Operazione Falco,16 misure cautelari: l’ascesa di Gianluca Pellegrino (video)

La Squadra mobile di Caltanissetta, in collaborazione con i poliziotti del commissariato di Gela e con l’ausilio delle Squadre mobili di Catania, Palermo, Parma, Torino, ha eseguito questa notte a Gela, in un’operazione coordinata dalla Procura, 16 misure di custodia cautelare, firmata dal Gip Alessandra Bonaventura Giunta, tra le quali una in carcere, 9 ai domiciliari e altre 6 con obbligo di firma. Arrestato il nuovo reggente del gruppo Emmanuello, Gianluca Pellegrino. Gli inquirenti, ritengono di aver bloccato anche un vasto traffico di droga proveniente da Palermo e Catania e poi destinato alla piazza di Gela. Le droga era destinata ai luoghi della movida gelese e arrivava grazie anche all’aiuto di alcuni buttafuori che lavoravano nei locali notturni della città. Pellegrino è accusato di associazione mafiosa mentre gli altri rispondono di associazione finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti. Elemento chiave, Gianluca Pellegrino, 32 anni, colpito dalla misura della custodia cautelare in carcere, ritenuto il nuovo reggente del clan. E’ indagato per associazione di tipo mafioso, aggravata dall’essere armata, legato alla cosca Emmanuello, essendo stato il “figlioccio” di Francesco Vella, già a capo della cosca e oggi collaboratore di giustizia.

Tutti gli altri sono stati riconosciuti, a vario titolo, gravemente indiziati di aver fatto parte del gruppo da lui capeggiato e attivo nel traffico e spaccio di sostanze stupefacenti. Pellegrino era stato scarcerato nel maggio 2011 e, sin dalle prime notizie acquisite sul territorio, aveva preso le redini del clan. Diversi collaboratori di giustizia hanno confermato la sua spiccata caratura criminale sui versanti della droga e delle estorsioni. Era uno degli interlocutori privilegiati di Alessandro Barberi rappresentante provinciale di Cosa nostra.

Così, grazie al particolare attivismo ed al carisma criminale di Pellegrino, il gruppo degli Emmanuello, fortemente disorientato dalla morte del capo indiscusso, Daniele Emmanuello, nel 2007, dalla raffica di arresti e dall’accesso al programma di protezione di suoi importanti appartenenti, ha conquistato un posto importante negli affari della cosca, a partire dal fiorente traffico di sostanze stupefacenti, facendo leva su un folto gruppo di uomini incaricati, a vario titolo, di provvedere al trasporto, confezionamento e spaccio sulla piazza di Gela dello stupefacente che veniva acquistato principalmente, con costante frequenza, a Catania e soprattutto Palermo. Fiumi di hashish, marijuana e cocaina: un giro gestito con la complicità di Alessandro Pellegrino, Emanuele Faraci, Pietro Caruso, Giovambattista Campo, Angelo Famao, Orazio Tosto, Jonny Cavallo, Guido Legname e Giuseppe Di Noto, destinatari di una misura di arresti domiciliari.

Tale associazione, di tipo mafioso, era finalizzata al traffico di stupefacenti ed alle estorsioni in danno di imprenditori gelesi con condotte risalenti già all’anno 2003, per come riferito dal citato collaboratore e per come ammesso da Davide Trubia, suo complice nelle richieste di pizzo a 12 commercianti gelesi.

Gianluca Pellegrino, che aveva scontato otto anni di carcere per associazione di tipo mafioso e traffico di stupefacenti a partire dal maggio 2003, risulta da tempo organicamente inserito nella consorteria mafiosa Cosa Nostra di Gela, gruppo Emmanuello, di cui ha preso le redini già a partire dalla sua scarcerazione, arrivando ai vertici della consorteria mafiosa forte di capacità criminali riscontrate sin dall’adolescenza, essendosi distinto nella commissione dei principali reati-fine delle consorterie mafiose, quali il commercio di droga, i danneggiamenti, le estorsioni in danno dei commercianti gelesi.

