Politica

L’acqua ad Agrigento e il miracolo… al contrario 

di Giuseppe Riccobene

Sono trascorsi oltre dieci anni, da quando ad Agrigento si avviarono le proteste contro la gestione privata del servizio idrico integrato, e a tutti erano chiari i tanti difetti di quella gestione: servizio insufficiente rispetto ai bisogni e alle previsioni normative, tariffe elevatissime in ragione dei costi, assunzioni clientelari e meritocrazia assente. Senza tema di smentita, a tre anni di avvio della gestione pubblica – sei, tenendo conto dei tre anni di gestione prefettizia dal 2018 al 2021 – si può parlare di “miracolo al contrario”: un servizio peggiore sotto ogni aspetto, le tariffe incrementate del 30% e tutti i dipendenti, molti dei quali amici dei potenti, o dei politici di tutti i partiti, stabilizzati quali dipendenti pubblici, ovviamente senza alcun concorso. Prima erano difetti evidenti, che pesavano e pesano concretamente sul servizio reso a famiglie e imprese agrigentine. Erano difetti che si era promesso di correggere. Oggi, contrariamente alle aspettative di tanti, sono una stabile caratteristica del gestore pubblico AICA. 

RETI IDRICHE, FINANZIAMENTI, INVESTIMENTI, MANUTENZIONI

Il gestore privato, tra difficoltà, critiche, gravi censure amministrative e giudiziarie, realizzava con l’apporto di finanziamenti pubblici e capitali propri, diverse nuove reti idriche e fognarie, provando a rispettare vincoli di bilancio che pure impongono o imporrebbero, tra l’altro, la destinazione di una quota dei ricavi alle manutenzioni ordinarie e straordinarie delle proprie reti, delle proprie fonti, degli impianti esistenti. Nel “miracolo al contrario”, AICA è riuscita a perdere i finanziamenti interamente pubblici, per diverse decine di milioni di euro, destinati ad investimenti fondamentali, tra i quali spicca la nuova rete idrica di Agrigento, cioè quel colabrodo che oggi disperde ben oltre la metà della risorsa immessa. In un mondo normale, aver perso interamente quei finanziamenti, comporterebbe un momento di verifica, per capire chi, come, perché. Domande garbate, lecite, doverose, che qualcuno ha provato a formulare e che meriterebbero risposte altrettanto cortesi, precise, puntuali. 

LE FONTI. L’EQUITA’, QUESTA SCONOSCIUTA.

Ci sono cittadini che continuano a subire turnazioni della distribuzione con cadenze inaccettabili. Altri, a pochi km di distanza, non hanno mai conosciuto la crisi: disponendo di risorse e fonti proprie, mai messe a disposizione dell’ambito territoriale, nei casi più fortunati, non hanno neppure mai conosciuto le turnazioni. Utilizzando strumentalmente e con tanta “fantasia amministrativa” le deroghe di legge, ad alcuni Comuni è stata garantita una gestione autonoma e, quindi, l’acqua corrente 24/24 h o con turni accettabili, sopportabili. Nessuno, sinora, si è occupato con attenzione di questo “miracolo collaterale” con il quale, oggettivamente, si tradiscono la Costituzione, lo spirito della legge “Galli”, i principi fondanti della pubblica amministrazione, i criteri basilari del “buon padre di famiglia” e una imprecisata quantità di leggi e regolamenti che, a queste latitudini, spesso diventano astratte materie per convegni giuridici. Anche su questi aspetti, alcuni continuano a chiedere, inascoltati chi, come, perché può succedere tutto questo. 

