Sei scafisti fermati in relazione all’approdo di 346 migranti ieri a Messina, a bordo della nave della Guardia costiera “Dattilo”. Tra loro donne, bambini e anche tre uomini feriti agli arti da colpi d’arma da fuoco, trasportati al Policlinico universitario. Tutti di origini subsahariane, erano stati soccorsi nel Canale di Sicilia in tre differenti operazioni condotte dalle navi italiane impegnate nell’operazione “Triton” domenica. I 6 uomini erano al timone dei tre barconi partiti sabato sera dalle coste libiche. Si tratta di quattro trentenni senegalesi e di due ventenni del Gambia. Tante le testimonianze raccolte dagli investigatori. Racconti che parlano della fame, delle guerre e della disperazione che da decenni attanagliano l’Africa. Tra queste anche quelle dei tre giovani giunti a Messina con ferite d’arma da fuoco, che hanno consentito di ricostruire quanto accaduto in Libia prima della partenza. Tomos, 27 anni, della Sierra Leone, ha riferito che circa sei mesi fa ha lasciato il suo Paese perche’ dopo l’epidemia di Ebola non c’era piu’ lavoro: Sono andato in Libia, a Tripoli, per cercare un’occupazione e l’ho trovato tramite una persona del luogo che ci ha ospitato nella sua abitazione. De giorni fa mentre mi trovavo all’interno di questa abitazione, sono arrivati degli uomini armati, parte di una banda di predatori che, armati, ogni tanto venivano a pretendere soldi”. Un giorno, senza apparente motivo, questi banditi hanno iniziato a sparare, ferendo Tomos al braccio sinistro, e ad altri ospiti: “Sono scappato insieme ad altri miei amici e siamo arrivati in una spiaggia della quale non so dire il nome. Alcune persone vedendomi si sono impietosite e mi hanno caricato su un gommone diretto verso l’Europa”. Gli arrestati, su disposizione del sostituto procuratore Francesco Massara, sono stati condotti nel carcere di Gazzi.