La quarta sezione del Tribunale di Palermo ha condannato a cinque anni l’imprenditore edile Filippo Chiazzese, a sei anni e otto mesi Eugenio Avellino e a otto anni e mezzo Pietro Bordonaro, titolare delle omonime Cave. Il primo e’ accusato di intestazione fittizia, gli altri due di concorso in associazione mafiosa. Il procedimento, che riguarda fatti avvenuti fino al 2008, ha portato al rinvio a giudizio nel 2011 e nasce da un’inchiesta della Mobile sui rapporti tra la mafia e settori dell’imprenditoria palermitana. Dall’indagine emerse che i boss palermitani arrivavano a imporre ad alcuni accreditati studi professionali di consegnare l’elenco dei lavori piu’ importanti in corso di progettazione, in modo da effettuare una cernita preliminare di quelli da riservare all’organizzazione. Secondo l’accusa, la penetrazione all’interno nel settore degli appalti pubblici e privati veniva realizzata mediante imprenditori, alcuni dei quali controllavano consorzi operanti in campo nazionale e numerose societa’ di primo piano del mercato palermitano, soci dei capimafia, riciclatori o fiduciari. L’accusa era sostenuta dal pm Daniele Paci. (