Al via questa mattina la prima udienza preliminare a carico di un medico trentacinquenne (difeso dall’avvocato Salvatore Bonnì) in servizio al poliambulatorio di Lampedusa accusato di omicidio colposo. La vicenda è legata alla morte di Fatoumata Bamba, ventiseienne della Costa d’Avorio spirata per una embolia polmonare il 18 febbraio dello scorso anno nell’ambulatorio dell’hotspot di Lampedusa poche ore dopo essere arrivata sull’isola con un barchino insieme al marito. La morte della donna, madre di due figli, secondo i consulenti del pubblico ministero doveva e poteva essere evitata. A decidere se disporre il rinvio a giudizio, così come richiesto dal sostituto procuratore Gaspare Bentivegna, sarà il giudice per l’udienza preliminare Micaela Raimondo. Il marito e i figli della vittima, rappresentati dagli avvocati Leonardo Marino e Angelo Farruggia, si sono costituiti parte civile. Il gup ha rinviato al prossimo 2 ottobre per la scelta del rito ed eventuale discussione.
Il calvario di Fatoumata Bamba, madre di due bimbi, comincia proprio nell’infermeria dell’hotspot dopo essere stata dimessa dall’ambulatorio di Lampedusa. La donna, stremata dal viaggio in mare, viene descritta dal medico di turno come “affaticata e con un lieve affanno”. Sono le 14 del pomeriggio del 18 febbraio 2023. Per cinque ore, si legge nella consulenza redatta dallo specialista in medicina legale Alberto Alongi, dallo specialista in anatomia patologica, Emiliano Maresti, e dallo specialista in cardiologia Pietro Di Pasquale, il medico “nonostante fosse in presenza di un’allarmante e perdurante sintomatologia respiratoria, dovuta all’embolia polmonare in corso, si limitò ad osservare la paziente senza eseguire alcun tipo di accertamento, neppure la più essenziale rilevazione dei parametri vitali o un esame obiettivo.” La donna morì alle 20.
Per i consulenti del pm “la paziente, dopo un’iniziale valutazione, andava tempestivamente inviata presso al poliambulatorio al fine di garantire l’esecuzione delle consulenze specialistiche disponibili e degli accertamenti strumentali necessari per evidenziare il problema embolico” – ma soprattutto – “si può ritenere che una condotta alternativa da parte del medico avrebbe, con elevata probabilità, scongiurato il decesso.”