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Le rivelazioni (del 2021) dell’avv. Porcello ai giudici della Dda: “Matteo Messina Denaro latitante a casa sua”

Tre donne di mafia al centro di una vicenda intricata ancora non del tutto chiarita: Angela Porcello, Patrizia Messina Denaro e Maria Rosa Di Dio

Pubblicato 1 anno fa

Due anni prima della cattura del superlatitante Matteo Messina Denaro, avvenuta nel gennaio di quest’anno, la Direzione distrettuale antimafia di Palermo aveva ricevuto una “dritta” particolarmente rilevante che faceva specifico riferimento a due circostanze che poi si sono rivelate vere: la latitanza vissuta e trascorsa nel suo territorio ed il fatto secondo il quale l’ex primula rossa di Castelvetrano si spacciasse per un medico.

A rivelare tutto ciò il 30 marzo 2021 ai pubblici ministeri della Dda è stata Angela Porcello, ex avvocato ed ex compagna del boss di Canicattì Giancarlo Buggea, già condannata, il 6 dicembre 2022, in primo grado a 15 anni e 4 mesi di reclusione per mafia nell’ambito del processo “Xydi” che ha disarticolato il mandamento mafioso di Canicattì evidenziando inoltre tracce e pericolose connessioni proprio con il boss trapanese.

L’ex avvocato Porcello, che poco tempo dopo il suo arresto avvenuto il 2 febbraio 2021, ha provato ad aprire un canale di collaborazione con l’autorità giudiziaria, il 30 marzo successivo ha preso carta e penna ed ha scritto undici pagine di memoriale, sinora non note, spiegando alcuni fatti mafiosi già descritti nella misura cautelare dando poi una sua personale versione dei fatti. Fa nomi, cognomi, soprannomi, specifica circostanze. Poi, le due ultime pagine le dedica al latitante: “In merito al latitante Matteo Messina Denaro e alla conoscenza di Buggea del suo luogo di latitanza e dei soggetti che ne sarebbero conoscitori, mi preme, innanzitutto, precisare che ciò non è stato mai oggetto di argomento nei discorsi intrattenuti con me né, negli anni, ho mai appreso tale dato o elementi afferenti e riconducibili allo stesso. Dalla relazione amicale che, da anni, intrattengo con la nipote dello stesso, avvocato Lorenza Guttadauro, del cui marito Bellomo Girolamo ho curato la difesa di appello, nel processo che lo ha visto imputato per il reato di 416 bis ed altro. Credo che l’affermazione formulata nella pagina 338 dell’occ cui un canale di comunicazione con il latitante potesse ottenersi grazie all’intervento di una donna, indicata come “sua madre” non può identificarsi in tale Insalaco Maria, madre del Bellomo Luca, deceduta a Canicattì il 12/4/2019. Potrebbe trattarsi di un acronimo, pseudonimo usato dagli interlocutori per indicare il soggetto facente da canale o tramite. La signora Insalaco, infatti, è morta dopo lunga malattia, perché affetta da tumore, ed è venuta a Canicattì prima del decesso, solo molto tempo prima: circostanza che coincise con il colloquio per il figlio presso il mio studio. Comunque solo da pochi giorni apprendo dalla mia compagna di cella di detenzione, signora Di Dio Maria Rosa, di Gela, di cui conoscevo il fratello durante il mio periodo lavorativo, durato circa dieci anni, a Caltanissetta in quanto carabiniere dolosamente deceduto, che intrattiene con me un rapporto di estrema fiducia, alcuni dati e dettagli. La stessa, invero, è stata co-detenuta presso il carcere di Vigevano per circa tre anni, unitamente alla sorella del suddetto latitante, Patrizia Messina Denaro, da cui apprende che il latitante in esito a trasformazioni importanti nel volto e nelle sembianze, tanto da avere assunto un aspetto completamente nuovo e diverso, riesce ad operare e muoversi nel suo stesso territorio da cui non si sarebbe mai allontanato. Addirittura la signora Di Dio mi precisa e confessa che la sorella Patrizia, tornata in Sicilia, in permesso speciale, in concomitanza con le gravissime condizioni di salute in cui versava la madre, avrebbe saputo che il fratello, sotto spoglie di medico, era riuscito a vedere la madre. Io, apprese dette circostanze dalla signora Di Dio, analizzando tutti i miei ricordi, focalizzando le persone viste e conosciute, soprattutto quelle della cui identità non sono certa, nutro dei forti dubbi sulla persona menzionata a pagina 233 e seguenti dell’occ, indicata come Dominick Acquisto, che mi viene presentato in una brevissima frazione di tempo dal Buggea Giancarlo, davanti al bar Italia sito nel corso di Canicattì. Quest’uomo, infatti, che non poteva, stante l’aspetto, avere circa 70 anni, come viene identificato dalla Pg, proveniente dall’America, ma non so da dove precisamente, aveva uno strano aspetto: capelli nero corvini, ricci, come colorati o sostituiti da parrucca, occhiali da sole Rayban, camicia colorata aperta sul petto con crocifisso e collana in oro rosso, di statura più bassa del Buggea, con lineamenti del viso artefatti come per pratiche estetiche. Circostanze e dati appresi che potranno essere approfonditi in ulteriori e prossimi colloqui che l’Autorità giudiziaria potrà effettuare a sua discrezione. Sperando di avere dato un mio contributo alla giustizia, resto a disposizione nella speranza che dette dichiarazioni saranno adeguatamente considerate per la concessione di una misura più affievolita rispetto a quella cui sono sottoposta e comunque, seppure, anche per il mio attuale stato di stress, di confusione e poca salute mentale, ho fatto gran fatica per ricordare quanto dichiarato, rimango a disposizione per qualunque altro chiarimento ricordo riaffiori alla memoria”.

