Non c’è pace per Massimo Ghini.
Dopo aver subito qualche anno fa, le minacce anonime (subito denunciate) per aver puntato il dito sulla gestione clientelare dell’Imaie, l’istituto omologo della Siae che tutela musicisti e attori, eccolo cacciarsi in una vicenda che lo lascia ancora con l’amaro in bocca: “Un’ora di tranquillità“ che lui va cercando per tuffarsi nell’ascolto di un disco in vinile trovato fortunosamente e che, se abbiamo ben compreso, si tratta di “Un americano a Parigi” di cui si ascolta appena l’inizio.
Non pago e impenitente avventuriero di scena il Massimo Ghini lo troviamo attualmente in una scorreria cinematografica che lo mette sotto accusa con un “Non si ruba a casa dei ladri” di Vanzina. Ghini se le va a cercare tutte e ben gli sta che adesso non trovi un’ora di tranquillità, inseguito da moglie e amante che si dichiarano pentite e gli vogliono raccontare tutto nel bel mezzo di un casino della malora che gli crea il vicino di casa polacco con la ristrutturazione del bagno. Una girandola di dialoghi sfrenati, di gags e caratterizzazioni al limite che si svolgono in una enorme mansarda con vista Torre Eiffel che occhieggia da un grande oblò.
Una comicità a sprazzi intelligente quella del francese autore Florian Zeller che se lo sogna Neil Simon e introduce la farsa in quello che una volta nel teatro nordico era il “kammerspiel”.
Frenetica la ricerca del successo plateale e al botteghino, infatti pare che la commedia sia campione di incassi, né poteva essere altrimenti in tempi dove il temuto (dalla Chiesa) relativismo morale ha superato di molto il fosso dei suoi pregiudizi e dove si scopre che il problema delle corna è rimasto tale e quale come ce lo raccontava Flaiano: Nell’alta borghesia le corna finiscono in gossip su riviste specializzate, nella media borghesia si sussurra lo slogan “che tutto resti tra noi” e nei ceti popolari invece finisce a coltellate o sparatine. In questa commediola da spassosa middle class, tutti i dilemmi e i pudori vengono assorbiti da una approfondita ricerca di meccanismi giocosi dove la parola diventa strumento comico.
E’ il caso del figlio del protagonista, Alessandro Giuggioli, un grunge straordinario che si fa chiamare “Topodelcazzo” un epiteto che nemmeno il più sfigato dei Sioux avrebbe accettato.
E sarà il povero grunge a scoprire alla fine della commedia il suo vero padre, forse uno dei momenti più riflessivi che emoziona in un andante forsennato impresso dalla regia dello stesso Massimo Ghini. Per la cronaca Alessandro Giuggioli è il giovane produttore di un film collettivo “In bici senza sella” e che insegue “molti sogni per le strade” insieme all’altro protagonista della commedia, Luca Scapparone. E poi c’è Claudio Bigagli il celebre tenente Montini nel “Mediterraneo” Oscar di Salvatores.
Senza dimenticare Marta Zoffoli (che ad Agrigento ha sostituito Gea Lionello), l’amante, che Woody Allen volle nel suo film dell’anno scorso girato a Roma.
Infine Massimo Ciavarro cinquantottenne esordiente che pare abbia avuto una relazione con la compianta Moana Pozzi. Seconda protagonista con Massimo Ghini, l’amica radical chic di Gambardella ne “La Grande Bellezza” di Sorrentino e cioè Galatea Ranzi, Premio Ubu in anni andati e tra le altre grandi interpretazioni un “Re Lear” di Luca Ronconi.
Le scenografie sono di Roberto Crea, i costumi di Silvia Frattolillo, le luci di Marco Palmieri. Massimo Ghini è alla sua prima regia teatrale. Il sindaco Firetto lo abbiamo visto soddisfatto presentare Ghini in conferenza stampa, quasi ad esorcizzare quella mancata ora di tranquillità che l’Agrigento siffatta non concede facilmente. A nessuno.
Testo e fotogallery di Diego Romeo