La Sagra del mandorlo in fiore, è bene dirlo da subito, non ha mai attirato le mie personali simpatie.
Sarà per una questione anagrafica che, inevitabilmente, ha fatto sì che le migliori edizioni fossero quelle del passato a discapito delle ultime; o magari, questo mio “mal di pancia” è dovuto proprio alla pochezza e all’inconsistenza delle ultime edizioni: una kermesse senza arte né parte, senza un senso, con una evidente mancanza di strategia, una completa disattenzione ai bisogni del turista ma, soprattutto, un’approssimazione imbarazzante che ha, giustamente oserei dire, sollevato questioni sullo svolgimento stesso della manifestazione.
Questo giornale, in passato, si è occupato di Sagra e di tutto quello che ne gravitava intorno: dagli scandali politici, alle competenze inadeguate, passando per lo spreco di denaro. Tutti aspetti meritevoli di attenzione sicuramente ma che, almeno in queste righe, proveremo a mettere da parte. Il mio ragionamento, questa volta, vuole essere controtendenza. “Con questi soldi avremmo potuto fare altro” oppure “Era meglio se si fosse fatto in questo modo piuttosto che in un altro”.
Partendo proprio da queste semplici domande inizia la mia riflessione, allontanandomi di parecchio da suddette osservazioni per, invece, sottoporne delle altre.
Per questo, tralasciando almeno per il momento l’aspetto economico e tutto ciò che ne deriva, ho voluto appositamente porre l’attenzione sui contenuti della Sagra del mandorlo in fiore: cosa offre? Cosa c’è di diverso rispetto agli altri anni? Dunque, sorvolando l’aspetto critico che ben è interpretato dalla grande maggioranza dei miei concittadini, il mio desiderio è quello di sottolineare i punti di forza della kermesse, supportando tesi non immediatamente condivisibili, e vedere l’edizione che si sta svolgendo come un netto miglioramento delle condizioni precedenti.
CULTURA. “ A cosa serve l’arte? La sua importanza è fin troppo presunta per essere spiegata e il suo valore è ritenuto solo una questione di senso comune: in ciò risiede l’errore.” In maniera del tutto confidenziale, vi dirò, che questo spunto riflessivo vede il suo inizio proprio da questo rigo scritto da
PALAMANDORLO. Prima di analizzare anche questo aspetto, per me importante per la chiave di lettura che intendo proporre, vorrei chiarire alcune semplici cose. Stabiliamo fin da subito, e questo lo dico per chi ogni anno crede di aver scoperto l’acqua calda, che sarebbe stato meglio il “PalaCongressi” e che la tensostruttura è di una bruttezza immonda. Appurati questi due aspetti basilari, bisogna fare il conto sul piano pratico e non teorico. Indubbiamente la situazione che negli ultimi giorni si è creata intorno alla funzionalità della struttura ha avuto grande rilevanza. Il fatto che il PalaMandorlo, voluto dall’amministrazione comunale, non abbia soddisfatto le richieste della Commissione Pubblico Spettacolo e quindi risultando inagibile per gli eventi organizzati dal comune stesso, ha il sapore di un clamoroso autogol. Ma, sorvolando almeno per il momento questo punto non intendendo addentrarsi nella ricerca delle responsabilità dirette, la domanda che mi pongo è una: ma davvero è stata una scelta così scellerata installare il tendone in pieno centro cittadino? E’ da classificare questa come una delle scelte poco felici in ottica funzionalità Sagra? La risposta ad entrambi gli interrogativi, per me, è no. Pensiamoci bene. Una struttura sì brutta come non mai ma inserita in pieno centro cittadino, in una delle zone più trafficate di Agrigento, a ridosso della più importante zona commerciale (naturale) della città. Una scelta che ha permesso, bastava essere presenti in uno di questi fine settimana, di ripopolare il centro cittadino, di permettere alle persone di fruire in Via Atenea e di spendere soldini (se solo i commercianti non avessero chiuso le proprie attività) ma, soprattutto, di vedere tanta ma tanta gente entusiasta. Famiglie intere che hanno popolato il centro, hanno preso parte agli spettacoli all’interno del PalaMandorlo facendo risultare il sold out.
In conclusione, sperando di non aver forzato troppo la mano, mi piacerebbe che il senso di queste riga possano essere comprese appieno. La Sagra attuale del Mandorlo in fiore, seppur abbia bisogno di migliorie soprattutto in termini di prontezza, efficienza, disponibilità e fruizione dei servizi, deve essere presa per quella che, a mio parere, rappresenta hic et nunc: non l’ennesima occasione gettata al vento bensì un’opportunità da cui far ripartire questa macchina ingolfata per troppo tempo. Tutto è migliorabile, tutto perfettibile. Bisogna che ognuno faccia il suo.
E, proprio per questo, mi sono permesso di “rubare” il finale di uno degli editoriali più interessanti apparsi in questo giornale, scritto dalla frenetica penna di Giuseppe Riccobene: ”Ad ogni livello politico, amministrativo e culturale, ognuno svolga il suo ruolo, sappia assumersi le responsabilità , sappia progettare e programmare il futuro di una terra che merita molto di più. Senza delegare ad altri ciò che toccherebbe fare a ciascuno di noi”.