Dunque, Angela Porcello che sino a quel momento aveva negato ogni tipo di rapporto, anche mediato, con Messina Denaro, apre un’autostrada investigativa – ribadiamo che siamo nel marzo 2021 – che sicuramente sarà stata tenuta in considerazione dai pubblici ministeri, affidando l’origine delle sue conoscenze su MDM alle rivelazioni di Maria Rosa Di Dio, condannata per omicidio, altrimenti nota come la mantide di Gela (per aver attirato a casa sua uno stiddaro promettendogli una notte d’amore e che invece consegnò ai rivali mafiosi del clan Emanuello che lo uccisero) che a sua volta avrebbe appreso tali circostanze dalla sorella del latitante, Patrizia, con la quale ha condiviso un periodo di detenzione. Nessuna ammissione diretta, dunque, che non ha convinto i pubblici ministeri Claudio Camilleri, Gianluca De Leo e Calogero Ferrara i quali, il 31 marzo 2021 con atto motivato hanno espresso parere contrario rispetto alla richiesta di misura detentiva meno afflittiva. Durissime le parole dei membri della Dda palermitana: “Rilevato che a fondamento dell’istanza la Porcello deduce in primo luogo “l’assenza di alcun mio vincolo e legame associativo…” affermazione questa che – ponendosi in insanabile contrasto con plurime, univoche ed incontrovertibili acquisizioni probatorie (già positivamente valutate dal Gip di Agrigento, da codesto Gip ed in ultimo dal Tribunale sezione per il Riesame) – di per sé manifesta in modo evidente la non attendibilità delle dichiarazioni rese, tutte unicamente tese a sminuire (contro ogni evidenza) la propria responsabilità; rilevato infatti che i fatti esposti in memoria sono in massima parte già noti a questo Ufficio che in relazione ad essi, nel corso dell’indagine, ha raccolto ampi elementi tutti esaustivamente ricostruiti nelle informative in atti; considerato che numerose altre circostanze riferite in memoria si palesano in sé del tutto generiche, inverosimili, se non addirittura in oggettivo ed insanabile contrasto con le plurime ed incontrovertibili acquisizioni investigative; evidenziato che in relazione a talune residuali circostanze (anch’esse manifestamente vaghe) menzionate in memoria sono comunque in corso accertamenti investigativi i cui esiti allo stato non sono noti; considerato che la memoria in esame non scalfisce in alcun modo il gravissimo quadro indiziario e cautelare, ma semmai lo aggrava, venendo in rilievo per un verso la volontà della Porcello di mantenere saldo il vincolo associativo con Cosa nostra omettendo di riferire  circostanze  auto ed etero accusatorie di effettivo pregio investigativo e per altro verso l’attitudine dell’indagata a rendersi autrice di condotte tese a raggirare l’Autorità giudiziaria (ancora una volta e nonostante il periodo di carcerazione patito) valutato in conclusione l’assenza di qualsivoglia elemento idoneo a vincere la presunzione legale posta dall’art 275 comma III cpp, esprime parere contrario all’accoglimento dell’istanza”.

Anche il Gip del Tribunale di Palermo, Lirio Conti è dello stesso avviso dei pubblici ministeri e con proprio provvedimento datato 1 aprile 2021 dichiara il non luogo a provvedere dopo aver esaminato “soprattutto il contenuto dello scritto medesimo” evidentemente valutato negativamente.

La vicenda non sembra esaurirsi qui.

Angela Porcello, seppur se detenuta non al 41 bis, è controllata a vista dal personale di Polizia penitenziaria e non ha ottenuto alcun beneficio in conseguenza dei suoi numerosi tentativi di proclamarsi collaboratrice di giustizia oltre che aver ammesso di aver fatto parte di Cosa nostra. Un ulteriore incontro con i pubblici ministeri è stato effettuato nel dicembre 2021 ed il contenuto del colloquio con i pm è stato secretato.

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