ingiustizia subita”.

Le risposte e l’accoglienza alla tua “satira agrigentina” denotano una città consapevole o ancora sotto vassallaggio?

“L’affetto e il seguito di cui gode la mia satira dimostrano che tanti agrigentini la vedono come una “terapia” per convivere con gli atavici problemi di Agrigento e un’occasione per manifestare il loro dissenso per tutto quello che non funziona e che diventa obiettivo della stessa satira. Purtroppo questa voglia di rivalsa scompare in cabina elettorale, ogni volta che gli agrigentini sono chiamati a votare. Fino a quando non cambierà la mentalità della maggior parte degli agrigentini e il loro modo di votare, la città non farà mai quel salto di qualità che meriterebbe”.

La satira è quasi sempre una forma di “avvertimento” e del resto l’umorismo par sorriso ed è dolore. Spesso, per ignoranza della nostra mentalità la si  legge come un “avvertimento mafioso”.

“La satira è uno strumento utile che consente di veicolare un messaggio e di far riflettere su un qualsiasi problema, utilizzando l’arma dell’ironia. È anche un modo per esercitare la libertà di manifestazione del pensiero, in una terra come la nostra dove, troppo spesso, si ha quasi timore a esprimere la propria opinione, come se qualcuno dovesse concederci la libertà di farlo. Non l’ho mai utilizzata per lanciare avvertimenti o messaggi intimidatori di nessun tipo. Chiunque può controllare che la mia satira è stata sempre graffiante fin da quando ho iniziato a farla e durante le varie sindacature che, nel frattempo, si sono succedute ad Agrigento. È chiaro che avrei potuto sfruttare la visibilità che mi ha dato per altri scopi ma non l’ho mai fatto perché non mi sono mai lasciato strumentalizzare da nessuno”.

Forattini in una sua vignetta decapitò il “pene-matita” di Eugenio Scalfari e ritrasse in pantofole e in vestaglia mattutina un Enrico Berlinguer che guardava uno sciopero dalla sua finestra. Forattini fu costretto a lasciare Repubblica. Tu che conseguenze ti immagini?

Giorgio Forattini è stato un pioniere della satira in Italia e resta un maestro per chiunque si cimenti in questo campo. Nel mio piccolo, ho sdoganato la satira locale ad Agrigento e vorrei soltanto avere la possibilità di continuare a farla, in piena libertà e senza dover perdere tempo a difendere la libertà di cui gode, tra l’altro non è mai offensiva o volgare anche se la satira potrebbe esserlo”.

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