Colpo al cuore di Cosa nostra, maxi operazione con 181 arresti
I boss scarcerati avevano riorganizzato i mandamenti storici: 181 arresti
Dalle prime luci dell’alba i Carabinieri del Comando Provinciale di Palermo stanno conducendo una vasta operazione antimafia in esecuzione di 183 provvedimenti restrittivi disposti dal GIP del Tribunale di Palermo e dalla Direzione Distrettuale Antimafia della locale Procura della Repubblica.Complessivamente sono impegnati – con la copertura aerea di un elicottero del 9° Elinucleo di Palermo – 1.200 Carabinieri circa dei Comandi Provinciali della Sicilia, del Reparto Anticrimine del ROS di Palermo, con il supporto dei ”baschi rossi” dello Squadrone Eliportato Cacciatori di Sicilia, del 12° Reggimento ”Sicilia”, del 14° Battaglione ”Calabria” nonché di altre componenti specializzate dell’Arma. L’operazione, che ha interessato anche altre città italiane, ha l’obiettivo di “disarticolare i mandamenti mafiosi della città di Palermo e provincia, in particolare quelli di ”Porta Nuova”, ”Pagliarelli”, ”Tommaso Natale – San Lorenzo, ”Santa Maria del Gesù” e ”Bagheria””, come si legge in una nota. Gli arrestati sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, tentato omicidio, estorsioni, consumate o tentate, aggravate dal metodo mafioso, associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, favoreggiamento personale, reati in materia di armi, contro il patrimonio, la persona, esercizio abusivo del gioco d’azzardo, e altro. (TUTTI I NOMI DEGLI ARRESTATI).
LO SFOGO DEL BOSS INTERCETTATO: “LIVELLO BASSO, COME CI SIAMO RIDOTTI?”
“Il livello è basso oggi arrestano a uno e si fa pentito arrestano un altro…livello misero, basso, ma di che cosa stiamo parlando?.. “. E’ lo sfogo di un “picciotto” di Cosa nostra, intercettato dai magistrati, in cui lamentava la “decadenza” di Cosa nostra e le “difficoltà” dei boss di “interloquire con il potere politico ed economico”. E’ quanto emerge dalla maxi operazione che all’alba ha portato in carcere quasi 200 persone a Palermo. “È stata spesso offerta la rappresentazione di un’associazione che, segnata dall’azione punitiva dello Stato, ormai si affanna nel farsi carico del mantenimento dei sempre più numerosi detenuti di mafia e delle loro famiglie e, parallelamente, stenta ad intraprendere, anche a causa di uno sfavorevole ricambio generazionale, perfino le iniziative bastevoli ad assicurare il soddisfacimento degli essenziali bisogni finanziari del sodalizio”. Così, i pm della Dda di Palermo nel provvedimento di fermo. Questa situazione, “e la relativa necessità degli affiliati di restituire a Cosa nostra la sua appannata pregevolezza”, è stata “significativamente rappresentata, il 24 ottobre 2023, da Giancarlo Romano, figura emergente del mandamento di Brancaccio, poi ucciso il 26 febbraio del 2024”, nel corso di un lungo sfogo in cui “sottolineava la decadenza dell’associazione e, guardando al futuro, auspicava un’adeguata formazione culturale delle nuove leve per renderle capaci di ritornare ad interloquire, alla pari, con il potere politico ed economico”. “Io spero sempre nel futuro, in tutta Palermo, da noi, spero nel futuro di chi sarà il più giovane … ti devi fare il cervello tanto, (..) perché noi dobbiamo crescere (..) A scuola te ne devi andare.. (..) Conoscerai dottori, avvocati, quelli che hanno comandato l’Italia, l’Europa… (..)- dice ancora Giancarlo Romano – Per dire quando si parla dei massoni, i massoni sono gente con certi ideali ma messi nei posti più importanti. (..) Se tu guardi ” Il Padrino” il legame che aveva .. non era il capo assoluto.., lui è molto influente per il potere che si è costruito a livello politico nei grossi ambienti. (..) Noi che cosa possiamo fare? (..) Ma tu devi campare con la panetta di fumo, cioè così siamo ridotti? Le persone di una volta, quelli che disgraziatamente sono andati a finire in carcere per tutta la vita, ma che parlavano della panetta di fumo? Cioè se ti dovevano fare un discorso di fumo, te lo facevano perché doveva arrivare una nave piena di fumo. (..) Se tu parli con quelli che fanno business ti ridono in faccia, “ma questo business è?” (..). Siamo troppo bassi, siamo a terra ragazzi, non a terra noi come zona, tutta Palermo è a terra (..). Noi pensiamo che facciamo il business, oggi sono altri. Dico eravamo prima noi, oggi lo fanno altri, …quelli si fanno il business, noi siamo gli zingari)”.
