Agrigento: al “Pirandello” una tragedia per maritare 50 figlie (video-fotogallery di Diego Romeo)

Ancora una danza

Non si illuda lo spettatore moderno che i “maneggi per maritare una figliola” fossero solo appannaggio del grande Gilberto Govi.

Si vada a vedere le “Supplici” per constatare quante fughe e maneggi bisognava mettere in atto  nel 470 A.C. per maritare (e qui addirittura evitare di maritare) cinquanta figliole assediate da altrettanti cugini improponibili.

Il direttore artistico Sebastano Lo Monaco

 

corifea

Ancora una danza

Una soperchieria portare “Le Supplici” ad Agrigento e la sua problematica dell’accoglienza che questa città assolve in maniera molto dignitosa. Il bulgaro sefardita Ovadia provi a portarlo  da Salvini o sulla striscia di Gaza o nel cuore della Bassa e Alta Baviera e il direttore artistico del “Teatro Pirandello” Sebastiano Lo Monaco, gran conoscitore del pollame teatrale, potrebbe stare più attento ad utilizzare l’usato sicuro di un Albertazzi che come tutti gli attori novantenni vuol “morire sulle tavole di un palcoscenico” come diceva la Borboni.

Ci sembra che così si stringa forzosamente l’assedio sulla povera Agrigento che è anche tollerante e che mugugna nel silenzio la cristiana accoglienza agli immigrati con  i circa due milioni e rotti di euro elargiti da un comune in bancarotta alle case famiglia per minori emigrati, al suo business annesso e connesso da un decisionismo politico organizzato sottobanco e che sorprende a fronte di tante decisioni che non si prendono mai e che urgono o gridano vendetta. Scegliete voi!

Buona la distribuzione delle luci

Sono circa nove i milioni di euro che la nostra provincia spende annualmente per l’accoglienza(cifra pubblicata da alcuni giornali e mai smentita) con una Caritas che rischia di vedere spesso vanificato il suo operato da commerci altrui (perfino degli stessi immigrati) mentre tra le chicche che ci riserva il futuro potrebbe annunciarsi all’orizzonte un mezzo miliardino di vecchie lire destinato alla “strada degli scrittori” sempre sperando che una parte venga spesa in edizioni librarie economiche da distribuire al popolo per meglio far capire il mondo e gli algoritmi del potere che lo reggono.

 

Per non andare lontano Leonardo Sciascia, scomodo e dimenticato, è tra questi scrittori (chissà con quanta voglia di esserci) e in questa temperie di mugugni più o meno silenziosi, sulla scena del “Teatro Pirandello” ti  arriva la tragedia per eccellenza sulla migrazione di queste cinquanta figlie di Danao che fuggono i cugini Egizi e chiedono ospitalità al re Pelasgo. Non solo, ma con la predestinazione che quarantanove di esse uccideranno i loro mariti negli afrori della prima notte di nozze. Altre tragedie ci informeranno nella notte dei tempi di questa sorta di “sharia” e non ci consola apprendere  che solo una di esse  non obbedirà al comando del padre Danao.  Ipermestra si chiamava. Dunque, ecco “Le supplici” di Eschilo invadere la scena del Pirandello che mostra il suo nudo fondale scavato nella roccia. Moni Ovadia che ne è il regista insieme a Mario Incudine ha sentito inevitabilmente bisogno di una maggiore ampiezza della scena per uno spettacolo che aveva dato il meglio di se nella grandiosità del Teatro Greco di Siracusa in occasione del 51esimo  ciclo  di rappresentazioni.

La miniaturizzazione era obbligata e probabilmente neanche il Teatro degli Arcimboldi di Milano riuscirebbe a restituire il fascino e l’ariosità del Teatro di Siracusa. E non sappiamo ancora se “Le Supplici” siffatte (un musical da camera) verranno riproposte in altri teatri perché qui ad Agrigento la locandina avvertiva nel titolo: “Le Supplici di Eschilo in prova”.

Dunque per sostituire “Memorie di Adriano” con Giorgio Albertazzi si è scelto di ospitare “Le Supplici” in prova e prodotto dal “Teatro Regina Margherita” di Caltanissetta. Non vorremmo che Agrigento fosse una cavia. Una prova dove sono rimaste pressocchè intatte le musiche di Siracusa (ne abbiamo visto la messinscena televisiva su “Rai5”) né poteva essere altrimenti perché di un vero e proprio musical si tratta, sapientemente dosato da Mario Incudine e Antonio Vasta che si incarica di suonare la fisarmonica in un finale che ha momenti  di impeto forse mozartiano, forse bachiano, ognuno se lo aggiudichi come vuole ma senz’altro di solennità sinfonica. Insieme alle coreografie (di Dario La Ferla), la colonna sonora è l’interpretazione più preziosa di una tragedia dove il movimento, l’esplosione dei sentimenti sono fortissimi. Pazienza se molto greco antico risulterà ostico a molti spettatori che si consoleranno di certo con un testo in  siciliano reso comprensibile dalla traduzione di Mario Incudine e Pippo Kaballà. Una particolare notazione dovrebbe andare alla prima corifea, Cinzia Maccagnano e alle altre corifee e danaidi, senza dimenticare il quartetto dei musici che oltre alla fisarmonica di Vasta annoverava i fiati di Antonio Putzu, la chitarra e il bouzouchi di Manfredi Tumminello, le percussioni di Giorgio Rizzo.

Delle “prime notti” tragiche delle “Supplici “ di Eschilo sappiamo l’epilogo, non sappiamo molto sulle future messinscena  delle “Supplici in prova” di Moni Ovadia.

Della “supplice” e “povera” Agrigento  probabilmente non sapremo ancora se potrà rientrare nell’algoritmo che  prevede e regola il movimento delle masse: Baidu, il grande motore di ricerca cinese, ha annunciato di aver sviluppato un software capace di prevedere con un anticipo che va da una a tre ore la formazione delle folle. Per gli scienziati – ci dicono – la sfida è di sfruttare i dati disponibili online per fare previsioni a lungo termine. Come può anche darsi che la “supplice” Agrigento continui a rimanere il solito “fiore appassito dai petali calpestati”. Copyright di Sua Eminenza Don Franco Montenegro.

testo  e foto di Diego Romeo