L’inchiesta sui clan di Villaseta e Porto Empedocle, al via gli interrogatori dei primi indagati
Al via i primi interrogatori degli indagati fermati negli scorsi giorni nel blitz contro le cosche di Villaseta e Porto Empedocle
Al via domani gli interrogatori di garanzia dei primi 18 indagati raggiunti negli scorsi giorni dal provvedimento di fermo nell’ambito della maxi inchiesta sulle famiglie mafiose di Porto Empedocle e Villaseta. Si tratta delle persone catturate in provincia. Tutte compariranno in un’unica giornata, e divisi in gruppi da sei, davanti a tre giudici diversi. A condurre gli interrogatori saranno i Gup Giuseppe Miceli, Micaela Raimondo e Giuseppa Zampino. La decisione, oltre che logistica, tiene conto anche delle esigenze di competenza territoriale e di tempistica da rispettare per non far scadere i termini. Il fermo è stato disposto dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, con il procuratore aggiunto Sergio Demontis e i sostituti Claudio Camilleri, Giorgia Righi e Luisa Bettiol, e riguarda trenta persone. I carabinieri del Nucleo Investigativo ne hanno eseguiti 23 considerando che tre indagati sono all’estero e altri quattro già detenuti in carcere. Le accuse sono, a vario titolo, di associazione a delinquere di stampo mafioso, associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, estorsione, minaccia e detenzione di armi. Per tutti questi reati viene contestata anche l’aggravante dell’agevolazione e del metodo mafioso.
L’inchiesta, coordinata dalla Dda di Palermo, avrebbe fatto luce sulle dinamiche di Cosa nostra agrigentina e in particolare delle cosche di Villaseta e Porto Empedocle. Al vertice della primo clan ci sarebbe stato Pietro Capraro, 39 anni, già coinvolto e condannato nell’operazione Nuova Cupola; a guidare la cosca empedoclina, invece, ci sarebbe stato Fabrizio Messina, fratello dell’ex superlatitante Gerlandino. In quasi due anni di attività investigativa sarebbe stata scoperta anche un’associazione a delinquere specializzata nel traffico di stupefacenti. La droga veniva acquistata attraverso canali esteri e rivenduta anche in altre province siciliane come quella trapanese e nissena. Tra le contestazioni anche atti intimidatori, estorsioni e imposizioni alle attività commerciali a margine di “fibrillazioni” e “tensioni” tra i due clan.
Trenta gli indagati destinatari del fermo: Domenico Blando, 67 anni, di Favara; Michele Bongiorno, 34 anni di Favara; Pietro Capraro, 39 anni, di Agrigento; Ignazio Carapezza, 33 anni, di Porto Empedocle; Carmelo Corbo, 46 anni, di Canicattì; Samuel Pio Donzì, 23 anni, di Agrigento; Carmelo Fallea, 50 anni, di Favara; Cosimo Ferro, 36 anni, di Castelvetrano; Francesco Firenze, 40 anni, di Castelvetrano; Giuseppe Focarino, 59 anni, di Palermo; Cristian Gastoni, 31 anni, di Agrigento; Angelo Graci, 60 anni, di Castrofilippo; Rocco Grillo, 32 anni, di Gela; Alfonso Lauricella, 58 anni, di Agrigento; Gaetano Licata, 41 anni, di Agrigento; Fabrizio Messina Denaro, 57 anni, di Castelvetrano; Fabrizio Messina, 50 anni, di Porto Empedocle; Gabriele Minio, 37 anni, di Agrigento; Giorgio Orsolino, 34 anni, di Agrigento; Roberto Parla, 46 anni, di Canicattì; Vincenzo Parla, 53 anni, di Canicattì; Giuseppe Pasqualino, 33 anni, di Gela; Calogero Prinzivalli, 41 anni, di Agrigento; Mirko Salvatore Rapisarda, 40 anni, di Gela; Emanuele Ricottone, 42 anni, di Marianopoli; Giuseppe Sottile, 38 anni, di Agrigento; Alfonso Tarallo, 44 anni, residente in Belgio; Angelo Tarallo, 44 anni, residente in Belgio; Guido Vasile, 66 anni, di Agrigento, Nicolò Vasile, 43 anni, di Agrigento.
Nel collegio difensivo, tra gli altri, gli avvocati Calogero Meli, Salvatore Cusumano, Alba Raguccia, Ninni Giardina, Giovanni Salvaggio, Gloria Sedita, Calogero Sferrazza, Giuseppe Barba.