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Accusa il cognato di violenza sessuale ma viene scagionato: patteggia condanna per calunnia

I fatti al centro dei due procedimenti - uno per violenza sessuale e l’altro per calunnia - risalgono all’estate 2020 ma si sono definiti soltanto alla fine del 2024

Pubblicato 2 giorni fa

Accusa il cognato di averla violentata ma, dopo ulteriori attività di indagine e responsi medici, finisce a processo per calunnia e patteggia una condanna a dieci mesi e venti giorni di reclusione. È una vicenda familiare spigolosa che viene da un popoloso centro dell’Agrigentino, caratterizzata da battaglie legali e querele reciproche, quella che si è conclusa negli scorsi mesi con una sentenza emessa dal gip del tribunale di Agrigento, Iacopo Mazzullo.

I fatti al centro dei due procedimenti – uno per violenza sessuale e l’altro per calunnia – risalgono all’estate 2020 ma si sono definiti soltanto alla fine del 2024. La vicenda scaturisce dalla denuncia presentata dalla donna nei confronti del cognato, accusato di averla violentata nell’appartamento in cui lo stesso stava eseguendo dei lavori di muratura commissionati in precedenza. La donna due giorni più tardi si presenta in ospedale dove però, oltre ad alcune ecchimosi, non vengono riscontrate lesioni compatibili con una violenza sessuale. L’uomo finisce così sotto inchiesta e viene avviata un’attività di indagine a suo carico con gli investigatori che sentono vari testimoni e anche i medici che hanno preso in carico la donna. Per il pm il racconto della donna non appare coerente anche alla luce di diversi messaggi e audio whatsapp che sono stati allegati agli atti e che dimostrerebbero “un’elevatissima conflittualità tra la persona offesa e l’indagato e la di lui compagna”.

Per questo motivo l’uomo viene scagionato e il gip archivia l’inchiesta a suo carico con un decreto nell’aprile 2021. E qui si apre un’altra battaglia legale, questa volta portata avanti dal 52enne (difeso dall’avvocato Annalisa Lentini) nei confronti della cognata accusata di averlo calunniato. Anche questo secondo procedimento è caratterizzato da integrazioni di indagini, nuovi testimoni e documenti allegati. La procura di Agrigento in un primo momento chiede l’archiviazione anche per la donna (difesa dall’avvocato Calogero Sferrazza) ma il gip Micaela Raimondo dispone una nuova attività investigativa che si conclude con la richiesta di rinvio a giudizio e – nel novembre 2024 – con il patteggiamento della condanna (pena sospesa) a dieci mesi e venti giorni di reclusione. 

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