Sul suo conto diversi collaboratori di giustizia (Cavaleri Salvatore, Cavaleri Angelo, Portelli Paolo, Smorta Crocifisso, Ferracane Fortunato, Billizzi Massimo Carmelo e Gammino Gianluca) hanno tratteggiato una figura dalla caratura criminale particolarmente spiccata, da sempre vicino agli Emmanuello, per conto dei quali si è anche occupato, sin da giovanissimo, della gestione del settore illecito degli stupefacenti; i più recenti collaboratori (Cascino Emanuele e Nicastro Davide) hanno riferito del suo attuale “impegno” anche nel settore delle estorsioni, come riscontrato nel corso dell’indagine.

Appena riacquistata la libertà, evidentemente sfruttando la sua intraneità e approfittando anche dello stato di detenzione di tutti i “vecchi” componenti del gruppo mafioso Emmanuello, Pellegrino ha riallacciato i contatti coni sodali da protagonista in virtù del ruolo di vertice acquisito all’interno del gruppo Emmanuello di cui ha risollevato le sorti riuscendo, anche grazie alla sopravvenuta detenzione di esponenti del gruppo Rinzivillo, a consolidare il potere mafioso acquisito dimostrando lo spessore criminale mantenuto nel tempo.

 

Il Pellegrino è riuscito così ad accreditarsi sia con i rappresentanti dell’altra anima della famiglia di Cosa Nostra, i Rinzivillo, rimasti in libertà, in primis con l’ex collaboratore di giustizia Di Stefano Roberto, sia con gli esponenti dell’altra storica organizzazione mafiosa, la stidda, con i quali è riuscito a spartire i traffici illeciti relativi alla spartizione dei proventi delle estorsioni, mentre ciascuno per sé ha curato il mercato del commercio della droga.

A conferma del potere acquisito, parallela indagine permetteva di documentare persino lo stretto rapporto che il Pellegrino era riuscito ad intessere con Alessandro Barberi, il quale, a sua volta,  si è prodigato per riallacciare le fila  della famiglia nissena e ricostituire la provincia mafiosa, diventandone rappresentante provinciale.

Le intraprendenze giovanili hanno portato il Pellegrino a subire  un lungo periodo di detenzione che sfiora gli otto anni, dal giorno 11 maggio 2003 e fino al 4 maggio 2011 ma durante tale periodo, secondo quanto dichiarato dal Vella, Pellegrino non ha smesso di alimentare la sua appartenenza al sodalizio e di pensare al futuro, chiedendo di diventare uomo d’onore, avvicinandosi sempre più ad Alessandro Barberi.

Grazie al particolare attivismo ed al carisma criminale del Pellegrino, il gruppo degli Emmanuello, fortemente disorientato dalla morte del capo indiscusso, Daniele Emmanuello è stato di nuovo “riconosciuto” nella sua importanza ed ammesso, alla pari, al tavolo della spartizione dei proventi illeciti.

Le indagini hanno spaziato dal riscontro alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia ad attività tecniche a tappeto. Anzitutto venivano individuate le vittime di molte delle estorsioni poste in essere da un giovanissimo Gianluca Pellegrino nell’anno 2003: ben 12 commercianti gelesi titolari di esercizi commerciali ubicati in via Venezia.

A seguito del ritorno in libertà del Pellegrino, gli investigatori predisponevano costanti sevizi investigativi e di controllo del territorio che permettevano di ricostruire la rete dei soggetti che hanno collaborato il Pellegrino nelle sue attività criminali.

L’uomo è altresì tornato immediatamente a commettere estorsioni, non esitando a dare mandato a far fuoco, nel 2011, contro l’abitazione di un imprenditore che si era rifiutato di soggiacere alle sue richieste, così sottolineando la sua perdurante pericolosità e capacità criminale; imprenditore che si mostrava consapevole del fatto che il danneggiamento subìto era dovuto, suo malgrado, al rifiuto opposto al boss mafioso.

