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“Reflui fognari nel mare di Lampedusa”, al via processo ad ex sindaci e dirigenti ma incombe la prescrizione

Un imputato esce di scena dal processo ancora prima che lo stesso sia effettivamente entrato nel vivo. Altri tre potrebbero seguirlo considerando che la fattispecie di reato contestata è stata introdotta quando gli stessi erano già cessati dalla carica ricoperta. E, ancora, altre accuse potrebbero cadere per effetto della prescrizione. Ha preso il via il processo, davanti i giudici della seconda sezione penale presieduta da Wilma Angela Mazzara, a carico di diciotto persone coinvolte in un’inchiesta sui reflui fognari dei cinque impianti di sollevamento di Lampedusa che senza alcun trattamento, secondo l’accusa, sarebbero finiti in mare anche a venti metri dalla costa.

L’avvio del dibattimento è ancora caratterizzato da questioni preliminari legate ai capi di imputazione, ritenuti in gran parte indefiniti e generici, motivo per il quale le difese avevano chiesto l’annullamento del decreto con cui era stato disposto il giudizio. Istanze in gran parte rigettate ad esclusione della posizione dell’ingegnere Giuseppe Dragotta, direttore dei lavori, accusato di deterioramento dell’Area marina delle Isole Pelagie. In questo caso i giudici hanno accolto la richiesta dell’avvocato Angelo Farruggia dichiarando nullo il rinvio a giudizio (con riferimento al medesimo capo di accusa) e rimettendo gli atti al pubblico ministero per una eventuale separata azione. Lo stesso destino processuale potrebbe riguardare anche altri tre imputati: Marco Lupo e i dipendenti comunali Francesco Brignone e Manlio Maraventano (difesi dagli avvocati Ugo Colonna, Fabio Quattrocchi e Vincenzo Caponnetto): il reato a loro contestato è stato introdotto quando già non ricoprivano più incarichi.

Sul banco degli imputati siedono i due ex sindaci dell’isola, Giusi Nicolini e Salvatore Martello, nonché l’attuale capo della protezione civile siciliana, Salvatore Cocina. Insieme a loro anche Sonja Nunziatina Cannizzo, 52 anni, responsabile dell’impresa aggiudicataria dell’appalto per l’ampliamento di depurazione; Luigi Fidone, 47 anni, direttore tecnico dei lavori; Giovanna Taormina, 56 anni, rappresentante di una ditta che si è occupata dello smaltimento dei rifiuti in un cantiere. E ancora: Emanuele e Mattia Mondello, 64 e 32 anni, responsabili dell’impresa Nurovi; Salvatore Stagno, 52 anni, responsabile unico del procedimento; Marco Lupo, 54 anni; Maurizio Pirillo, 61 anni, susseguitisi negli anni alla guida del dipartimento Acqua e Rifiuti; i dipendenti comunali Manlio Maraventano, 55 anni; Francesco Brignone, 60 anni e Calogero Fiorentino, 67 anni; Felice Ajello, 65 anni, dirigente di settore del dipartimento Acque e rifiuti; Marcello Loria, 67 anni, anch’egli dirigente del dipartimento; Giuseppe Tornabene, 69 anni e Giuseppe Dragotta, 62 anni; questi ultimi due direttori dei lavori.

Fra i reati ipotizzati l’abuso di ufficio, l’omissione di atti di ufficio, l’inquinamento ambientale e il danneggiamento. La contestazione principale è quella di avere consentito, a partire dal 2015, lo scarico dei reflui provenienti dai cinque impianti di sollevamento “non sottoposti ad alcun trattamento deteriorando il mare”. I valori, secondo l’atto di accusa della procura, sarebbero stati superati in maniera “macroscopica”. L’ex sindaco Nicolini, insieme a Maraventano, Stagno, Pirillo, Ajello, Cocina e Loria, risponde di abuso di ufficio perchè avrebbe omesso di risolvere il contratto con l’impresa Nurovi. L’indagine, negli anni scorsi, ha portato al sequestro del depuratore. Si torna in aula il 18 marzo quando i giudici valuteranno l’eventuale proscioglimento di altri imputati oltre che l’intervenuta prescrizioni per alcune fattispecie di reato.