Mafia

Trentasei anni fa omicidio giudice Saetta e figlio Stefano, Canicattì non dimentica

Canicattì non dimentica la fulgida figura del giudice Antonino Saetta e del figlio Antonino, uccisi 36 anni fa, in un attentato mafioso. Il gravissimo episodio avvenne lungo la Ss 640 Agrigento-Caltanissetta, in corrispondenza del viadotto di contrada Giurfo, la Domenica del 25 settembre 1988, intorno alle 22,40, quando Antonino Saetta, presidente della Sezione della Corte di Appello di Palermo, veniva assassinato assieme al figlio Stefano, che sedeva al suo fianco, mentre alla guida di una Lancia Prisma e stava facendo rientro a Palermo. Il sopralluogo effettuato nell’immediatezza aveva portato al rinvenimento (lungo un tratto di strada di circa 100 metri), di 47 bossoli di cartuccia calibro 9, nonché di diversi proiettili di piombo deformati che erano stati ritrovati anche dentro l’autovettura del dott. Saetta.

Il movente del duplice omicidio viene indicato nel noto processo per l’omicidio del capitano Basile e nelle interferenze di “Cosa Nostra” per condizionarne l’esito. Ma le aspettative mafiose andarono deluse: con sentenza del 23.6.1988, la Corte di Assise di Appello di Palermo, presieduta dal dott. Saetta, aveva condannato all’ergastolo Madonia Giuseppe, Puccio Vincenzo e Bonanno Armando quali coautori materiali dell’omicidio del capitano Basile.

Oggi a Canicattì, il professor Riccardo La Vecchia, segretario dell’associazione “Amici del giudice Rosario Angelo Livatino”, ha deposto l’omaggio floreale sulla tomba del presidente Antonino Saetta e del figlio Stefano nel cimitero di Canicattì; poi, è  stata celebrata una funzione religiosa nella Chiesa di Maria Ausiliatrice alla presenza delle autorità civili, religiosi, e militari.

Oggi è importante ricordare mio padre e mio fratello. L’uccisione di mio padre ha rappresentato uno degli episodi più importanti, più inquietanti e più sconcertanti nella lotta della mafia contro lo Stato. E’ un momento sempre doloroso, ma piacevole vedere come oggi ci siano tante persone qui a ricordarlo e vedere che la città di Canicattì è presente”,  ha affermato Roberto Saetta, figlio del magistrato assassinato, che ha partecipato alla commemorazione e al momento di preghiera sul viadotto Giulfo, luogo dell’agguato, insieme alla sorella Gabriella che dice: “Mio padre era un papà severo, ma oggi che sono genitore capisco il perchè; mio fratello Stefano era un fratello molto vivace e buono, la loro perdita e la loro mancanza è stata ed troppo forte”.

Anche il il ministro della Giustizia, Carlo Nordio h voluto ricordare Antonino Saetta: “Sono proprio magistrati come Saetta che, con il loro impegno e la loro rettitudine, hanno contribuito – pagando anche con la vita – a fermare l’espansione dei clan mafiosi. Continuiamo a ricordare il suo coraggioso esempio che, ancora oggi, deve stimolare la diffusione della cultura della legalità”.

Il fatto e lo svolgimento del giudizio di primo grado.

Il 5 agosto 1998 la Corte di Assise di Caltanissetta ha condannato Salvatore Riina, Francesco Madonia, Pietro Ribisi, i primi due in qualità di mandanti, il terzo quale esecutore materiale in concorso con Michele Montagna, Nicola Brancato, Giuseppe Di Caro (nel frattempo assassinati) perchè ritenuti responsabili del duplice omicidio del giudice Antonino Saetta e del figlio Stefano, fatto delittuoso commesso con premeditazione in territorio di Caltanissetta alle 22.40 del 25 settembre 1988.