Ha voluto dare un particolare significato al suo libro titolando “Tutta colpa di Solone” presentato ad Agrigento in un affollato consesso politico.
“Solone come lei ben sa, è stato un illustre greco che per tanti anni ha governato Atene dando l’opportunità alla cosiddetta plebe di godere dei diritti civili, politici. Questa democrazia di Solone credo sia l’inizio della democrazia di oggi. Partendo da questa costituzione soloniana del 594 avanti Cristo arrivo ai giorni nostri sottolineando anche che dai tempi della prima nostra repubblica siamo passati oggi a parlamentari poco adeguati e ignoranti. E questo perché a scegliere i governanti sono i cosiddetti leaders dei partiti e non più il popolo”.
Le reazioni e i commenti al suo libro come sono stati? Devo confessare che per quanto mi riguarda sono rimasto perplesso.
“I relatori si sono espressi in maniera molto chiara, altri probabilmente hanno letto il libro velocemente”.
Vorrei ricordarle che in quel consesso letterario si sono ritrovate le tante contrapposizioni e contraddizioni della politica locale, per esempio una sorta di nemesi storica, il fatto che si sono ritrovati uno da relatore, e l’altro da spettatore due esponenti della politica comunale, l’uno Marco Zambuto rifiutato da Fratelli d’Italia perché troppo di sinistra nelle ultime elezioni comunali e l’altro Lillo Pisano rifiutato da Fratelli d’Italia perché troppo nostalgico di una storia orrenda, E nonostante questo la città lo ha votato costringendo Pisano a rifugiarsi in un altro cespuglio politico. Per non parlare della presenza plaudente del sindaco Miccichè che ha i suoi problemi nel fronteggiare una crisi evidente. Lo dimostrano due dimissioni di qualche giorno fa, dell’assessore Picarella e dell’assessore Roberta Lala che con gentilezza femminile ha invece offerto coordinate poco rasserenanti sulla gestione del potere nelle stanze di Palazzo dei Giganti.
“Io ho iniziato a scrivere il libro nel 2015 dove accennavo agli “invisibili” del potere e ricordo che ne parlammo in una sua intervista circa un anno fa”.
Questa storia degli “invisibili” che regolano il potere in città e in Sicilia, (tanto per non valicare lo Stretto) è molto intrigante e veritiera. Un altro scrittore agrigentino, Beniamino Biondi , ne ha fatto argomento del suo libro riferendosi agli “spettri” del passato che a detta di un recensore fanno meno paura degli “spettri viventi” della nostra palude politica. Spettri e invisibili sono una equazione plausibile.
“Le ricordo, ho iniziato a scrivere il libro nel 2015, quando il sindaco Zambuto si è dimesso per colpa di “invisibili” e ricorderà certamente che tutta quella gente che subito dopo si riversò in piazza era certamente eterodiretta da “invisibili” che gestirono il popolo come un gregge”.
Quindi anche lei trova una somiglianza tra quel gregge che qualche mese fa in Mongolia fu scoperto a girare in tondo, pecora dietro pecora, per una settimana senza che pastori ed animalisti riuscissero a spiegarlo.
“Si, un gregge che viene portato a destra e a manca dal pastore con mente mefistofelica che si riflette nel personaggio “invisibile”.
C’è parecchio di vero in questa similitudine che mi ricorda una battuta del film “Il regista di matrimoni” di Marco Bellocchio dove il regista fa dire a un personaggio “In Italia comandano i morti”. Quindi una domanda mi sembra ovvia: “ma l’Agrigento conservatrice e di destra fin da quando votò monarchia e non repubblica si chiede come mai dopo tanti decenni è sempre in fondo a tutte le graduatorie sociali e con una sinistra ormai boccheggiante che ha fatto talora da stampella a questa concezione di vita… democratica”?
“Dobbiamo andare molto indietro negli anni. Qui ad Agrigento abbiamo avuto ministri nazionali e parlamentari regionali con alti incarichi e oggi molti di loro stanno sempre ai loro posti. Nel mio libro questo dico, che abbiamo una terra meravigliosa e però restiamo senza aeroporto, le strade sempre ottocentesche come le ferrovie, e con il ginepraio della distribuzione idrica che non riusciamo a risolvere. E con una offerta di lavoro che fa male alla salute come Gela e Priolo Gargallo o come il rigassificatore che distrugge il paesaggio e il turismo. Le richieste dei cittadini sono sempre queste e non ci sarebbero altre grandi cose da fare. Abbiamo avuto momenti di gloria con qualche sindaco che è riuscito a far pulire le strade, a fare arrivare l’acqua quasi ogni giorno, ad aprire il teatro Pirandello. E poi persino ha subito una condanna”.
E’ d’accordo con la classe amministrativa di oggi che si autoassolve continuamente aspirando, magari giustamente, ad una cultura che dopo i greci, Pirandello, Sciascia, Camilleri e pochi altri ancora viventi, appare difficile da dimostrare?
“Non è soltanto colpa della politica in genere e di chi ci governa. Ieri mattina, facendo un giro in via Atenea, l’ho trovata morta e deserta. Qui potrebbero entrare in gioco le sinergie tra l’ente Parco archeologico e il Comune. Un dialogo concreto è d’obbligo, molti egoismi potrebbero essere eliminati”.
Le faccio notare che Grandangolo ha spesso sollecitato la cessione in comodato d’uso del Parco dell’Addolorata (che va in rovina) al Parco archeologico ma dal Comune non c’è stata alcuna risposta, neanche opinabile. Si è solo appreso che il Parco archeologico sarebbe d’accordo. In tal modo abbiamo due città, quella dei templi, ricca, e quella del colle che gestisce pochi spiccioli e scaramucce politiche.
“Proprio quello che dico io, non si dialoga, anzi l’uno cerca di mettere bastoni all’altro e qui c’entra a piene mani la politica che ha designato i personaggi a governare”.
Lei pensa o prevede un qualche colpo di reni che ci faccia uscire da queste dannose contrapposizioni?
“Agrigento deve scegliere con la propria testa e portare avanti personaggi che dimostrino amore e abnegazione per la città, basterebbe che questi signori dialogassero e che i potenti di turno che stanno in Regione anziché tenere la gente imbrigliata ai suoi bisogni sia più liberale, fattiva e riconoscente”.
Lei è nel consiglio di amministrazione del Teatro Pirandello. Le scelte teatrali di quest’anno lei ritiene siano un aiuto a riflettere e ricercare una identità che sia decisiva per le prossime scelte amministrative? “Il caso Tandoy” non mi pare sia stato un buon viatico per la memoria delle nostre radici sociali.
“La Fondazione teatro le posso assicurare prosegue nel migliore dei modi, non lo dico perché ci sono io, nessuno di noi ha interesse a portare avanti un proprio spettacolo ma solo incentivare una azione culturale. Per quanto riguarda la direzione artistica è autonoma e sceglie liberamente il programma. In definitiva il cartellone di quest’anno è un ottimo cartellone e come lei ha anche scritto abbiamo aperto ad altre compagnie locali”.
Non sarò io a ricordarle che il teatro è vita e si fa beffe, fin dai primordi, di tutte le albagie politiche e bottegaie essendo una mina vagante per direttori artistici e impresari teatrali. Un conflitto di interessi che prima o poi è sempre esploso.
“Le assicuro che in questa Fondazione c’è un dialogo preciso che cerca di raggiungere l’obiettivo e cioè un minimo comune denominatore per i gusti e le tradizioni della città”.