Il 3 giugno “alle 5 della sera” l’aula del Consiglio comunale di Agrigento sarà testimone di un dibattito come non avveniva da anni. Mi riferisco allo scontro, messo in scena (e quindi teatralizzato) dal Cepasa, avvenuto a Montecitorio nel 1885 tra il nostro deputato Nicolò Gallo e il ministro del commercio Bernardino Grimaldi. Il “pomo della discordia” fu la mancata approvazione della delibera che istituiva una agenzia del Banco di Sicilia a Sciacca. Una “scena del crimine” con attori agrigentini insospettabili e ben riconoscibili.
“Si. Venerdì 3 giugno la Sala dei Giganti sarà l’Aula di Montecitorio per una riproposizione di una seduta storica avvenuta il 25 maggio 1885, nel corso della quale si registrò uno scontro verbale tra il nostro deputato Nicolò Gallo e l’allora ministro del Commercio Bernardino Grimaldi. Nel corso della seduta parlamentare diversi ed autorevoli deputati siciliani avevano interrogato il ministro Grimaldi per avere delle risposte in ordine alla loro istanza rivolta alla direzione del Banco di Sicilia per ottenere l’istituzione di una agenzia del Banco nella loro città. Nella stessa seduta veniva posta per ultimo l’interrogazione del deputato Nicolò Gallo per conoscere dal ministro i motivi sulla mancata esecuzione della deliberazione del Consiglio Generale del Banco di Sicilia concernente l’istituzione di una Agenzia del Banco di Sicilia nel comune di Sciacca. Con propria decisione il ministro aveva ritenuto opportuno non dare corso all’istituzione dell’Agenzia a Sciacca e a Santo Stefano di Camastra, approvando solo per quelle a favore di Milano e di Caltagirone. Da qui l’interrogazione ben motivata sul piano giuridico da parte del deputato Gallo nei riguardi del ministro, il quale con ampollose dichiarazioni controbatteva alle argomentazioni del deputato Gallo. Uno scontro in Aula tra due giganti della politica. Gallo difese in Aula le prerogative a favore di Sciacca e alla fine rintuzzò il ministro con le seguenti parole:” Voi, dopo aver fatto diritto alle ragioni di Sciacca, avreste potuto fare diritto alle ragioni delle altre città; mentre colla vostra condotta, fate un torto a Sciacca senza fare ragione ad altra città. Avete finito col dichiarare che volevate essere giusto; ma e questa è giustizia, ne giudicherà la Camera ne giudicherà il paese. Di contro il ministro :”Non è mia colpa, se ciò avviene; in ogni modo, preferisco che nessuna altra città dell’Isola abbia una succursale, anziché l’abbia una città a possibile detrimento e iattura degli interessi di altre che debbono avere dal Governo la stessa protezione”.
Sono arrivate lamentele da parte di cittadini sull’atteggiamento tenuto dalla Agenzia delle Entrate in piazza Metello. Pare che a causa del Covid sia diventata una sorta di cittadella proibita. Per farsi ricevere, per esempio, occorre che il cittadino si prenoti attraverso un meccanismo farraginoso. Si notano addirittura cittadini disorientati che sono tenuti fuori dalle sale di attesa.
“Si è vero. Le lamentele ci sono e sono rivolte all’organizzazione del lavoro. Le prenotazioni per essere ricevute dall’Agenzia delle Entrate comportano per le persone anziane serie difficoltà dovute al fatto di dover ricorrere alla e-mail, dare le generalità, il recapito telefonico, inserire poi il codice, ecc.ecc. Per gli appuntamenti basterebbe collegarsi col centralino dell’agenzia. Inoltre, consentire agli utenti di presentarsi negli uffici in uno o più giorni della settimana rispettando il turno. Quello che si riscontra al momento è di vedere sale d’attesa vuote e persone fuori la porta d’ingresso. E poi non è un bell’effetto vedere una addetta all’ingresso che con toni autoritari caccia le persone dalla sala d’ingresso. Chiedere del direttore o del vice direttore o del capo ufficio è come fare la caccia al tesoro. Infine, in certe ore della giornata la terrazza dell’ufficio è gremita da tanti fumatori. Questa è la cornice”.
Risaputo che la mafia si annida tra i più insospettabili poteri forti che condizionano anche atti ministeriali. La vicenda rigassificatore, ad esempio, conferma la forzatura di chi esercita il potere economico.
“I poteri forti pur di raggiungere un tornaconto non guardano nessuno in faccia. Per loro quel che conta è il profitto. L’esempio più evidente è quello del crollo del viadotto su Genova dovuto alla mancata esecuzione di opere consolidamento. Ma ai poteri economici interessava solo lucrare. Ora ad esempio dopo vent’anni ritornano alla carica i poteri economici forti per realizzare a ridosso dei luoghi pirandelliani, del parco archeologico, della Costa del Mito con la Scala dei Turchi, della Villa Romana. Per loro non conta la storia millenaria della Valle, della bellezza del paesaggio decantata dai grandi viaggiatori da Goethe, Dumas, Guy de Maupassant, Hardcastle ecc. ecc. Scelgono la nostra costa per utilizzare al massimo i profitti, non dovendo sostenere i maggiori oneri d’impianto a mare ad almeno venti miglia dalla costa. La prepotenza è uno dei mali della società, specie se questa è alla base per raggiungere guadagni e profitti in barba alla bellezza del paesaggio e dei monumenti”.
Sul referendum c’è un silenzio di tomba. Rimangono forti dubbi, a prescindere dalle posizioni politiche, su chi e cosa potrà far raggiungere il quorum per la sua validità.
“I referendum rischiano tanto. Ormai la gente non va più a votare. Gli elettori sono stanchi della politica attuale. Dopo i referendum degli anni della cosiddetta prima repubblica, nessun altro quesito referendario è stato approvato dal corpo elettorale. Questo disamore uccide la democrazia e crea seri problemi allo Stato. Esprimere il voto è un diritto del cittadino sancito dalla nostra Costituzione. Si può essere favorevoli o contrari ai requisiti referendari, l’importante è votare”.