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Il tesoro buono dell’umanità nel libro di Francesco Pira

di Gaetano Cellura I social hanno cambiato la nostra vita. L’espressione è diventata così ovvia che dovremmo usarne un’altra dello stesso senso. E l’hanno tanto cambiata – non spetta a noi dire, almeno in questa sede, se in meglio o in peggio – da diventare per quasi tutti come una droga. Difficile farne a meno. […]

Pubblicato 3 anni fa

di Gaetano Cellura

I social hanno cambiato la nostra vita. L’espressione è diventata così ovvia che dovremmo usarne un’altra dello stesso senso. E l’hanno tanto cambiata – non spetta a noi dire, almeno in questa sede, se in meglio o in peggio – da diventare per quasi tutti come una droga. Difficile farne a meno. Durante il lockdown i social sono stati comunque molto utili e ci hanno permesso di essere distanziati sì ma disconnessi mai. Disconnessi dalla realtà di un mondo che, con la pandemia da coronavirus, ci ha mostrato uno dei suoi aspetti più angoscianti – cento anni dopo la “spagnola” e due anni prima di un altro evento che più non credevamo di dover vivere: la guerra, efferata quanto assurda, nel cuore dell’Europa. Dal contagio virale agli orrori e alle menzogne di questo inaspettato conflitto bellico in uno stato di emergenza permanente.
E al coronavirus Francesco Pira, docente all’università di Messina, ricercatore e studioso delle scienze sociali, dedica diverse pagine di una delle sue ultime e ormai numerose pubblicazioni: Piraterie 2 La Vendetta (Medinova, euro 12). Raccolta in sette capitoli dei suoi articoli settimanali, delle sue “colonnine” su La Sicilia fino al 4 aprile del 2021. Le riflessioni di un Pirata che scruta con il proprio privilegiato cannocchiale l’orizzonte della social esistenza quotidiana al pari dell’esistenza reale. Che è poi quella, con le sue naturali e oggettive metamorfosi, che sorprende e muta il nostro Io più d’ogni altro fenomeno della tecnica.
Cosa d’altra parte semplice per Francesco Pira scrutare l’una e l’altra, abituato sin da ragazzo, ancora alle prime armi con il giornalismo, a vivere e a interpretare la realtà attraverso la cronaca con la stessa abilità e competenza con le quali oggi studia e interpreta la fenomenologia dei social. Esperienze nuove e discutibili come lo smart working e la didattica a distanza sono oggetto della sua analisi. Se prima ho adoperato la parola “colonnina” è perché questi suoi articoli raccolti in Piraterie, per la loro brevità (ma di pensiero densi), mi ricordano le colonnine quindicinali sulla Stampa di Guido Ceronetti, autore torinese di “tenace concetto” a me molto caro. Termine, colonnina, con cui gli articoli di Ceronetti continuano a vivere nella storia del giornalismo e della cultura.
Scrivendo questo libro, che si rivela anche la guida di un esperto a come muoversi nel mondo dei social, e a meglio capirli (ci piacciano o meno), Pira usa – brano dopo brano – una tecnica particolare. Parte da una citazione, dalla più colta alla più banale e accessibile per il lettore, e la spiega (adeguandola sempre al nostro tempo) con la prosa – semplice, scorrevole e chiara – del giornalista puro che è sempre stato: sin dai tempi, ed era ancora uno studente delle Superiori, in cui l’ho conosciuto. E così stanno insieme nella sua silloge, per citarne alcuni, Umberto Eco e Bobo Vieri, Grossman e Bill Gates, Giovanna Mezzogiorno e Nicolò Ammaniti, Saramago e Baglioni, Albanese e il geniale Jim Morris delle “porte della percezione”. Ma la tecnica migliore che credo di aver scorto in Piraterie 2 La Vendetta di Francesco Pira è quella di un giornalista sociologo che, aggiungendo due lettere al proprio conosciutissimo cognome, si fa Pirata di mare e di costa alla conquista non di semplici prede ma del tesoro buono dell’umanità.

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