Inoltre, una volta tornato libero sul territorio,  Pellegrino ha provveduto, in breve tempo, ad organizzare e dirigere un fiorente traffico di sostanze stupefacenti, facendo leva su un folto gruppo di uomini – tutti colpiti dalle misure cautelari sopra indicate – incaricati, a vario titolo, di provvedere al trasporto, confezionamento e spaccio sulla piazza di Gela dello stupefacente che veniva acquistato principalmente, con costante frequenza, a Catania e soprattutto Palermo.

Le risultanze investigative, infatti, hanno permesso di raccogliere gravi indizi a carico del Pellegrino Gianluca in quanto promotore ed organizzatore dell’attività, finalizzata all’acquisto ed al commercio delle sostanze stupefacenti, del tipo hashish, marijuana e cocaina, del quale sono risultati far parte Alessandro Pellegrino, Emanuele Faraci, Pietro Caruso, Giovambattista Campo, Angelo Famao, Orazio Tosto, Jonny Cavallo, Guido Legname e Giuseppe Di Noto.

In particolare, è venuto in rilievo, nel corso dell’attività investigativa, il ruolo assunto dal Campo Giovanbattista, Famao e Tosto quali “colonnelli” di Gianluca Pellegrino, i quali non soltanto si coordinavano costantemente con il loro “superiore”, ma mantenevano anche i quotidiani rapporti sia tra loro due sia con i “ragazzi” che avevano il ruolo di vendere direttamente la sostanza stupefacente.

Più nel dettaglio, Giovambattista Campo, incaricato anche di custodire la sostanza stupefacente del tipo cocaina, assumeva, unitamente ad Orazio Tosto, anche il ruolo di tenere i contatti con i diversi fornitori delle sostanze stupefacenti; nel contempo, Orazio Tosto, Angelo Famao e Giovambattista Campo assumevano l’incarico di coordinare le attività di vendita delle sostanze, anche predisponendone le dosi.

L’attività organizzativa dello spaccio di stupefacenti in territorio gelese non poteva prescindere dal contributo di Cavallo Jonny, Legname Guido, Di Noto Giuseppe Emanuele Faraci e Pietro Caruso i quali si dedicavano, principalmente, a trattare e vendere la sostanza stupefacente presso un folto numero di clienti.

 

Occorre sottolineare, infine, che tutti gli appartenenti all’associazione finalizzata al traffico ed allo spaccio di stupefacenti non disdegnavano di occuparsi anche della vendita al dettaglio delle sostanze, che venivano reperite sul mercato catanese, attraverso i contatti frequenti con il Francesco Cuntrò, intrattenuti dal Campo Giovanbattista, il quale, a sua volta, aveva contrattato l’acquisto di stupefacenti anche presso il palermitano Angelo Scialabba.

Inoltre, sul mercato palermitano i contatti diretti presso spacciatori quali Gabriele Macchiarella, Loreto Saverino, intrattenuti dal Rosario Perna e Nunzio Alabiso, avevano permesso all’associazione gelese dedita al traffico e spaccio di stupefacenti di rifornirsi di una considerevole quantità di sostanze.

Ben 23 sono stati gli episodi di cessione ampiamente documentati anche con numerosi sequestri di sostanza stupefacente, operati dagli investigatori specie in ore notturne, essendo il Pellegrino e i suoi sodali più stretti impegnati anche in una attività di guardiania presso i locali estivi gelesi che sono diventati per loro un’ampia piazza di spaccio.

Singolare il rinvenimento di alcuni grammi di cocaina anche nello scarico fognario dell’abitazione del Campo Giovambattista, poiché il figlio se ne era disfatto buttandola nel gabinetto.

Di assoluta gravità infine il fatto che questa associazione risultava anche essere armata, avendo a disposizione armi, anche modificate che utilizzavano, compiendo atti intimidatori, per spadroneggiare in città.

Nel corso dell’operazione di polizia sono stati sequestrati 7800 euro in contanti al reggente Gianluca Pellegrino; una scacciacani, al fratello di questi, Alessandro Pellegrino e della sostanza stupefacente (12 grammi di marijuana e 4 grammi di hashish), un bilancino di precisione e l’occorrente per il confezionamento di dosi a  Guido Legname.