Il tribunale del Riesame di Palermo ha annullato alcune delle misure interdittive e dei sequestri disposti nell’inchiesta sul complesso turistico di Torre Macauda, a Sciacca. Il tribunale della Libertà ha così annullato le misure cautelari interdittive nei confronti di Francesco Donа Delle Rose, 51 anni, imprenditore romano; Fabrizio Morabito, 57 anni, avvocato trapanese; Anna Maria Lo Muzio, 70 anni, imprenditrice di Foggia. Negli scorsi giorni era stato anche disposto l’annullamento del sequestro preventivo nei confronti di alcuni indagati per un valore complessivo di oltre cinque milioni di euro.
Il collegio difensivo, composto dagli avvocati Marcello Consiglio, Giovanni Di Benedetto, Toni Gattuso, Carlo La Rosa, Ida Giganti e Vincenzo Lo Re, ha sostenuto la mancanza dei gravi indizi di colpevolezza oltre che l’illegittimità delle intercettazioni, inizialmente disposte in altro procedimento che ipotizzava infiltrazioni mafiose a Torre Macauda. Le motivazioni del Riesame verranno depositate entro 45 giorni. Al centro dell’inchiesta, coordinata dalla procura di Palermo guidata da Maurizio De Lucia e dai sostituti Piero Padova e Francesca Dessì, ci sarebbe il “fallimento pilotato” della struttura alberghiera Torre Macauda, bene confiscato a suo tempo all’imprenditore Giuseppe Montalbano.
Per gli inquirenti il gruppo imprenditoriale, grazie all’accordo con dirigenti e consulenti dell’ex Banco di Sicilia oggi Unicredit, avrebbe riacquisito la stessa struttura ricettiva che, nel frattempo, era stata messa in vendita mediante asta esecutiva. Il primo passo – ipotizzano i magistrati – è stato compiuto con l’acquisto di di un credito (per circa 28 milioni di euro) vantato dallo stesso istituto bancario nei confronti del gruppo imprenditoriale proprietario del complesso turistico, a fronte del pagamento di soli 4 milioni di euro, utilizzando al riguardo i fondi sottratti alle società fallite. Il passo successivo è stato il “riacquisto” della struttura ricettiva, in sede di asta esecutiva, a fronte di un’offerta di circa 8 milioni di euro che il soggetto giuridico aggiudicatario, sempre riconducibile allo stesso gruppo imprenditoriale, non avrebbe interamente pagato all’istituto bancario.