CACCIA ALLE TALPE, BOSS INFORMATI DI OPERAZIONI IMMINENTI
I pm della Dda di Palermo, guidati dal Procuratore Maurizio de Lucia, a caccia di informatori dei clan mafiosi che avvertivano di blitz imminenti. E’ quanto emerge dalla maxioperazione antimafia che oggi ha portato all’arresto di oltre 180 persone. Come rivelano le carte il boss Antonino Gagliardo, considerato il tramite fra il mandamento di Bagheria e quello di Brancaccio, il 7 novembre 2023 informò un altro mafioso di aver appreso di tre imminenti operazioni di polizia (“tre zampate … tre camurrie”) previste per ” fine anno”. Ecco perché aveva già provveduto a fare scomparire alcune cose. Poi, il 12 gennaio 2024 altra rivelazione di informazioni riservate. “Giochi di fuoco … dal ventuno al ventitré”, si sente nelle intercettazioni. “Da parecchio tempo nemmeno i capimafia di maggiore rilievo si sono dati alla fuga non potendo più contare, evidentemente, né su disponibilità finanziarie né su adeguate reti di protezione, fino ad interrompere la consolidata consuetudine della latitanza. Il caso di Auteri, ritrovato in piena operatività mafiosa e aiutato da una serie di soggetti che, nei presenti procedimenti, rispondono del delitto di favoreggiamento aggravato, si rivela dunque la concreta dimostrazione della ripresa, o quantomeno del tangibile tentativo di ripresa, delle vecchie prassi, sintomo evidente di un rafforzamento dell’associazione mafiosa in termini di sviluppo sia delle finanze che del numero dei soggetti ad essa aderenti. La latitanza dell’Auteri assume rilievo anche con riguardo all’attuale capacità di Cosa nostra di intessere relazioni con il tessuto sociale e istituzionale, poiché la sua fuga, iniziata il 16 settembre 2021 – avvenuta dieci mesi prima del decreto di fermo che lo riguardava (emesso nel luglio 2022 nell’ambito della c.d. operazione Vento) – è tuttavia coeva al deposito dell’informativa da cui traeva origine il provvedimento restrittivo. È, quindi, molto probabile che l’Auteri abbia beneficiato della rivelazione di segretissime informazioni.
