A Racalmuto la luce elettrica arrivò una sera di settembre del 1926.
L’anno prima era stato firmato il contratto tra il commissario prefettizio del comune e i signori Angelini, Nuvolari e Ruggeri titolari delle Imprese elettriche milanesi. Sciascia aveva cinque anni. Ricorderà l’evento come la “nascita di una dea”: in una lunga nota (forse apparsa per la prima volta: e dunque postuma) che il periodico del paese, Malgrado tutto, pubblicò nell’edizione speciale del 1999 dedicata al decimo anniversario della sua morte.
Come altri paesi della Sicilia, Racalmuto non aveva visto il passaggio al lume a gas. Fu dunque evento meraviglioso il piccolo mondo antico che una sera s’illumina. S’illumina di luce elettrica. Evento che appartiene, per Sciascia, al mondo dei sentimenti e della bellezza, all’oro della memoria. Come l’ascolto della radio per la prima volta o la vista della prima automobile.
La luce dei lampioni a petrolio era così debole che nelle notti di luna si riteneva di poterne fare a meno; e così facile a spegnersi e a lasciare al buio strade e quartieri da favorire agguati notturni, provocare cadute, “inzaccheramenti” nelle sere di pioggia. Ma ugualmente fiducia la gente vi riponeva: “A tia mi raccumannu lampiuni,/quannu passu di cca lustru m’ha fari”.
Leonardo Sciascia ricorda il lampionaio municipale che gestiva il servizio. Abitava vicino casa sua. Usciva verso sera “con la scala a forbice in spalla, la latta a beccuccio del petrolio in mano”. Accendeva i pochi lampioni: rientrava: usciva di nuovo all’alba per spegnerli.
Dell’infanzia dello scrittore altri ricordi trovi nei suoi libri.
Indimenticabile quello di Ivan Mosjoukine che interpreta Mattia Pascal. Il film di Marcel L’Herbier è del 1925. Sciascia lo vide tra il 1933 e il 1934. Vide il film poi lesse i libri di Pirandello che l’accompagneranno per tutta la vita.
Divo degli anni venti, Mosjoukine è così bravo nella parte recitata che tutti i lettori del romanzo che hanno visto il film, scrive Sciascia, e forse lo stesso Pirandello, non riusciranno a ricordare Mattia Pascal se non con la sua “figura, i movimenti e le espressioni”.
La stessa cosa succede oggi con il commissario Montalbano: difficile scinderlo da Luca Zingaretti che lo interpreta. Quasi avesse segnato il proprio destino artistico, Mosjoukine era stato nel teatro russo il Cadavere vivente di Tolstoi. Dopo Mattia Pascal interpretò Casanova.
Un ricordo per noi significativo Sciascia l’affida alle prime pagine delle Parrocchie di Regalpetra. Abitava dalle zie: e una ne vide piangere mentre guardava il ritratto di Matteotti nascosto nell’armadio. L’avevano ammazzato. E la zia diceva: “Ci penserà il Signore”. Ma facendo segno al nipote di tacere. Un giorno lo portarono alla stazione per veder passare quello (come la zia lo chiamava) che l’aveva fatto ammazzare, ma non riuscì a vedere niente: solo un treno che arrivava salutato dalla grande folla.
Fu il delitto Matteotti, il pianto della zia, per il bambino che Sciascia ancora era la prima intuizione del fascismo.
Altre violenze e guerre, altre lacrime di donne e uomini, più avanti, sarebbero venute.
(Tratto da Rumore di fondo, saggio di Gaetano Cellura, anno di pubblicazione 2011)