Il favarese Luigi Gioia, 65 anni, è titolare di una ditta individuale espletante attività di autotrasporto merci per conto terzi che era stata individuata per l’esecuzione di alcuni lavori nell’ambito della realizzazione di una centrale per la produzione di energia alternativa (eolica) in contrada “Dell’Alvano ed “Aquilea” nel territorio del Comune di Cattolica Eraclea.
A seguito di una comunicazione della Prefettura di Agrigento il Consorzio S. di Porto Empedocle, con cui l’imprenditore favarese aveva rapporti contrattuali, comunicava alla ditta favarese l’interruzione di qualsiasi attività lavorativa all’interno dei cantieri; pertanto l’imprenditore avanzava una richiesta di accesso , in riscontro alla quale la Prefettura di Agrigento genericamente si limitava a comunicare che nei confronti della ditta favarese erano emersi pericoli di infiltrazione mafiosa. A questo punto la ditta favarese, con il patrocinio dell’avvocato Girolamo Rubino, proponeva un ricorso giurisdizionale contro il Ministero dell’Interno, chiedendo anche l’emanazione di un ordine di esibizione degli atti posti a fondamento dell’informativa prefettizia antimafia. L’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, costituitasi in giudizio nell’interesse del Ministero dell’Interno depositava gli atti posti alla base dell’informativa antimafia, tra i quali vi era una nota della Prefettura di Agrigento che evidenziava che nei confronti della ditta favarese erano emersi elementi che avrebbero potuto determinare il pericolo di condizionamento da parte della criminalità organizzata nella gestione dell’impresa; segnatamente il genero dell’imprenditore risultava lavorare per conto di S. G. , titolare di una cava ubicata a Favara, figlio di S. S. deceduto a Favara in data 20/9/1982 a seguito di omicidio di chiaro stampo mafioso. L’Avvocato Rubino, difensore dell’imprenditore favarese, ha censurato l’informativa prefettizia impugnata sotto il profilo dell’eccesso di potere, richiamando precedenti giurisprudenziali del Consiglio di Stato secondo cui è illegittima l’informativa prefettizia negativa fondata sul mero rapporto di parentela o affinità di amministratori o soci di un’impresa con elementi malavitosi, essendo necessari anche altri elementi, sia pure indiziari, tali nel loro complesso da fornire obiettivo fondamento al giudizio di possibilità che l’attività d’impresa possa agevolare le attività criminali o esserne in qualche modo condizionata.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale da ultimo, ponendo fine ad una controversia durata oltre cinque anni, ritenendo fondate le censure formulate dall’Avvocato Rubino ha accolto il ricorso ed ha annullato l’informativa antimafia impugnata; nella parte motiva della sentenza il CGA ha sottolineato che gli atti interdittivi impattano negativamente con diritti fondamentali , quale quello al lavoro, che godono di copertura costituzionale, e pertanto devono esternare in maniera chiara e logica quali siano gli elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa idonei a condizionare le scelte dell’impresa. Per effetto della sentenza resa da ultimo dal CGA l’imprenditore favarese potrà avanzare richiesta di risarcimento di tutti i danni subiti in conseguenza dell’informativa prefettizia annullata dai giudici amministrativi, sia di caratere patrimoniale, sia di carattere esistenziale, secondo un recente orientamento giurisprudenziale.