I SUMMIT CON LE CHAT CRIPTATE, DETENUTI USANO CELLULARI IN CARCERE
Per le riunioni dei boss mafiosi, per i summit, le nuove leve, Cosa nostra 3.0, usano le nuove tecnologie e i criptofonini. E’ quanto emerge dalla maxioperazione antimafia che all’alba di oggi ha portato in carcere oltre 180 persone. Si tratta di smartphone con l’uso della crittografia per proteggere i vari sistemi di comunicazione. “Non può ignorarsi che la facile introduzione, negli istituti penitenziari, di minuscoli apparecchi telefonici e di migliaia di sim, destinate ciascuna a una breve durata per annientare le eventuali attività di intercettazione, ha neutralizzato l’annosa questione dell’inoperatività dei detenuti che, ormai, dalle loro celle, continuano ininterrottamente la militanza mafiosa, seppure in videochiamata, collegandosi ad un telefono-citofono (cioè un apparecchio esterno dedicato in via esclusiva a ricevere e chiamare l’utenza attiva dentro al carcere), sì da interloquire sulle questioni di maggiore rilievo e da realizzare, con estrema facilità, vere e proprie riunioni di mafia”. E’ l’allarme lanciato dai pm della Dda di Palermo nel provvedimento di fermo che all’alba di ggi ha portato all’arresto di decine di persone. “In più circostanze, invero, si è avuto modo di intercettare diversi detenuti, compresi taluni indagati nei procedimenti (come Francesco Pedalino, Nunzio Serio, Calogero Lo Presti, Calogero Piero Lo Presti), mentre erano impegnati in conversazioni con altri affiliati liberi, peraltro realizzate con l’ausilio di sistemi organizzativi che vedevano schiere di familiari del recluso affaccendate a convocare/ricevere gli interlocutori o a recapitare loro il tele-citofono”, dicono i pm. “Emblematico appare, a tal proposito, l’episodio della spedizione punitiva operata ai danni di Giuseppe Santoro, deliberata e ordinata telefonicamente dai due Lo Presti detenuti i quali, nel corso di una lunga serie di telefonate, oltre a scegliere minuziosamente la squadra deputata al pestaggio punitivo e a indicare le precise modalità per la realizzazione del loro comando, hanno anche ritenuto di assistere in diretta, grazie al video-collegamento telefonico, al massacro della vittima”, spiegano i magistrati nel fermo.
BOSS FEDELI ALLE REGOLE DI COSA NOSTRA: “È COME IL MATRIMONIO, PER TUTTA LA VITA”
“L’associazione mafiosa, sebbene agevolata dallo sviluppo tecnologico che ha influito sugli essenziali aspetti sia della comunicazione, divenuta più agile e sicura, sia delle finanze, divenute più floride, è rimasta fedele saldamente alle sue regole fondanti che, finora, le hanno garantito la sopravvivenza a dispetto delle alterne fortune e ne rivelano la perdurante e straordinaria pericolosità”. Lo scrivono i pm nel provvedimento di fermo che ha portato in carcere oltre 180persone. “Tra queste, innanzitutto, tuttora rimane granitico il principio dell’indissolubilità del vincolo associativo, come efficacemente espresso dal detenuto Francesco Pedalino che, nel corso di queste indagini, lo ha paragonato al sacramento del matrimonio (Cosa nostra …a verità domani esco……. haiu a forza e continuo… fino a quando che … tà maritasti sta mugghieri e tà puorti finu a vita); vincolo che tuttora si accompagna all’orgoglio dell’appartenenza propinata come scelta di natura ideologica e non utilitaristica)”. “L’indiscussa vigenza delle norme mafiose è emersa più volte nelle indagini di cui si tratta come, ad esempio, in occasione dei preparativi per la formale affiliazione di Salvatore Scaduto che vedeva occupati i due storici esponenti di Bagheria, Gino Mineo e Giuseppe Di Fiore, i quali, però, temendo che il padre del ragazzo fosse stato scarcerato grazie ad una sorta di collaborazione, ritenevano fondamentale verificare tale circostanza che avrebbe drasticamente impedito la punciuta, in osservanza, appunto, delle regole (ci sono regole nella ”cosa nostra” che vanno rispettate) la cui violazione avrebbe potuto essere loro contestata da ogni altro consociato, anche di altri territori”. E’ quanto emerge dall’inchiesta che oggi ha portato all’arresto di oltre 180 persone a Palermo.
