Ci sono quattro aziende molto attive nei settori delle onoranze funebri, dell’edilizia e del commercio di prodotti alimentari, nonchè un fabbricato e vari rapporti finanziari, tra i beni sequestrati per un valore di 5 milioni di euro a Giuseppe Pellegrino, esponente di spicco del clan Spartà, dominante nella zona sud di Messina, molto attivo nelle estorsioni, nel traffico di droga e con contatti con la criminalità organizzata calabrese.
Gli uomini della Dia, al termine della complessa attività d’indagine economico-patrimoniale, hanno colpito duramente il boss appartenente a una famiglia che tra gli anni 80 e 90 era divenuta antagonista a quella dei Vitale dando vita ad una guerra di mafia.
Una guerra fermata con l’operazione “Faida” nell’ambito della quale Pellegrino fu arrestato e poi condannato a 30 anni che attualmente sta scontando in carcere.
Un lucroso settore quello del ‘caro estinto’, per Giuseppe Pellegrino, tanto da volervi avviare anche il figlio Manuel: nel corso dei colloqui carcerari avvenuti nel 2012, infatti, aveva impartito ai congiunti chiare e puntuali disposizioni volte a consentire l’inserimento del figlio nel business in città, anche avvalendosi della sua appartenenza all’organizzazione criminale a delle alleanze realizzate durante la sua detenzione soprattutto con esponenti collegati al clan Santapaola.
Indagini avevano già consentito di colpire il patrimonio dei fratelli dell’imprenditore, Nicola e Domenico, con la confisca di 50 milioni di euro. In quel contesto era stato documentato che le imprese dei Pellegrino, per la realizzazione di opere pubbliche e private utilizzavano forniture di calcestruzzo depotenziato.