I SERVIZI SOSTITUTIVI

L’acqua è vita, ma l’acqua è anche potere, soprattutto in un quadro talmente desolante come quello che stiamo vivendo. Può capitare, quindi, che una famiglia rimanga senz’acqua e sia costretta, dopo aver inutilmente reclamato con il gestore, di ricorrere alla “classica” autobotte abusiva, pagando 200 euro per il trasporto di acqua di dubbia provenienza e, quindi, di altrettanto dubbia salubrità. Nello stesso giorno, può capitare che il fortunato proprietario di una bella piscina abbia la necessità di riempirla e, con tempistica svizzera, ottenga su agile richiesta telefonica una fornitura gratuita (per lui, ma in realtà a spese dell’intera utenza) tramite le autobotti della pubblica amministrazione. E’ stato chiesto, anche in questo caso, di garantire massima trasparenza e pubblicità in merito alle priorità adottate per tali forniture totalmente gratuite, che dovrebbero ragionevolmente essere riservate alle utenze “sensibili”. Qualcuno di “quelli che contano” ha provato persino a spiegare, pubblicamente, che tra le “utenze sensibili” da servire con la massima priorità vi sarebbero i pontili galleggianti o, forse, un particolare pontile galleggiante, dove i clienti o i soci hanno impellente necessità e urgenza di … lavare le proprie imbarcazioni con acqua potabile dopo una estenuante gita domenicale alla Scala dei Turchi! Spiegazioni evidentemente convincenti, di adeguato rigore amministrativo e, pertanto non meritevoli di alcun approfondimento. Chi, come, perché può fare e disfare, anteporre e posporre, secondo il proprio assoluto piacimento e convincimento, le priorità nella gestione delle cosiddette forniture sostitutive, sono domande urgenti, non più eludibili. 

IL MANCATO CONTRASTO A SPRECHI E ABUSI

Fino al luglio 2021, esattamente fino al giorno precedente l’avvio della gestione AICA, la gestione commissariale prefettizia e, prima ancora, il gestore privato che aveva operato fino al novembre 2018, in attuazione di un programma obbligatorio di installazione e sostituzione dei contatori su tutte le utenze, operava stabilmente anche un piano di verifiche su tutte quelle situazioni borderline, spesso illegittime o del tutto illecite, che consentono ancora oggi, a migliaia di soggetti, di fruire della risorsa idrica, in quantità sostanzialmente illimitata, senza pagare alcun corrispettivo, senza alcun contratto, senza il fastidio di ricevere bolletta trimestrale. Era un piano accurato, complicato, e dava risultati concreti, numericamente significativi. Trattandosi di un programma che funzionava molto bene, e quindi per nulla in sintonia con il “miracolo al contrario”, AICA ha ritenuto di non tenerne conto, sospenderlo e mai più riattivarlo. E così, nel 2024, siamo a chiederci come mai alcune decine di migliaia di utenti siano privi di un servizio di misura e, dunque, il proprietario della grande villa con sedici vani, una grande piscina e uno smisurato prato inglese paga (se paga) la stessa tariffa della vedova che vive, da sola, nel basso del centro storico. Si contravviene coscientemente, anche in questo caso, a principi fondanti del corrispettivo di ogni servizio pubblico che deve essere commisurato ai consumi. E cosa dire a chi, altrettanto coscientemente, si accorge che il vicino di casa non ha mai pagato una bolletta idrica perché non ha mai stipulato un contratto e usufruito, da sempre, di una presa idrica abusiva? Anche in questo caso, chiediamoci chi, come e perché ha scientemente abolito tutti gli strumenti che, con tanta fatica, tanta dedizione e non poche tensioni, erano stati implementati per garantire contrasto a sprechi e abusi. C’è un motivo? Lo si racconti pubblicamente alla vecchietta senz’acqua e con la bolletta più cara d’Italia. 

LA GESTIONE DELLA CRISI

La manifestazione del 2 agosto 2024, partecipata da migliaia di persone di Agrigento e della provincia, aveva diversi slogan. Ascoltando con attenzione le giovani speaker ai megafoni, si poteva ascoltare questo: “I cittadini agrigentini sono delusi e sfiduciati, perché chi dovrebbe affrontare ed è pagato per farlo, quella stessa crisi l’ha creata, con la propria evidente incompetenza.” E proprio il primo dei sei punti contenenti richieste e rivendicazioni, ad oggi ancora in attesa di risposte, era pure in piena sintonia: “Preservare con ogni mezzo la gestione pubblica dell’acqua, improntandola a diversi e migliori criteri di efficienza, trasparenza, legalità, equità, che AICA non ha garantito nel corso degli ultimi tre anni, con risultati talmente fallimentari da imporre urgenti e drastici correttivi, anche mediante commissariamento del Gestore e dell’Ente di Governo d’Ambito”.  Che avesse ragione la piazza?