GIOCHI E SCOMMESSE BUSINESS REDDITIZIO DI COSA NOSTRA
“Un’ulteriore espansione affaristica, connessa anche stavolta allo sviluppo tecnologico, come accertato per i tutti mandamenti oggetto di queste indagini, riguarda il settore dei giochi e delle scommesse digitali che, subentrando alle vetuste riffe, in realtà rappresenta oggi una delle attività più remunerative di Cosa nostra che, da longa manus operativa degli imprenditori del settore, quali Angelo Barone, impone i pannelli di gioco, spesso illegali, ai singoli esercizi del territorio sì da realizzare enormi guadagni (Barone: Ho preso ora… quindici milioni di gioco)”. Lo scrivono i pm della Dda di Palermo nel provvedimento di fermo che all’alba ha portato a decine di arresti. “Pertanto, l’associazione mafiosa si è dovuta riorganizzare per l’ampliamento della sua opera impositiva e di riscossione tanto che, il 24 agosto 2023, si intercettava Francesco Stagno mentre istruiva Leandro Cangemi – al fine di fare le cose in regola per camminare e ingrandire (..) perché qua il cervello per migliorare ce l’abbiamo – sulle modalità da adottare nelle interlocuzioni con gli esercenti, indicando i confini territoriali entro cui muoversi e invitandolo, per essere efficace, a presentarsi come emissario di Cosa nostra”, spiegano i magistrati. Ed ecco una intercettazione captata dai carabinieri: “Non parlare mai in prima persona nel senso.. <<: ascolta c’è questa situazione … mi mandarono per questa situazione>> non è che tu sei di parte, non sei con loro e con noi, tu sei nel mezzo, così se c’è uno sfogo tu te lo assorbisci pure … cioè mi mandano per questa situazione. (..)”, dice Stagno. E Cangemi replica: “all’inizio che ti ho detto io? Dove posso andare? E tu mi hai detto … fino a Terrasini… dice ma qua c’è il limite tra Terrasini e Montelepre e mi fermo! … … se tu mi dici a me vai fino a Terrasini, io arrivo fino a ….”.
ESTORSIONI A TAPPETO
“La graduale ripresa di Cosa nostra è stata, al contempo, causa ed effetto del crescente introito di denaro. Il sistema estorsivo è tuttora al centro degli interessi mafiosi, anche quale strumento di controllo del territorio, dove emerge, ancora una volta, la strategia delle imposizioni ”a tappeto” (si pensi, ad esempio, alla sottomissione massiccia dei ristoranti delle borgate marinare di Sferracavallo e Mondello all’ordine di intraprendere nuovi rapporti di fornitura di prodotti ittici con il grossista indicato da Nunzio Serio)”. Così, i pm della Dda di Palermo nel provvedimento di fermo Ma è stato soprattutto il ritorno al traffico di stupefacenti a segnare il momento della svolta economica. Il già accennato ampliamento dei contatti con la ”grande distribuzione” tanto da pensare di ”comandare Palermo”, registrato in più territori ed anche nelle indagini che ci occupano, è stato possibile grazie al costante accumulo di capitale derivante dal controllo capillare del mercato cittadino – anch’esso emerso chiaramente nei suddetti procedimenti – realizzato con l’imposizione sistematica, ai venditori al dettaglio, della sostanza da porre in commercio o del pagamento di una percentuale o, talora, di un emolumento fisso mensile scollegato alle entrate. E ciò sebbene ancora gli uomini d’onore di vecchio stampo prendano le distanze da tal tipo di affari pur non disdegnandone il ritorno economico (Gino MINEO: se fate l’affare ”porta qualche cosa” gli dici! … ..però stai attento ah, perché oggi domani, io vedi per ‘ste cose non mi ci sono mischiato mai, non ci sono entrato mai, non è che mi voglio andare ad infangare poi con un po’ di fanghi (..) Tu così gli dici ”lascia qualche cosa per … per il paese”, … per i cristiani, gli dici … che hanno di bisogno”).