Mafia

I boss fedeli alle regole di Cosa nostra: “È come un matrimonio, dura per tutta la vita”

“L’associazione mafiosa, sebbene agevolata dallo sviluppo tecnologico che ha influito sugli essenziali aspetti sia della comunicazione, divenuta più agile e sicura, sia delle finanze, divenute più floride, è rimasta fedele saldamente alle sue regole fondanti che, finora, le hanno garantito la sopravvivenza a dispetto delle alterne fortune e ne rivelano la perdurante e straordinaria pericolosità”. Lo scrivono i pm nel provvedimento di fermo che ha portato in carcere oltre 180 persone. “Tra queste, innanzitutto, tuttora rimane granitico il principio dell’indissolubilità del vincolo associativo, come efficacemente espresso dal detenuto Francesco Pedalino che, nel corso di queste indagini, lo ha paragonato al sacramento del matrimonio (Cosa nostra …a verità domani esco……. haiu a forza e continuo… fino a quando che … tà maritasti sta mugghieri e tà puorti finu a vita); vincolo che tuttora si accompagna all’orgoglio dell’appartenenza propinata come scelta di natura ideologica e non utilitaristica)”.

“L’indiscussa vigenza delle norme mafiose è emersa più volte nelle indagini di cui si tratta come, ad esempio, in occasione dei preparativi per la formale affiliazione di Salvatore Scaduto che vedeva occupati i due storici esponenti di Bagheria, Gino Mineo e Giuseppe Di Fiore, i quali, però, temendo che il padre del ragazzo fosse stato scarcerato grazie ad una sorta di collaborazione, ritenevano fondamentale verificare tale circostanza che avrebbe drasticamente impedito la punciuta, in osservanza, appunto, delle regole (ci sono regole nella ”cosa nostra” che vanno rispettate) la cui violazione avrebbe potuto essere loro contestata da ogni altro consociato, anche di altri territori”. E’ quanto emerge dall’inchiesta che oggi ha portato all’arresto di oltre 180 persone a Palermo.