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Mafia, depositata sentenza Xidy: “Attiva partecipazione in Cosa nostra dell’avv. Porcello”

Depositate le motivazioni della sentenza Xidy sul mandamento mafioso di Canicattì

Pubblicato 2 anni fa

Quindici condanne e cinque assoluzioni. A distanza di cinque mesi dal verdetto di primo grado sono state depositate le motivazioni della sentenza del processo (rito abbreviato) scaturito dalla maxi operazione Xidy, una indagine della Dda di Palermo che ha fatto lue sul mandamento mafioso di Canicattì e sulla riorganizzazione della stidda in provincia di Agrigento. L’inchiesta decapitò l’intero vertice del mandamento facendo finire in carcere esponenti di primo piano delle famiglie mafiose agrigentine. Tra le persone coinvolte un ruolo di primo piano lo ha avuto l’avvocato Angela Porcello, ex penalista, condannata in primo grado a 15 anni e 4 mesi di reclusione. 

Sulla figura dell’ex professionista si è così pronunciato il giudice per l’udienza preliminare Paolo Magro: “Evidente e difussissimo, in ogni caso, il di lei contributo associativo, che si è apprezzato attraverso la sua attiva e continuativa partecipazione al sodalizio criminale, contribuendo alla sua perpetuazione e al suo rafforzamento. Ciò appare ancora più significativo in relazione al dato che Porcello abbia sistematicamente asservito il proprio ruolo, di avvocato,  funzione che ha certa rilevanza costituzionale, essendo posta a presidio dei diritti individuali, di democraticità e di funzionamento dello stato di diritto, mettendo a disposizione il proprio studio legale quale base operativa e persino tentando di deviare le investigazioni celando dietro chiamate espletate nell’àmbito della propria funzione (e, talvolta, del proprio mandato) delle vere e proprie convocazioni di riunioni mafiose.

La sentenza di primo grado accerta, dunque, la partecipazione in Cosa nostra dell’ex avvocato anche se non con un ruolo di vertice: “Va detto, conformemente ai rilievi avanzati dalla Difesa in sede di discussione, come non si abbia avuta prova dell’apicalità dell’imputata, non potendosi escludere – sulla scorta del tenore delle conversazioni – che questa si sia limitato a operare come diretta promanazione di Buggea, non partecipando ai momenti topici delle riunioni che ella, di tutta evidenza, provvedeva a convocare in esecuzione di un ordine (viceversa, vi avrebbe partecipato in prima persona). Non può, infatti, non evidenziarsi come l’imputata non si ponesse in un piano di parità con Buggea, Boncori, Di Caro e Sicilia, non concorrendo alle decisioni più importanti afferenti al gruppo ma limitandosi a commentare e a fornire supporto anche in termini di pareri legali lato sensu intesi.”

L’ex legale, dopo il suo arresto, ha anche provato a intraprendere un percorso di collaborazione con l’autorità giudiziaria che però non è stato accolto. Sul punto il giudice scrive: “Invero, in tale solidissimo quadro probatorio si inseriscono le modeste, in termini di rilevanza probatoria, affermazioni dell’imputata, che altro non ha se non ammettere l’ovvio.”

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