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“Uccide il consuocero per un matrimonio non gradito”, 77enne ai domiciliari dopo condanna 

La Corte di Assise di Agrigento, presieduta dal giudice Wilma Angela Mazzara, ha revocato la misura cautelare della custodia in carcere – disponendo l’applicazione dei domiciliari con obbligo di braccialetto elettronico – nei confronti di Luigi La Lomia, 77 anni, di Canicattì. Il pensionato è stato condannato la scorsa settimana a 14 anni e 6 mesi di reclusione per aver ucciso il consuocero, Mario Vincenzo Lauricella, al culmine di una lite scaturita per il matrimonio in programma tra i figli mai del tutto digerito. I giudici hanno accolto l’istanza dell’avvocato Calogero Meli che, ritenendo affievolite le esigenze cautelari, aveva chiesto la scarcerazione. Richiesta che è stata accolta alla luce della recente condanna, del periodo di tre anni trascorso in carcere e delle condizioni di salute e dell’età avanzata del 77enne.

La Lomia, che inizialmente era accusato di omicidio volontario e tentato omicidio della nuora, è stato condannato per omicidio preterintenzionale, per quanto riguarda la morte di Lauricella, e lesioni personali gravi per quanto riguarda la figlia. La Corte di Assise ha anche escluso l’aggravante della premeditazione e ha concesso le attenuanti generiche Il pm aveva chiesto la condanna dell’imputato a 26 anni di reclusione. Alla base della drammatica vicenda, secondo quanto ipotizzato adesso dall’accusa, un matrimonio programmato e mai digerito tra il figlio di Lalomia e la figlia della vittima. Il 30 maggio 2021, a margine dell’ennesima violenta discussione, la situazione degenerò. Il pensionato, a bordo di un Fiat Doblò, investì il consuocero schiacciandolo contro il muro del magazzino. La dinamica della tragedia è ancora oggi al centro di un’aspra discussione tra accusa e difesa. Mario Vincenzo Lauricella in quell’occasione, prima di essere travolto dal mezzo pesante, riuscì a salvare la figlia spingendola fuori dalla traiettoria del veicolo. Il meccanico morì all’ospedale di Messina dopo un mese di agonia.