Secondo appuntamento della stagione teatrale agrigentina con “Sogni e bisogni” di Vincenzo Salemme. Il primo, come ormai è stato certificato dal sindaco Firetto, era stato la presentazione del libro scritto dal ministro Alfano “Chi ha paura non è libero” in un teatro Pirandello strapieno e al di sotto dei limiti di sicurezza. Situazione che mai sarebbe consentita per uno spettacolo teatrale.
Scritta nel 1995 – ricordano le note di regia di Vincenzo Salemme – “Sogni e bisogni” non si rassegna alla pietra tombale sulla commedia all’italiana che Monicelli e Cerami avevano posto con il loro “Borghese piccolo piccolo”. L’intrepido Salemme ne è anche l’autore, l’interprete e il regista sfoggiando bravura scanzonata e mutuando riflessioni che appartennero al Moravia di “Io e lui”. Solo che qui Salemme si impone un rigore di linguaggio e una calibratura sul filo del rasoio degli effetti della narrazione che in Moravia erano tout court fortemente erotici se non proprio pornografici . Il risultato è di una buona commedia che ha il coraggio di essere sfacciata nella narrazione e che alla fine si concede, per così dire, un post scriptum che la mette al riparo dal facile ridanciano e addirittura perviene a darsi un colpo d’ala da favola esopica chiamando in causa il perenne squilibrio generazionale nel rapporto padri-figli.
A questo stile che si è imposto Salemme diamo il merito se non si è costretti a scrivere che la stagione teatrale si è aperta con un protagonista “testa di c….” ripiegando su una “testa di pene” che si stacca dal corpo imbastendo una sorta di “maggio francese” con le sue rivendicazioni tecnico-sessuali. Anzi, scrive Salemme – “rivendica lo status di vero e proprio protagonista della vita e della scena. Egli ritiene che la vita del grigio e mediocre Rocco Pellecchia mal si adatta alla grandeur del suo sottoutilizzato “tronchetto della felicità” (Salemme dovrebbe esigere il copyright). Tronchetto che assolve ad una funzione salvifica del povero Rocco che affronterà il futuro con rinnovato orgoglio e spirito visionario. Salemme immette con tatto(Freud viene simpaticamente storpiato ) quella che è una nevrosi gigantesca dentro un uomo abitudinario, noioso, meticoloso. E si sa che da quella nevrosi comincia l’uomo moderno e cioè il viaggio di scoperta (imposto qui dal tronchetto) passando per la sadomaso Maria, che riesce ad avere anche dolce solidità , facendo sperare in una moglie normale che possa cuocere l’uovo alla coque o portare il caffè la mattina.
Salemme accenna al “treitment” ma si scatena nell’intrattenimento e interloquisce in platea, con vertici di comicità sottolineate da sonore risate tra il pubblico. Tra i sogni che sovrastano i bisogni e viceversa, partecipano con incubi e risvegli tutti gli interpreti altrettanto scanzonati: Nicola Agunzio, Domenico Aria, Sergio D’Auria, Andrea Di Maria, Antonio Guerriero e Siudy Mijares che in reggicalze e voce fetish ricompone le frattaglie di Rocco Pennecchia. Anzi, come diceva Totò, anima, corpo e frattaglie.
Le foto sono di Diego Romeo