L’omicidio del giudice Livatino, gli ergastoli e i permessi premio: così è rinata la Stidda
Tra gli imputati del processo Xidy anche due ergastolani in semilibertà che hanno beneficiato di permessi premio: c’è anche il mandante dell’omicidio del giudice Livatino
Condannati all’ergastolo per efferati omicidi, premiati con alcuni permessi e tornati anche in semilibertà in nome di un presunto ravvedimento. La realtà, secondo quanto emerso dall’inchiesta Xidy, sarebbe stata ben diversa. Nessun reinserimento nella società o, per meglio dire, in quella civile. Ma nella Stidda sì, a prendere di nuovo le redini di quell’organizzazione che – dopo aver messo a ferro e fuoco un’intera provincia lasciando una lunga scia di sangue e morti – sembrava ormai sconfitta e sepolta.
Lo ha sostenuto anche questa mattina il pm della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, Claudio Camilleri, nella requisitoria del processo Xidy al margine della quale ha chiesto la condanna di nove imputati nello stralcio ordinario. Tra loro ci sono anche due nomi di peso della Stidda agrigentina. Si tratta di Antonio Gallea e Santo Gioacchino Rinallo. Il pm ha chiesto 20 anni di reclusione per il primo e 25 anni di carcere nei confronti del secondo. Possono due persone condannate al carcere a vita, anche per omicidi di uomini dello Stato come il giudice Rosario Livatino, tornare a muovere le fila della Stidda? Per gli inquirenti si. Gallea e Rinallo, ormai da tempo, condividono un simile cammino giudiziario così come la storia criminale.
I PERMESSI PREMIO AL MANDANTE DELL’OMICIDIO LIVATINO, FACEVA VOLONTARIATO
Antonino Gallea è stato condannato in via definitiva all’ergastolo per associazione mafiosa e per essere stato uno dei mandanti dell’omicidio del giudice Rosario Livatino, ucciso il 21 settembre 1990 da un commando di stiddari. Sconta ininterrottamente la pena in carcere fino al 2015 quando il Tribunale di Sorveglianza di Napoli gli concede la semilibertà e dal 2017 anche la licenza premio che gli permette di tornare a Canicattì. Permessi accordati in ragione della dedizione ad attività di volontariato ed al proseguimento di studi universitari.
IL KILLER DELLA STIDDA IN SEMILIBERTÀ: CANTANTE IN CORO GOSPEL E CUOCO
Una vicenda simile a quella di Santo Gioacchino Rinallo. Rinallo è noto per essere stato uno dei killer più spietati dalle Stidda ed è stato condannato all’ergastolo per il duplice omicidio dei fratelli Ribisi, esponenti di primo piano di Cosa nostra di Palma di Montechiaro. Sconta la pena ininterrottamente fino al 2017 quando il tribunale di Sorveglianza di Sassari gli concede il beneficio della semilibertà ritenendo “maturi i tempi per il reinserimento sociale” anche grazie alle sue attività: cuoco, volontario e addirittura cantante in un coro gospel.
Il progetto criminale stiddaro – sostengono gli inquirenti – era quello di ottenere una graduale ma inarrestabile espansione economica grazie alla forza sul territorio acquisita da Antonino Chiazza ed al carisma portato in dote da Rinallo e Gallea i quali, per la loro condizione (ergastolani semiliberi), non potevano esporsi più di tanto. Il procuratore di Palermo, Maurizio De Lucia, osservò sul punto come “alcuni storici appartenenti all’organizzazione sono tornati a svolgere attività legate all’organizzazione stessa dopo aver ottenuto la declaratoria di impossibilità della collaborazione. Hanno, cioè, sfruttato la disciplina premiale prevista per i detenuti ergastolani per ritornare ad agire sul territorio con i metodi già collaudati in passato e così hanno rivitalizzato in qualche misura la stidda stessa”.