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Prefetto Cocciufa: “Agrigento priva di modelli positivi di reazione”

La polemica è scoppiata fragorosa, diventando un vero e proprio caso politico quando le agenzie di stampa hanno lanciato un durissimo comunicato firmato dalla deputata del Gruppo Misto, Piera Aiello, dall’ex ministra della difesa Elisabetta Trenta, dal testimone di giustizia Ignazio Cutrò, dall’avvocato e consulente della Commissione antimafia, Rosario Scognamiglio, dall’avvocato Roberto Catani e dal segretario provinciale di Idv per Roma, Nicola Cecchini: «Esprimiamo tutto il nostro sconcerto e la nostra indignazione per le affermazioni della prefetta di Agrigento, Maria Rita Cocciufa, riportate nella relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia relativa al secondo semestre 2020.

In particolare la prefetta, nel descrivere il territorio della provincia di Agrigento, si lascia andare a giudizi sprezzanti e lesivi della dignità delle amministrazioni locali, definite “non sempre all’altezza dei complessi compiti e con apparati amministrativi caratterizzati da carenze di professionalità”. Ma ancor più grave è il giudizio sulla cittadinanza, che non offrirebbe – a suo dire – “modelli positivi di reazione a gravi fenomeni”.

Un botto senza pari che ci porta ad analizzare il contenuto specifico della relazione, laddove prim’ancora del prefetto Cocciufa, sono gli stessi esperti della Dia che sottoscrivono:  “La capillarità della “pressione” mafiosa condiziona lo sviluppo economico depauperando il tessuto sociale e produttivo. Lo stesso capoluogo versa in una situazione critica evidenziando carenze infrastrutturali e organizzative dovute alla “parassitizzazione” dell’imprenditoria e del commercio da parte delle consorterie”.

Poi, si aggiunge: “Al riguardo, il Prefetto di Agrigento, Maria Rita Cocciufa, evidenzia che la “… povertà culturale, non disgiunta da quella economica, determina una situazione di arretratezza nella quale continuano a proliferare le regole dettate dalla criminalità organizzata. Anche gli Enti locali, in molti casi rappresentati da Amministratori non sempre all’altezza dei complessi compiti e con apparati amministrativi caratterizzati da carenze di professionalità oltre che di risorse finanziarie, stentano a rispondere adeguatamente alle istanze dei cittadini; tale situazione è aggravata dalla assenza di organismi intermedi espressione della c.d. “società civile” particolarmente restia a impegnarsi e a partecipare fattivamente a quello che dovrebbe esse il perseguimento del “bene comune”. In tale contesto il prefetto, Maria Rita Cocciufa sottolinea ulteriormente che è presente “… una certa assuefazione a regole ancora fortemente radicate nel contesto sociale agrigentino, quale l’impossibilità di avere riconosciuti i diritti se non ricorrendo ai favori…Non può non rilevarsi anche l’assenza di modelli positivi di reazione a gravi fenomeni…, confermata dalla totale assenza di associazioni antiracket e antiusura”. E anche che “La provincia allo stato rimane…un territorio privo di prospettive soprattutto per i giovani che in numero cospicuo ogni anno “emigrano” in altre zone del Paese o all’estero per completare gli studi o in cerca di lavoro. Tale stato di cose ha determinato un sensibile depauperamento del territorio con il conseguente abbassamento del livello culturale e di consapevolezza che lascia spazio a comportamenti caratterizzati da scarso senso civico e devianza, purtroppo non sempre adeguatamente stigmatizzati dalla comunità”.

Concetti, assolutamente non lontani dalla realtà, che erano stati già espressi pubblicamente lo scorso 21 marzo – trovando la piena adesione, ad esempio del procuratore Luigi Patronaggio, in occasione di un convegno organizzato dall’Arcidioscesi di Agrigento, che ben presto si è trasformata in un vero e proprio laboratorio di idee, a cui hanno partecipato i vertici delle istituzioni agrigentine – oltre al prefetto, il Procuratore, il Questore, i comandanti provinciali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza ed il capo della Dia,  magistrati, per parlare di come agisce la mafia sul territorio, dei cambiamenti al suo interno e delle risposte che la società civile è chiamata a dare.

Nessuno, in quella circostanza, disse alcunchè. Eppure, le parole sono state identiche e pubbliche.

Nel contesto della polemica Piera Aiello e gli altri firmatari della nota inseriscono il comportamento lodevole “della famiglia Cutrò che ha fatto il proprio dovere fino in fondo, denunciando e testimoniando nei processi contro Cosa Nostra”, circostanza veritiera che – a nostro avviso – merita ancora oggi la massima attenzione, compresa quella del prefetto.

Ma questa è un’altra storia.

Si schiera dalla parte del prefetto Cocciufa il sindaco di Naro Maria Grazia Brandara.

“Il coraggioso e netto intervento del Prefetto di Agrigento che in chiare e secche battute denuncia quella mancanza di modelli positivi ” che ad Agrigento aiutano la mafia,e’ un allarme che va raccolto, condiviso e per il quale necessita che amministratori, burocrati e politici, avviino una profonda riflessione”, afferma il sindaco di Naro, Mariagrazia Brandara che, commenta le affermazioni dal Prefetto Maria Rita Cocciufa. Sono fermamente al fianco del Prefetto di Agrigento Maria Rita Cocciufa, che con le sue dichiarazioni – conclude – mostra profonda conoscenza del territorio e delle distorsioni che si annidano tra politica e amministrazioni complici di un’azione di ostacolo e prevaricazione nei confronti dei cittadini onesti”.

 Anche il “Cartello sociale” della provincia di Agrigento, composto dall’Ufficio di Pastorale sociale e lavoro dell’Arcidiocesi di Agrigento e dalle segreterie provinciali di Cgil, Cisl e Uil, stanno dalla parte del Prefetto di Agrigento.

La puntuale relazione della Dia, relativa al secondo semestre del 2020 – conferma un quadro molto desolante sullo stato di salute di un territorio, come quello agrigentino, dove la capacità di penetrazione e l’assetto organizzativo della mafia e della criminalità organizzata incidono pesantemente sulla vita economica e sociale della provincia alimentando una prassi deviata dove si saldano povertà economica e culturale”, scrivono don Mario Scorce, Salvatore Pezzino, Alfonso Buscemi, Emanuele Piranio e Gero Acquisto. A commento della relazione non potremo trovare parole più adatte di quelle contenute nella nota del prefetto di Agrigento Maria Rita Cocciufa, alla quale va tutto il nostro più completo apprezzamento per il lavoro svolto a servizio del territorio e per la passione e la competenza con lo porta avanti. Le sue considerazioni sposiamo totalmente nel merito e nel metodo. Auspichiamo che su questo quadro tristemente fosco si possa avere una forte reazione dell’opinione pubblica per non lasciare sole le forze dell’ordine e la magistratura a contrastare le strategie della mafia e della criminalità organizzata. In questo senso auspichiamo altresì che la politica buona dia il suo contributo alla causa recuperando anche la dimensione pedagogica nel suo impegno quotidiano”