La sala del Cinema Concordia è stata aperta in anticipo per i soli giornalisti che alle cinque di oggi sono stati invitati a vedere “eterno visionario”, il film di Michele Placido sull’interiorità di Luigi Pirandello. I più si aspettavano la solita commedia cinematografica che raccontasse lo scrittore agrigentino Premio Nobel per la letteratura nella solita descrizione storico-letteraria: Michele Placido è, invece, riuscito a portare sul grande schermo un’opera che, come in pochi casi, mostra la natura dell’uomo, dell’artista combattuto tra le varie sfaccettature dell’amore che non si lascia abbattere nè intimorire dagli eventi ma che inebitalbilente logora. C’è chi si aspettava un “colpo di drone” sulla Valle dei Templi, chi invece un’inquadratura sulla facciata del Comune-Teatro… e invece no. Michele Placido ha diretto un film in cui si celebrano gli anni ’20 del bel Paese e la narrazione perfetta del divario tra la Capitale, la Germania, la Svezia e la Sicilia, lì dove la gente ancora condivideva le case con le bestie e i bambini facevano su e giù per le miniere di zolfo dell’agrigentino: sud del sud. Un film che parla poco il siciliano e che non celebra come uno spot le bellezze di Agrigento ma che svela allo spettatore una bellezza quasi proibita che lascia l’amaro e che celebra le sue vetustà intrise, almeno un tempo, di povertà, orgoglio e pressappochismo. Placido, che nel film si ritaglia il ruolo di Saul Colin, l’agente di Pirandello, ha ricordato Nick Carraway, personaggio di Francis Scott Fitzgerald che nel Grande Gatsby accompagna il lettore in tutta la narrazione e Fabrizio Bentivoglio in un Pirandello come Jay Gatsby, con il suo sogno incorruttibile, con il suo amore gentile, con il suo essere uomo fragile, delicato, appassito e logorato dalle vicissitudini che la vita gli aveva riservato. Magistrale l’interpretazione di Federica Luna Vincenti nel ruolo di Marta Abba che contribuisce a trascinare lo spettatore, definitivamente, dentro la pellicola.