Mafia

Mafia e bancarotta, sequestrati 1.5 milioni di euro: due arresti e sei indagati

Sono stati delineati i rapporti di affari tra un uomo d'onore di Partanna e il gestore di una società titolare di un noto brand di gelaterie della città di Palermo

Pubblicato 1 mese fa



Le mani della mafia sulla catena palermitana di gelaterie Brioscià. I finanzieri del Comando provinciale di Palermo, su richiesta della procura, hanno eseguito due ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti del boss Michele Micalizzi, capomafia di Partanna Mondello, e dell’imprenditore Mario Mancuso. Disposto anche il sequestro di oltre 1,5 milioni di euro. Le accuse, a vario titolo, sono di concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione aggravata dal metodo mafioso, trasferimento fraudolento di valori e bancarotta fraudolenta. Sei in tutto gli indagati nell’inchiesta della Dda di Palermo che ha disposto anche perquisizioni in abitazioni e luoghi a disposizione dei sei.

Secondo quanto emerso delle indagini, condotte dal Nucleo di polizia -economico-finanziaria di Palermo, Micalizzi, esponente di spicco del mandamento di San Lorenzo e già condannato per associazione mafiosa, “avrebbe esercitato un pervasivo potere di controllo sull’attività commerciale, intervenendo in prima persona sia nella scelta del personale da assumere che delle strategie da perseguire a livello aziendale. Il tutto in virtù di un profondo legame fiduciario da cui anche l’imprenditore avrebbe tratto significativi benefici economici, consistiti nella possibilità di espandere sul territorio la propria rete commerciale, anche attraverso la costituzione di nuove imprese in conseguenza della dichiarazione di fallimento della società, intervenuta nel 2021”.

Un legame, quello tra Micalizzi e Mancuso, che sembrerebbe confermato dai diversi “interventi” dell’uomo d’onore per risolvere questioni private dell’imprenditore, nella ricerca di fonti di finanziamento e di nuovi locali per l’apertura di ulteriori punti vendita, oltre “a garantirgli la necessaria protezione rispetto a richieste estorsive avanzate da altri esponenti mafiosi”. L’operatività delle gelaterie, inoltre, sarebbe stata “fortemente condizionata dalla necessità di assicurare continui utili al sodalizio mafioso, destinati, tra l’altro, al sostentamento dei detenuti e dei loro familiari”. Questa gestione, evidenziano gli investigatori, avrebbe inciso notevolmente sulla situazione finanziaria della società poi fallita in cui sono state riscontrate fuoriuscite di denaro “prive di giustificazione” per un importo complessivo di 1.511.855,60 euro.

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