Mafia, sequestrate le società del collaboratore di giustizia Ignazio Gagliardo
E’ stato un pentito di rilievo Ignazio Gagliardo, 60enne, il primo a rivelare i segreti di Cosa nostra e Stidda di Racalmuto
La Polizia di Stato di Latina ha dato esecuzione ieri a un sequestro preventivo disposto dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Roma di due società che operano nel campo dell’edilizia. L’attività costituisce il seguito dell’esecuzione delle misure cautelari eseguite dagli agenti della Squadra Mobile l’11 luglio scorso per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, nei confronti di cinque persone collegate in diverso modo, secondo gli investigatori, ad associazioni criminali locali, campane e siciliane, scaturita dalla denuncia di un cittadino che si era aggiudicato all’asta un appartamento sito nel quartiere Campo Boario di Latina.
Tra i destinatari della misura cautelare Ferdinando Di Silvio detto Gianni, Ignazio Gagliardo, nonché i familiari di uno dei soggetti condannati per l’omicidio avvenuto a Terracina il 23 agosto 2012 del boss della camorra Gaetano Marino, detto Moncherino McKey: Patrizia Balestrieri di Latina e Paolo Vecchietti. Divieto di dimora invece per la sorella della Balestrieri, Lucia. Proprio analizzando la condizione patrimoniale dell’uomo appartenuto alla mafia agrigentina, gli agenti specializzati della Sezione Criminalità Organizzata della Squadra Mobile, hanno assunto indizi in ordine all’intestazione fittizia aggravato dal metodo mafioso di due società che attualmente operano nel campo dell’edilizia, ossia la “Professionals at work s.r.l.” e “Edil Gallo s.r.l.s.”, con sedi a Roma, avviate attraverso prestanome al fine di poter svolgere lavori in virtù del Superbonus 110%. L’intestazione fittizia delle società si era resa necessaria per mascherare la condizione dell’effettivo titolare, noto per associazione di tipo mafioso, che gli avrebbe impedito di ottenere i benefici previsti dalla normativa, nonché evitare di incorrere in eventuali sequestri di carattere patrimoniale. È in corso di quantificazione l’effettivo ammontare del patrimonio aziendale, che ha fatto registrare un volume d’affari per gli anni 2021/2022/2023 di oltre un milione e mezzo di euro.
Dal silenzio più totale Gagliardo è ricomparso, balzando agli onori della cronaca, prepotentemente adesso per una brutta vicenda, una tentata estorsione aggravata commessa con modalità mafiose per l’aggiudicazione di un immobile all’asta. E’ stato un pentito di rilievo Ignazio Gagliardo, 60enne, il primo a rivelare i segreti di Cosa nostra e Stidda di Racalmuto, legatissimo (a delinquere) a Maurizio Di Gati, capo della famiglia mafiosa dell’intera provincia agrigentina, divenuto pentito anche lui. Ignazio Gagliardo si consegnò al personale della Squadra mobile di Agrigento il 20 agosto del 2004 appena atterrato in aeroporto a Catania. Aveva già trascorso diversi anni da latitante ed aveva trovato riparo in Sudafrica dove – ha raccontato agli inquirenti – aveva vissuto senza problemi conducendo una vita agiata. La decisione di pentirsi la prese dopo aver appreso che la moglie era gravemente malata. Per consentire cure adeguate, che in Sudafrica non potevano essere garantite, preferì rientrare in Italia, farsi arrestare e lasciare nelle mani di medici italiani la consorte. In verità, il racalmutese cominciò a collaborare con la giustizia due anni dopo il suo arresto maturando tale decisione lentamente e da recluso.
Le sue dichiarazioni, arrivate prima del pentimento di Maurizio Di Gati e del fratello Beniamino, tracciarono le linee guida che consentirono agli investigatori di scoprire compiutamente la guerra tra mafia e stidda che ebbe proprio in Gagliardo uno dei protagonisti principali. Gagliardo svelò le trame e le strategie dei due gruppi criminali contrapposti e pagò in prima persona un prezzo altissimo con l’uccisione del fratello Salvatore in occasione della prima strage di Racalmuto. Accusato di innumerevoli reati tra cui l’omicidio e l’associazione mafiosa, Ignazio Gagliardo entrò nel programma di protezione, scontò la sua pena, che era stata sensibilmente ridotta grazie ai benefici delle leggi premiali per i collaboratori di giustizia, tornando ad essere un uomo libero. Recentemente, lo scorso aprile, grazie alle sue dichiarazioni ha fatto condannare per mafia un importante imprenditore Calogero Romano, 68 anni, di Racalmuto, per concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo l’impianto accusatorio, avrebbe stretto un patto con l’allora esponente di Cosa nostra Ignazio Gagliardo, dipendente della sua ditta ed ex braccio destro del capomafia Maurizio Di Gati. Un patto che sarebbe durato fino al 2006, anno in cui Gagliardo decise di collaborare con la giustizia. Oltre la condanna Romano ha avuto sequestrato beni per 120 milioni di euro. Da molto tempo, tuttavia, il racalmutese non ha più fatto parlare di sé tranne in un caso e per via indiretta. Il fratello Luigi, nel maggio del 2012, uccise, forse in preda ad un raptus, padre e madre: Antonino Gagliardo, 82 anni, e Rosa Amore, 74 anni. Poi, Luigi Gagliardo, si tolse la vita.